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Il camaleonte adattivo
È forse proprio questa adattabilità, questa insuperabile, maliziosa furbizia che le contraddistingue, a rappresentare il volto più spaventoso delle élite criminali mafiose. Il perché risiede nella natura trasversale di questa capacità di adattamento, che permette loro di arrangiarsi in ognuno dei contesti analizzati negli appuntamenti precedenti di questa rubrica: le mafie sono animali glocali, parassiti statali e capitaliste selvagge, precisamente perché hanno saputo adattarsi alle nuove realtà geografiche, politiche ed economiche come veri e propri camaleonti.
Il capitalista selvaggio
Analizzate prima come animali glocali e poi come parassiti statali, oggi parleremo di un nuovo volto delle mafie globali, quello che ho voluto definire ‘capitalista selvaggio’. Grazie agli enormi capitali derivanti dai loro traffici illeciti e alla possibilità di annullare la concorrenza mediante comportamenti criminali più o meno violenti, le mafie si sono imposte all’interno dell’economia di mercato generando per decenni profitti stellari. Insieme alle grandi corporazioni internazionali infatti, sono proprio le organizzazioni mafiose ad aver guadagnato di più dall’applicazione globale del modello capitalista, diventandone le campionesse indiscusse.
La decade della ‘Ndrangheta
Il 2019 sta per volgere al termine e con esso si chiuderà una decade ricchissima di avvenimenti e tematiche. Gli autori di The Pitch hanno già affrontato alcuni dei macro-temi di questo decennio: dall’austerity a Netflix, da Angela Merkel al mercato dei dati, sino al recente periodo grigio della nazionale italiana di calcio, molteplici sono stati gli argomenti sviluppati dalle nostre redazioni.
Interpellati a riguardo, la scelta circa la parola d’ordine di questa decade in tema di mafie e antimafia ci è apparsa piuttosto ovvia: ‘ndrangheta.
Il parassita statale
Le mafie non ricercano lo scontro con lo stato bensì agiscono come una sorta di duplicato della realtà che aggrediscono.
Comportandosi come uno 'stato parallelo' non si pongono in contrapposizione a quello ufficiale, ma preferiscono vivere sulle spalle di quest'ultimo nutrendosi delle sue risorse.
Tale particolare forma di sfruttamento fa della criminalità organizzata di tipo mafioso, transnazionale e non, un parassita statale a tutti gli effetti.
L’animale glocale
Il grado di espansione dei traffici illeciti e di chi ci lucra ha raggiunto da tempo lo stadio sovranazionale e, precisamente grazie a questa nuova dimensione, i margini del profitto criminale vantano oggi proporzioni inimmaginabili.
Eppure, nonostante i vantaggi che offre un mondo sempre più aperto e globalizzato, non esiste gruppo criminale che abbia rinunciato alla gestione diretta della propria realtà locale, sia essa rappresentata dalla madrepatria o dal nuovo habitat d’adozione. A ben vedere, proprio la biunivocità tra dimensione globale e controllo locale costituisce uno dei pilastri su cui è andata a fondarsi l'attuale posizione di dominio delle mafie.
I diversi volti del nuovo, vecchio re del crimine
Viviamo in un'epoca in cui, grazie anche alla globalizzazione, la criminalità organizzata transnazionale ha potuto espandersi a macchia d'olio, assurgendo al ruolo di vera e propria attrice primaria dello scacchiere internazionale. Ricchezza e potere corrono sono cresciuti a dismisura nel giro pochi anni e, ad oggi, sono pochi i paesi che possono definirsi totalmente liberi dalla influenza mafiosa.
Ma come si è arrivati ad una situazione simile? Come hanno fatto le mafie del nostro mondo a renderlo il loro mondo? La risposta a queste domande è insita nella natura stessa delle elites criminali mafiose. Al loro interno è infatti possibile individuare determinate caratteristiche che, rimaste immutate nel tempo, hanno permesso loro di mantenere e ricoprire alla perfezione il ruolo di re del crimine della nostra epoca. Di questo re e dei suoi molteplici volti parleremo nel corso della rubrica che oggi andiamo ad inaugurare.
La notte delle grandi opportunità
Sono le 18.53 del 9 novembre 1989. Un incerto Günter Schabowski, ministro della Propaganda della DDR, comunica in una conferenza gremita all'inverosimile...
L’ottobre nero dell’antimafia italiana
Quattro sentenze diverse scritte da quattro organi differenti hanno prodotto il medesimo esito: il fronte dell'antimafia italiana ha visto rigettate le proprie...
Ergastolo ostativo e sentenza CEDU: urge chiarezza.
L'8 Ottobre la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha rigettato il ricorso dal governo italiano inerente alla decisione della stessa sul caso di Marcello Viola, 'ndranghetista in carcere dagli anni Novanta per una lunga sfilza di crimini che gli sono valsi la condanna a ben quattro ergastoli. Nel respingere le istanze italiane, la CEDU ha confermato la propria posizione dello scorso 13 giugno, secondo cui il regime dell'ergastolo ostativo costituisce una violazione dell' articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo dal momento che sottopone il condannato a trattamenti inumani e degradanti. Proviamo a fare maggiore chiarezza sulle istanze specifiche della sentenza, per capire di cosa si tratta e quali potrebbero essere le sue conseguenze, tenendo anche conto del fatto che il prossimo 22 ottobre la Corte Costituzionale si pronuncerà in merito all'ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro.
Serve davvero parlare ancora oggi di mafie?
Sono passati quasi trent’anni dalle
bombe di Capaci e via D’Amelio, quasi venti dalla Convenzione ONU sulla
criminalità organizzata transnazionale ed i politici nostrani,...