a cura di Andrea Sciotto
È stato uno strano 25 aprile: ai grandi cortei si sono sostituite cerimonie minimal, con il sindaco che deposita una corona di fiori (rigorosamente munito di mascherina). Al posto della grigliata con gli amici, un pasto frugale da soli o con qualche compagno di quarantena, se si è stati fortunati. L’unica cosa che in questa festa della Liberazione non è cambiata sono le canzoni: Bella Ciao, Fischia il Vento, Contessa…
Se la playlist con Guccini e Modena City Ramblers o, ancora meglio, se The Pitch Plays che hai fatto suonare a tutto volume dalla finestra in ricordo del 25 aprile è finita ancora prima del pranzo della domenica, ecco qui tre suggerimenti con cui arricchirla in questo ultimo lunedì di quarantena. Come hanno già fatto i nostri Teresa e Lorenzo:
Sei minuti all’alba – Enzo Jannacci (1966)
Compagno di cantate con Giorgio Gaber e Dario Fo, mentore dei cabarettisti milanesi da Cochi e Renato in poi, Jannacci apre e intitola il suo terzo album con una canzone molto lontana dalla comicità sghangherata di Vengo anch’io. No, tu no e dalla satira di Ho visto un re. Nel testo, gli ultimi istanti e pensieri di un partigiano che attende di essere fucilato. L’impazienza verso il prete che parla da mezz’ora, l’ultima sigaretta rifiutata perché «grazie, ma non fumo prima di mangiar» e il groppone ricacciato in gola perché ci vuole un bel final.
La canzone è liberamente ispirata alle vicende del padre Giuseppe, Maresciallo dell’Aeronautica che l’8 settembre rifiutò di combattere per Salò. Caricato dai tedeschi su un treno (o meglio, sul treno caregà), riuscì a fuggire e si unì ai partigiani. Fortunatamente, Jannacci senior non venne catturato una seconda volta e non dovette attendere l’alba di fronte al plotone d’esecuzione.
Bonus track: per restare sul tema contare i minuti in attesa della forca, si consiglia 25 minutes to go di Johnny Cash (1965).
Tear the fascists down – Woody Guthrie (1944)
Padre nobile di tutti i cantautori di protesta e punto di riferimento per mostri sacri come Bob Dylan e Joe Strummer, Woody Guthrie ha avuto una vita a dir poco movimentata: tre mogli, otto figli, centinaia tra canzoni, poesie e testi di vario genere. La sua militanza politica lo avrebbe posto sotto l’attenzione dell’FBI negli anni del Maccartismo, ma durante la Seconda Guerra Mondiale la preoccupazione sua e del suo Paese era una: sconfiggere Hitler e le forze dell’Asse. Per questo, nel giugno 1943 si imbarcò nella Marina mercantile con gli amici Cisco Houston e Jim Longhi, lavando i piatti e cantando canzoni per i marinai. Tra le canzoni registrate in questo periodo, un vero e proprio inno antifascista in cui esorta tutto il mondo a unirsi nella lotta contro il nemico. Pensando a come sarebbe poi evoluta la Storia, ascoltare una canzone country che esprime gratitudine verso i Sovietici oggi fa un po’ specie.
Bonus track: le disavventure sulle navi mercantili alleate sono state poi raccontate da Jim Longhi nel libro Woody, Cisco and me – Tre uomini in mare (Edizioni Clichy), ma lo stesso Guthrie ha raccontato le gesta del trio nella canzone Seamen three, purtroppo mai incisa. A voi la scelta della melodia con cui cantare We were seamen three / Cisco, Jimmy and me / Shipped out to beat the fascists / Across the land and sea.
Traz outro amigo também – José Afonso (1970)
Il 25 aprile non si festeggia la fine del fascismo solo in Italia, ma anche in Portogallo: è in questo giorno infatti che ebbe luogo la Rivoluzione dei Garofani del 1974. La neutralità nel Conflitto mondiale e la partecipazione alla fondazione della NATO avevano consentito alla dittatura di António de Oliveira Salazar di sopravvivere ben oltre il 1945. I dissidenti politici erano soggetti a pesanti censure, e José Afonso, detto Zeca, era tra questi: professore di liceo cresciuto in una famiglia di colonialisti reazionari, viene espulso dall’insegnamento e più volte arrestato per la sua opposizione al regime. Nel 1970 registra a Londra Traz outro amigo também, primo album senza il chitarrista Rui Pato, suo amico e collaboratore di vecchia data bloccato in Portogallo dalla polizia salazarista. E nella title track Afonso volge il pensiero a tutti gli amici, bloccati in patria o esiliati, che hanno a cuore la causa della libertà.
Bonus track: i militari dissidenti usarono proprio un pezzo di Zeca Afonso, Grândola vila morena, come segnale per l’inizio della Rivoluzione del ’74. Poco dopo la mezzanotte del 25 aprile la radio cattolica Límite trasmise questo canto proibito, scolpendolo nella storia del Paese. Lo stesso Afonso, ignaro della scelta dei militari, si sorprese vedendo masse di gente per strada che intonavano la sua canzone.