Il 17 luglio 1936 scoppiò nel Marocco spagnolo una insurrezione militare contro la repubblica spagnola. Il governo repubblicano, colto alla sprovvista, cercò di armare operai per salvare la Spagna dalla dittatura militare.
Le notizie dalla penisola iberica richiamarono l’attenzione degli esuli italiani antifascisti, italiani soprattutto dopo aver appreso dell’aiuto di Mussolini ai generali spagnoli. Fu così che venne deciso di organizzare unità militari da inviare in supporto di Madrid. Come si concretizzò l’aiuto italiano alla repubblica spagnola? chi furono i promotori?
PROLOGO
Allo scoppio del conflitto civile spagnolo, uno dei principali esponenti della concentrazione antifascista, Carlo Rosselli, propose di sostenere la repubblica attraverso la formazione di una colonna militare italiana, prevalentemente anarchica. Infatti, l’idea dell’esponente di Giustizia e Libertà era di combattere sul campo il fascismo.
L’invito di Rosselli fu esteso anche a Randolfo Pacciardi, repubblicano in esilio a Lugano e capo di quella che il capo della polizia italiana chiamò la Centrale di Lugano. Invece, Pacciardi riteneva che l’intervento antifascista dovesse essere coordinato, unitario e ben organizzato. Perciò, ai primi di settembre del 1936, si recò con Luigi Longo in Spagna.
Lo scopo del viaggio era di trattare con il governo repubblicano la costituzione di una legione italiana.
BATTAGLIONE GARIBALDI
Il 27 ottobre 1936 si incontrarono a Parigi i rappresentanti dei partiti repubblicano (Pacciardi), socialista (Nenni), comunista (Gallo/Longo). L’antifascismo italiano offrì così il proprio supporto alla Repubblica Spagnola. I proponenti costituirono un comitato politico che avrebbe affiancato la struttura militare posta alle dipendenze di un comandante individuato in Pacciardi.
Perchè Pacciardi?
Randolfo Pacciardi era stato ufficiale di complemento durante la Grande Guerra. Per le sue azioni egli ricevette tre medaglie d’argento al Valor Militare e una di bronzo.
Aveva opposto resistenza al fascismo sin dal 1923, quando a capo dell‘Associazione di reduci “Italia Libera” interruppe un comizio di Mussolini in piazza Venezia. Costretto all’esilio, divenne l’organizzatore, il promotore e il sostenitore di azioni dimostrative contro il fascismo.
Pacciardi organizzò il volo su Milano di Bassanesi l’11 luglio 1930. Ospitò e coordinò le azioni del fallito attentato di Delfini e Belloni a Mussolini.
L’organizzazione del battaglione
I volontari italiani avrebbero preso l’impegno di rimanere tra i ranghi della legione per sei mesi. I primi volontari giunsero a Barcellona, Alicante, Albacete con tutti i mezzi: piroscafi, treni e persino a piedi valicando le frontiere montane.
Pacciardi assunse il comando dell’unità il 3 novembre. Egli si trovò a comandare un battaglione, inquadrato sotto la I Brigata Internazionale. L’unità era composta da 520 uomini, distribuiti in quattro compagnie e un gruppo d’assalto. La situazione iniziale non era del tutto rosea: il personale non era addestrato. Tuttavia, in poco tempo riuscì a trasformare i volontari da militanti a militi.
L’attività operativa
Il battaglione ricevette il battesimo del fuoco al Cerro de los Angeles. Partecipò alla difesa di Madrid grazie alla quale Pacciardi venne promosso tenente colonnello e il battaglione ricevette un encomio solenne.
Nel gennaio del 1937 il battaglione venne schierato nella zona di Guadalajara. Qui ottenne delle vittorie tattiche a Boadilla del Monte e a Mirabueno. Durante lo scontro a Jarama, l’11 febbraio, Pacciardi venne ferito alla testa. Dopo aver recuperato le forze, fu pronto per lo scontro di Guadalajara.
Il valore politico
Dopo Guadalajara Pacciardi tenne un discorso alle mamme d’Italia (25 marzo 1937):
…Dalle linee di fuoco abbiamo cercato di parlare con gli italiani, di aprire loro gli occhi alla verità. Abbiamo fraternizzato con i prigionieri offertisi volontariamente. Ci siamo portati garanti della vita e della libertà di coloro stessi che abbiamo presi con le armi in pugno. Ma che dolore e che orrore, oh mamme italiane, vedere i vostri figli condannati, senza necessità senza scopo, a morire in terra straniera in una impresa miserabile di mercenari e sicari.
La propaganda verso i prigionieri che in alcuni casi si unirono alla compagine antifascista fu il motore che aiutò gli ultimi mesi del battaglione che fu sopraffatto dalle truppe nazi-faciste che aiutarono i generali, ma lo spirito delle brigate fu ripreso qualche anno più tardi.
L’epilogo
A partire dall’aprile 1937 le Brigate Internazionali vennero nuovamente riorganizzate. Pacciardi divenne così comandante della 12^ brigata internazionale che comandò nei combattimenti a Huesca e Villanueva del Pardillo. Tuttavia, l’esperienza di Pacciardi stava per concludersi. In dissenso con la componente comunista, Pacciardi lasciò la formazione ad agosto del 1937 e partì dalla Spagna dopo aver assistito, a Barcellona, alla commemorazione di Carlo Rosselli ucciso in Francia il 9 giugno.
Dopo l’addio di Pacciardi, al comando della brigata subentrarono cinque comandanti in tredici mesi. L’unità rimase attiva fino allo scioglimento, per volere del governo spagnolo, pressato dai governi occidentali, di tutte le brigate internazionali nell’ottobre 1938.
Scriverà Pacciardi nel suo memoriale sul “Battaglione Garibaldi“:
Ricordo i feriti e i mutilati negli ospedali, le facce consunte, i santi moncherini, le speranze salde e virili. Ricordo la comunione, la commozione dei cuori nei momenti gravi. Ricordo gli occhi smarriti e buoni quando toccò anche a me l’invidiabile onore di dare un poco del mio sangue all’idea che ci bruciava e ci spiritualizzava come la più santa di tutte le fiamme.
Non sempre avanzammo, ma non ripiegammo. Mai.