Di tutti i luoghi del mondo, continua Eduard, l’Asia centrale è quello in cui si trova meglio. In città come Samarcanda o Barnaul. Città schiantate dal sole, polverose, lente, violente. Laggiù, all’ombra delle moschee, sotto le alte mura merlate, ci sono dei mendicanti. Un sacco di mendicanti. Sono vecchi emaciati, con i volti cotti dal sole, senza denti, spesso senza occhi. Portano una tunica e un turbante anneriti dalla sporcizia, ai loro piedi è steso un pezzo di velluto su cui aspettano che qualcuno getti qualche monetina, e quando qualche monetina cade non ringraziano. Non si sa quale sia stata la loro vita, ma si sa che finiranno nella fossa comune. Sono senza età, senza beni, ammesso che ne abbiano mai avuti – è già tanto se hanno ancora un nome.
Hanno mollato tutti gli ormeggi.
Sono dei relitti.
Sono dei re.
Questo sì che gli piace.
Emmanuel Carrère – Explicit di Limonov
Chi ha avuto l’occasione di leggere il libro di Emmanuel Carrère avrà capito che non ci si può limitare a categorizzarlo come biografia, piuttosto va considerata un’opera letteraria globale: romanzo, manuale delle contraddizioni, diario di bordo dai connotati storiografici, a tratti addirittura un racconto che intreccia elementi harmony e pornografici.
Eduard Limonov se n’è andato, dopo una lunga battaglia contro il cancro. Abbiamo già un primo elemento di riflessione: un uomo che si è schierato apertamente contro Putin e contro la Russia post Unione Sovietica è spirato di una morte naturale, senza avvelenamenti e spargimenti di sangue. Che miseria, vien da dire, dopo aver vissuto una delle vite più incredibili della storia umana, a portarti via è un banalissimo tumore?
In quasi tutti i necrologi – “coccodrilli” si chiamano in gergo giornalistico – lo definivano “dissidente”. Un termine decisamente restrittivo per descrivere i 76 anni della difficilmente replicabile parabola terrena di Ėduard Veniaminovič Savenko, meglio noto con quello che più che pseudonomio è un autentico nome di battaglia: Limonov.
Fallito di successo, idolo underground, bohemien, carogna, nostalgico post-sovietico, barbone, individualista, dandy, criminale di guerra. Sono tutte etichette applicabili al soggetto in questione, ma nessuna riesce ad essere totalizzante nel descriverne la vita, è impossibile. Proviamo allora con la morte.
Ma chi è morto lo scorso 20 marzo? Eduard, figlio di Veniaminov – Veniaminovich in quei patronimici russi che fanno tanto Guerra e Pace – commissario del popolo, del cekista con doppia vita, doppia famiglia e notti insonni per i sensi di colpa. Teppistello di Dzerzhinsk, la città industriale sul fiume Oka, non troppo lontano da Gorky. Il bohémien newyorkese che si atteggia a punk e per sopravvivere si fa sodomizzare da un negro. Il leader del partito nazional-bolscevico e il fondatore del giornale Limonka, come una bomba a mano, a forma di limone. Naturalmente anche il personaggio del romanzo di Emmanuel Carrère.
In vita è stato incollocabile. “Un ponte tra l’Età dell’Argento della cultura russa estinta e un’Età del Bronzo che non è mai iniziata”. Limonka, granata, una mina vagante Limonov lo è stato nel corso di tutta la sua esistenza. Dal degrado – pre e post – sovietico alle luci e le tenebre della Grande Mela, salotti buoni e scopate con barboni, passando per Parigi da bohemien a domestico. Narcisistico vate del momento, ha vissuto per poterne scrivere. Furioso, nell’opera come nella vita.
“Limonov è morto, viva Limonov!”. Ha detto Aleksandr Dugin, l’odiato amico con cui ha fondato il partito L’Altra Russia prima di allontanarsene, nel suo necrologio: “La misura dell’incomprensione di Limonov è la misura dell’incomprensione di tutto – dell’arte, così come della politica”.
Come si fa a comprendere un individuo in cui coesistono l’arte underground e il romanzo d’esordio “Il poeta russo preferisce i grandi negri“, gli amori intensi e le guerre dei Balcani, la prigione e le steppe sconfinate dell’Asia Centrale? Tutto convive in Eduard Limonov, l’anti-eroe incollocabile. Una consustanzialità artistica, politica e di vita vissuta.
Il 20 marzo 2020 è morto un corpo fisico fatto di carne e ossa, ma continua a vivere, più invadente che mai, quella torbida attrazione per tutto ciò che è sbagliato, oscuro e incoerente.