Una rubrica sul cinema documentario che ha preferito mostrare e non dimostrare.
Quando parliamo di cinema, cosa intendiamo con il termine documentario? Basta un breve sguardo alla voce dell’Enciclopedia Treccani per capire che la questione è solo all’apparenza semplice, poiché in gioco c’è il rapporto con la realtà filmata. Realtà che nel documentario «si pretende restituita sullo schermo come si è manifestata davanti alla macchina da presa, senza mediazioni. Il film è il documento di tale realtà, la prova che le cose si sono svolte come risultano proiettate». In sintesi, quando parliamo di documentario, a livello teorico abbiamo a che fare con una realtà non mediata. Eppure, come sottolineato dallo stesso curatore della voce, il critico Adriano Aprà, non sempre la teoria corrisponde alla pratica. Del resto, dietro alla macchina da presa c’è pur sempre un autore, mosso da un presupposto; il documentario non nasce per caso, ma per un preciso motivo. E un ruolo non indifferente lo svolge l’immagine stessa, che passa attraverso l’obiettivo della macchina da presa prima, e lo schermo cinematografico poi. Inevitabilmente, all’atto pratico, il documentario che guardiamo da spettatori sarà mediato, sia dagli strumenti che dalle tecniche; sarà frutto di una rielaborazione, passata dall’uso del montaggio o di strumenti retorici, come la sottolineatura drammatica di una musica o, ancora, l’uso specifico di una o l’altra inquadratura.
Insomma, la situazione è complessa, e il crinale che separa il vero dal falso, dal verosimile e dal falsificato, è stretto. Nelle tecniche e pratiche del documentario si distinguono però alcuni autori che, pur mantenendo una personale cifra stilistica, hanno preferito privilegiare la trasmissione di una realtà il più possibile diretta e non filtrata, e di giocare dialetticamente con il proprio sguardo e quello oggettivo del documento filmato.
“La realtà senza filtri” è una rubrica che si concentrerà su documentaristi italiani e internazionali che hanno scelto di mostrare e non dimostrare, mettendo in gioco la questione del reale e della possibilità di rinnovarne il significato.
Particolare attenzione verrà data al panorama italiano. Verranno trattati documentaristi del passato, in un’ottica di riscoperta, ma verrà dato spazio anche a documentaristi contemporanei. In generale, ci si soffermerà su un’opera significativa nel percorso di ogni autore.
Frederick Wiseman, Michelangelo Frammartino e Nicolas Philibert saranno i primi nomi che accompagneranno questa rubrica. Sguardi differenti tra loro, eppure accomunati da uno stesso intento: dialogare con la realtà. E con la sua immagine.