I portoghesi sputano. Sputano per strada, sui mezzi pubblici, all’aperto o in luoghi chiusi: non fa differenza. A farlo sono soprattutto gli anziani. Se in Cina è un retaggio millenario, in Grecia una prassi dei matrimoni, in Portogallo lo sputo può avere connotazioni politiche. Sputare è un gesto di avversione nei confronti del più longevo regime autoritario della storia europea del Novecento, l’Estado Novo.
Gli italiani hanno dovuto festeggiare il 75esimo anniversario della Liberazione a casa, senza cortei, strette di mano o discorsi in pubblico. Un altro 25 Aprile è stato invece celebrato con sedute parlamentari, manifestazioni e – ipotizziamo – sputi liberi. Il Portogallo, nonostante un recente balzo dei contagi, è stato un caso studio nella gestione di Covid-19. Condivide la Raya, un confine terrestre di 1200km con la Spagna, uno dei paesi più colpiti al mondo con quasi 200 mila casi e oltre 20 mila vittime. Nonostante ciò, il paese che dal 2015 è governato dalla geringonça , “l’accozzaglia dei miracoli” come è stato ribattezzato il governo di Antonio Costa, è considerato un modello nel contenimento del Coronavirus. Con 10 milioni di abitanti e solo 20 mila contagi e 800 decessi, in Portogallo si è tenuto il 46esimo Dia da Liberdade.
Il paese ha poco più di 10 milioni di abitanti, e fino ad ora il numero dei contagi si è attestato poco sopra 20 mila, i decessi sono meno di 800, tanto da indurre il governo ad avviare una prudente riapertura delle attività, forse anche prima di quando le misure restrittive e il “confinamento” sono destinate a scadere, il prossimo 3 maggio.
«Ha una sigaretta?», «No, non fumo, mi spiace». Questa breve conversazione tra un soldato portoghese e una cameriera terminò con un gesto che sarebbe diventato simbolico. La donna, Celeste Caeiro, diede al militare l’unica cosa che aveva sotto mano: un garofano. Il fiore che avrebbe dato nome alla Rivoluzione dei Garofani, che il 25 aprile 1974 pose fine a 48 anni di dittatura.
Senza spargimento di sangue – morirono solo 4 persone – cadde l’Estado Novo, la costruzione autoritaria salita al potere col golpe militare dei generali Manuel Gomes da Costa e António Óscar nel 1926. La giunta chiamò come Ministro delle Finanze e, a partire dal 1932 come primo ministro, António de Oliveira Salazar. L’economista dette vita alla via portoghese al fascismo: un mix di corporativismo, cattolicesimo e nazionalismo. Nella versione più tradizionalista e imperialista del fascismo lusitano, l’unico partito autorizzato era l’União Nacional. Salazar mantenne il potere fino al 1968, due anni prima di spegnersi nel suo letto dopo una lunga malattia, lasciando il posto al suo successore Marcelo Caetano.
All’inizio degli anni settanta alcuni ufficiali subalterni, i cosiddetti «capitani», di orientamento progressista, cominciarono a far circolare clandestinamente un programma volto all’insurrezione. Quella mattina del 25 aprile di 46 anni fa alla popolazione è sconsigliato alla popolazione di uscire per strada. La sera precedente, il segnale concordato per la sollevazione era riecheggiato via radio il segnale decisivo: Radio Renascença suonò Grândola Vila Morena di Zeca Afonso. L’esercito scende in strada e, senza incontrare pressoché alcuna resistenza, destituisce l’Estado Novo.
Un effetto domino che non coinvolse solo Lisbona. Il Portogallo fu il primo Stato europeo a conquistarsi delle colonie transoceaniche e l’ultimo a perderle. In un breve lasso di tempo, Angola, Capo Verde, Guinea-Bissau, Mozambico e São Tomé e Príncipe ottengono l’indipendenza. Nel 1975 morirà Francisco Franco, il dittatore spagnolo, e per l’Europa finirà il lungo periodo delle dittature nella penisola iberica, le ultime in Europa occidentale.
It’s the same old
theme since nineteen-sixteen
Zombie, Cranberries, 1994
Per una rivoluzione incruente come la Revolução dos Cravos, dall’altra parte del continente il 25 aprile è la data simbolo di una sollevazione armata. Il 24 e 25 aprile 1916, di per sé giorni già festivi, essendo Domenica e Lunedì di Pasqua – anche se nel bel mezzo della Grande Guerra – sono celebrati dai nazionalisti irlandesi come i gloriosi giorni dell’insurrezione.
«Tutto cambia, cambia tremendamente: / Una terribile bellezza è nata». Il clima di tensione nell’Isola di Smeraldo in quegli anni traspare dalla poesia del premio Nobel William Butler Yeats dal titolo emblematico: Easter 1916. Il Celtic Revival, movimento artistico e tendenza culturale a 360 gradi, è solo una delle espressioni del risveglio irlandese a cavallo della Grande Guerra.
Sulle note dell’Amhrán na bhFiann, la Canzone del Soldato – uno degli inni più nazionali più divisivi del mondo, tant’è che nel corso delle partite di rugby non viene intonato dai giocatori originari dell’Ulster – per sei giorni a Dublino e con schermaglie in tutto il paese i militi della Fratellanza Repubblicana tengono testa alle British Army. La più lunga ribellione nella storia irlandese dal 1798, dalla lotta al fianco del futuro impero napoleonico a quella contro l’impero di Sua Maestà.
Per sedare la rivolta gli inglesi misero in campo un’arma rivoluzionaria: il carro armato, per la prima volta testato per le vie di Dublino. Dopo sei giorni di scontri in pieno centro cittadino, gli insorti furono sconfitti e i loro leader giustiziati nella prigione di Kilmainham Gaol. Nonostante il suo insuccesso militare e lo scarso supporto iniziale della popolazione, l’episodio è oggi considerato uno dei punti saldi per la futura creazione dell’attuale Repubblica d’Irlanda. E non certo come l’ultimo evento sanguinoso nell’isola di Smeraldo.
Al di là di rivoluzioni incruente e ribellioni mitizzate, il 25 aprile rappresenta il giorno della liberazione dal nazifascismo, non soltanto per il nostro paese.
All’inizio della primavera 1945, la Germania stava per essere schiacciata da due direttrici opposte: ovest ed est. Le truppe alleate del Generale Patton, il 7 marzo, avevano sfondato le deboli difese tedesche dell’Eifel, la regione all’estremità della foresta delle Ardenne in Belgio. In tre giorni i carri armati della 3^ Armata statunitense raggiunsero il Reno nei pressi di Coblenza, costretti ad arrestarsi per via dei ponti fatti saltare prima del loro arrivo. Venne subito assicurata una testa di ponte. Mentre il grosso delle truppe americane passava il Reno da Sud, seguendo il piano del generale Montgomery. Le truppe statunitensi della 1^ Armata raggiunsero il fiume Elba ed avrebbero potuto avanzare verso Berlino, distante solo 100 km, ma gli ordini del comando alleato erano di attestarsi in zona.
Intanto i sovietici comandanti dal generale Zukov avanzavano da est, attraversando il fiume Oder in Slesia, dilagando in Cecoslovacchia e Austria, a sud, e passando dalla Pomerania a nord. Furono proprio i contingenti della direttrice nord che arrivarono nei pressi dell’Elba il 25 aprile 1945.
L’incontro tra le truppe russe e statunitensi prese il nome di Elbe Day, il Giorno dell’Elba. Le truppe della 5^ Armata sovietica e della 1^ statunitense avevano di fatto tagliato la Germania a metà, vano fu l’ultimo ordine di Hitler: la guerra era persa. Le prime unità che si incontrarono furono quelle da ricognizione nei pressi di un ponte di Torgau distrutto. Una volta riconosciuti, gli alleati si abbandonarono in abbracci di compiacimento, facendo diventare il momento storico, propagandando lo slogan l’oriente incontra l’occidente. A suggellare il momento vennero scelti due soldati degli schieramenti per posare di fronte alle macchine da presa, il russo Silvashko e lo statunitense Robertson, che divennero le icone del momento nelle occasioni ufficiali.
Quelle settimane sull’Elba segnarono il punto più alto delle relazioni tra USA e URSS, di lì a poco sarebbe calata una cortina di ferro, ma questa è un’altra storia, quel 25 aprile sconfissero il demonio.