Nel Faust, uno dei miti fondativi dell’ uomo moderno occidentale, Wolfgang Goethe immagina che sia Mefistofele a inventare la banconota come titolo di credito. Il regno tedesco era attraversato da una grande crisi: non mancava cibo né vino, ma le casse dello stato erano vuote. Mefistofele offrì al sovrano la soluzione: trasformare in moneta della semplice carta. L’oro che sicuramente si trovava nel sottosuolo del regno avrebbe garantito il valore. Vennero così magicamente saldati i debiti dello Stato, usando il “foglio fatale” come garanzia: “Sia reso noto a tutte le persone: questo biglietto val mille corone. Lo garantisce in tutta sicurezza nel suol sepolta l’imperial ricchezza.” I sudditi del regno impazzirono di gioia, l’imperatore per la contentezza cominciò a dispensare doni e benefici. Per ringraziare Faust e Mefistofele affidò loro il sottosuolo dell’impero dove giaceva l’oro, la ricchezza materiale che doveva essere garanzia di quella virtuale di cui tutti stavano godendo. Incantati dalla facilità di produrre denaro, gli uomini smisero presto di confrontarsi con la reale disponibilità di risorse. Il valore delle banconote non aveva un corrispettivo concreto, solo la promessa dell’oro che doveva ancora essere estratto.
Invenzione demoniaca, la moneta si basa sostanzialmente sulla fede che esistano delle riserve che possano soddisfare il debito contratto. Nell’immaginario collettivo la finanza ha un segno ambivalente: paese della cuccagna dove la ricchezza è potenzialmente illimitata e patto col diavolo. Come Dio, la finanza è in grado di creare dal nulla. La moltiplicazione di valore all’infinito ingolosisce ma inquieta.
Nel 1944 il drammaturgo francese Jean Giraudoux scrive La Pazza di Chaillot, un delizioso, surreale testo teatrale che racconta speculazioni finanziarie, problemi ambientali, e la scomparsa dei valori di tolleranza e civilità. Nel centralissimo quartiere di Chaillot, a Parigi, un imprenditore ha scoperto l’esistenza di un vastissimo giacimento di petrolio: loschi individui dell’alta finanza complottano per distruggere l’intera città e impadronirsi delle ricchezze del sottosuolo. A loro si oppone Aurelia, detta la pazza di Chaillot, con il suo fedele esercito di diseredati, povera gente che vive per strada facendo i mestieri più improbabili, “spettri della ciarlataneria e del funambolismo”. Questa colorata marmaglia sono le ultime persone libere rimaste, in un mondo che rapidamente sta cambiando: “sta arrivando l’epoca degli schiavi – profetizza il cenciaiolo – Il mondo è pieno di padroni, esiste un padrone di tutto, esiste un padrone anche dell’ossigeno. Ogni cosa che si mangia o che si vede, dal vino allo spettacolo, sembra schiava di un padrone invisibile che la espone sul marciapiede come una prostituta e la tien d’occhio senza fare nulla”. Aurelia non vede la decadenza del mondo, vive in un sogno, coltiva l’arte di trasformare la miseria in bellezza. L’imminente minaccia però la scuote: non può permettere che si viva in un mondo in cui “si è infelici dall’alba al tramonto e in cui non si è padroni di se stessi”. La soluzione è radicale: i cattivi vanno tutti soppressi.
La pazza di Chaillot è una fiaba che non ha nessun desiderio di essere attuale: il linguaggio è sovrabbondante, poetico e per nulla moderno; i personaggi son più vicini a caricature grottesche che a creature in carne ed ossa, eccentrici e barocchi; tutto, anche la soluzione finale di chiudere i cattivi nelle viscere della terra là dove la loro avidità li conduceva, è dipinto con magica irrealtà, con ironia e amore per l’assurdo. Però in questa follia troviamo momenti di inattesa lucidità. A cominciare dalla corsa al petrolio: la distruzione in nome del petrolio è lecita, dal momento che “vicino al petrolio i cadaveri non puzzano”. Speculazione, alta finanza e illegalità sono indissolubilmente legate e sono la prospettiva economica del mondo moderno: “nelle viscere della terra si trova il fondocassa sul quale è solidamente impiantato l’unico raggruppamento umano possibile nella nostra epoca sfiduciata dagli schemi nazionali o patriarcali: la società anonima.” Lo scopo di tale società non è così importante, importante è che abbia un nome, un titolo. “Sarebbe un affronto pensare che gli azionisti nel momento in cui sottoscrivono le azioni intendano dar corso a un’operazione commerciale, stanno piuttosto alimentando la loro immaginazione.” Il bravo uomo d’affari sa vendere idee, sogni. Gli appartenenti a questa società sono preferibilmente uomini senza nome, senza carta d’identità. Hanno scelto un’esistenza non tracciabile. Il ruolo dell’uomo nel mondo non è preservare le risorse, ma sfruttarle traendone il massimo profitto, non è logico occuparsi delle conseguenze. “L’uomo ha preferito essere il fantino del globo terrestre, anziché il suo abitante”. Qual è il peggior nemico di questo sistema? Non la legalità, che gli è complementare. Il nemico è “la povertà allegra, la familiarità sprezzante e motteggiatrice, la demenza spietata”. Cade il potere di fronte a chi non consuma, a chi antepone gli interessi di un gruppo a quelli di un individuo, a chi sovverte la logica del profitto e sceglie l’umanità.
La CONSOB, autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari, ha avviato un programma per insegnare i principi della finanza e di illustrare i meccanismi psicologici che entrano in gioco nelle scelte di investimento, utilizzando gli strumenti più vari, inclusi giochi interattivi, spettacoli teatrali e romanzi. Pare infatti che solo il 37% della popolazione riesca ad orientarsi sui termini base. L’ignoranza finanziaria ha un costo, in un’epoca in cui il mercato del lavoro sta cambiando e il sistema pensionistico e di welfare non sono generosi come in passato. La finanza dà delle possibilità: sposta denaro nel tempo e nello spazio; può fornire risorse a chi ha idee ma non ha mezzi per realizzarle. Da sanzionare – avverte la CONSOB – è l’uso distorto. In questa prospettiva educativa sembra che il patto con il diavolo si possa aggirare, questo rincuora. Ci sono delle leggi, abbiamo delle leggi.
La finanza è da sempre la bestia nera della destra estrema, anti parlamentare e nazionalista. Resta oggi uno dei temi della propaganda delle destre sovraniste, che pompa la sfiducia negli organismi comunitari, mette in guardia su presunti complotti internazionali volti a “mettere le mani nelle tasche di noi risparmiatori italiani”. Ma dalle piazze che urlano “Prima gli Italiani” non arrivano prospettive economiche alternative, nessuno pensa di tornare al baratto, non ci sono piani di decrescita felice in cantiere. E soprattutto: da dove vengono i fondi per sostenere i partiti? Su questo le piazze tacciono e siamo punto a capo: Mefistofele, il patto, eccetera.
Nel 2016 tale John Doe (nome che in USA corrisponde ai nostri Tizio, Caio o Mario Rossi, indica una persona la cui identità non si sa o va mantenuta anonima) invia alla stampa tedesca un ampio dossier sui clienti dello studio legale Mossack/Fonseca con sede a Panama, che si occupava di gestire società offshore in vari paradisi fiscali. Il giornalista Premio Pulitzer Jake Bernstein ha pubblicato un’inchiesta a riguardo, il regista Steven Soderbergh nel 2019 ne ha fatto un film, The Laundromat. Meryl Streep interpreta Ellen, una vecchietta americana un po’ svampita che perde il marito in un assurdo incidente durante una crociera al lago. L’ assicurazione che dovrebbe garantire l’indennizzo è controllata da una compagnia più grande, che si appoggia a sua volta ad una società non rintracciabile, con sede a Panama. Ellen non riceverà nessun risarcimento. Inizia allora una battaglia, un viaggio tra un sistema di scatole cinesi, di società offshore, con personaggi grotteschi e uscite brechtiane, che trasformano una vicenda indicibilmente complessa in una divertentissima black comedy. Il gatto e la volpe, Jurgen Mossack e Ramon Fonseca, (rispettivamente Gary Oldman e Antonio Banderas) sono due cialtroni che, Martini alla mano, danno al pubblico illuminanti lezioni di economia.
Prima dei soldi esisteva solo il baratto, si scambiava ciò che si possedeva con ciò di cui si aveva bisogno. Ad esempio: tu hai banane, ma ti servono mucche; io ho mucche ma detesto le banane. Ovviamente in questo sistema c’erano dei limiti: le banane marcivano e le mucche scappavano. Si rese necessario concordare un mezzo di scambio non deperibile, come ad esempio un pezzo d’oro oppure un pezzo di carta con sopra delle parole e delle facce di uomini potenti. Questi pezzi di carta sono ciò che abbiamo deciso di chiamare Denaro. Questi fogli hanno dato vita a tanti altri pezzi di carta con altre scritte sopra. Il credito è stata l’invenzione che ha permesso che non fosse più necessario portare con sé milioni di banane. Il credito è qualcosa di invisibile che sta al posto di qualcosa di tangibile (una mucca o una banana). Il credito fa in modo che anche se non hai tutte le banane che ti servono per acquistare ciò che vuoi, puoi prendere in prestito banane dal futuro. In definitiva, “il credito è solo il tempo futuro del linguaggio dei soldi”. Le cose poi si sono complicate: oggi c’è più denaro di quanto ce ne sia mai stato, con nuovi nomi e nuove forme: prestiti, azioni, bond, fondi, fondi di fondi, derivati. Mossack e Fonseca sono profondamente dispiaciuti per ciò che è accaduto ma non ne hanno colpa: “Noi non abbiamo scritto leggi, abbiamo scritto solo contratti.”
Il film si conclude con una sorpresa che non è giusto rovinare. Quando tutto è chiarito, Meryl Streep si toglie parrucca e protesi, si scioglie i capelli e parla in camera senza filtri: è necessario mettere fine alla corruzione, altrimenti la democrazia avrà fallito; servono delle leggi, a cominciare dal rendere trasparente il sistema di finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali.
Sono tutti d’accordo che il problema sia l’avidità, ma in un sistema che mira a una crescita costante sembra che l’avidità sia strutturale. E allora? Torneremo alle banane? Però ci sono le leggi, abbiamo le leggi. In uno dei suoi allegri deliri, la Pazza di Chaillot dice che gli avidi non si salveranno, perché “se sono avidi devono essere anche ingenui: infatti dove si fanno cattivi affari? Solo nel mondo degli affari. I cattivi si dissolvono nell’aria. Dicono di essere eterni, lo credono, fanno il possibile per esserlo veramente. Ma l’arroganza, la superbia, l’avidità, l’egoismo, li arroventano a tal segno che quando sfiorano un punto sulla terra dove si trovano la bontà o la misericordia evaporano. Raccontano di grandi affaristi precipitati in mare dall’aereo. E’ falso: l’aereo aveva semplicemente sorvolato un branco di sardine innocenti.”