Con “Donne Sportive”, The Pitch vuole aprire ed approfondire una finestra che da troppo tempo non viene illuminata. Lo sport femminile per decenni ha dovuto subire discriminazioni immotivate che hanno terribilmente limitato la crescita di questo ambito. Le differenze, come vedremo nei vari racconti, sono sempre state enormi andando a minare i sani valori che lo sport offre da secoli. Nonostante ciò, la figura della donna nel mondo sportivo ha regalato delle storie da brividi che proviamo umilmente a raccontare. La protagonista di oggi è Sue Bird. Cinque Olimpiadi, quattro Mondiali ed un cognome che nel basket non può che fare bene. Nonostante non c’entri nulla con la leggenda Larry Bird, il talento di Sue è sicuramente paragonabile al suo. Ma la storia non l’ha fatta solamente in campo: insieme alla sua futura moglie Megan Rapinoe, è diventata uno dei simboli più influenti della comunità LGBT nello sport. Determinazione e forza: questi sono i punti cardine della sua storia.
Nell’ultimo episodio di “Donne Sportive” abbiamo parlato proprio della già citata Megan Rapinoe. In questa puntata, invece, parliamo dell’altro lato della coppia e partiamo da New York. È la Grande Mela ad aver dato i natali ad una delle giocatrici più leggendarie della storia del basket statunitense.
Come molti dei grandi sportivi, la piccola Sue Bird era appassionata a molti sport: il calcio, il tennis, l’atletica. Ma fu la palla a spicchi ad attirarla con la sua forza magnetica. In prima media entrò ufficialmente nella sua prima squadra, l’Amateur Athletic Union. La leggenda narra che nella sua prima partita giocò talmente bene che una guardia di sicurezza del palazzetto le chiese un autografo all’uscita: sarà il primo di una lunga serie.
L’ascesa di Sue Bird e quel buzzer storico
Negli Stati Uniti il basket è uno degli sport principi, se non “Lo Sport” principe. Ma anche in questo caso il mondo cestistico è dominato dagli uomini. Emergere non è mai semplice per una donna. Nel frattempo, però, Sue giunge al college, dove dimostra di essere un’atleta fuori dal comune, distruggendo diversi record: miglior tiratrice da 3 punti e miglior realizzatrice di tiri liberi della storia del campionato universitario.
In questo periodo, la numero 6 degli Stati Uniti scende in campo anche in quella che è stata definita la miglior partita di basket femminile di sempre. Il match vede contrapposte le Uconn, la squadre della Bird, e Notre Dame. La sfida viene decisa da un tiro sul buzzer proprio della giocatrice protagonista della storia di oggi.
Sue Bird si abitua a scrivere pagine che, sulla carta, nemmeno pensabili. Nel 2002 è la prima scelta assoluta al Draft per le Seattle Storm. Insieme a lei, nel quintetto titolare, c’è anche un’altra leggenda del basket femminile, Lauren Jackson, anche lei prima scelta del Draft nell’anno precedente. Le due insieme trascinano letteralmente la franchigia alla loro prima apparizione ai Playoff. Al suo primo anno in WNBA, Sue Bird viene inserita nella formazione All-Star della WNBA Western Conference; anche se arriva solamente seconda nella corsa al titolo per il Rookie of the Year. Nello stesso, inoltre, conquista il suo primo titolo con la nazionale statunitense nei Mondiali in Cina.
La nascita di una stella
È il 2004, però, l’anno più speciale per questa giocatrice: ad agosto si mette al collo la medaglia d’oro delle Olimpiadi dopo aver battuto l’Australia; ed appena un mese dopo conquista il primo titolo WNBA – suo e delle Seattle Storm – sconfiggendo in finale le Connecticut Sun. Alla maglia della squadra dell’Emerald City, rimarrà legata per tutta la sua carriera: negli Stati Uniti giocherà solo con loro, tralasciando qualche esperienza in off-season in Russia.
I meriti sportivi sono sotto gli occhi di tutti: l’Olimpiade di Atene 2004 è la prima vinta, alla quale ne seguono altre quattro, fino a quella di Tokyo 2020. Pur riuscendo a conquistare un totale di 4 anelli WNBA, è una leggenda nella storia di questo sport, non tanto per le sue gesta in campo, ma piuttosto per l’impatto avuto nella Lega.
L’affermazione di una leggenda
Le ultime parole spesso si usano per descrivere un campione assoluto come Michael Jordan. Le due situazioni, però, non sono assolutamente paragonabili, ma quello che Sue Bird ha fatto con la WNBA rispecchia in diversi aspetti quello fatto da His Airness. Entrambi hanno trascinato le proprie squadre – fino a quel momento, di certo, non vincenti – nell’olimpo del campionato. L’ex giocatore dei Chicago Bulls ha legato la sua storia al club, mentre la giocatrice ha raggiunto i suoi più grandi traguardi con la nazionale. Ma per quello fatto nelle rispettive leghe, i due sono molto simili.
Sue Bird ha fatto sognare a milioni di bambine statunitensi di poter fare della loro passione cestistica un lavoro a tutti gli effetti. Un aspetto che, prima della sua ascesa, era difficile da immaginare. La consapevolezza delle donne nel mondo del basket è passata per gran parte dalle sue mani. Se oggi le nuove leve possono desiderare di crearsi un futuro con questo sport è grazie a Sue Bird.
L’ultima battaglia: la più importante
Il 2021 è stato un anno particolare per la cestista. Dal lato sentimentale, è stato caratterizzato dall’annuncio del suo matrimonio con la calciatrice Megan Rapinoe. Insieme le due hanno tracciato un vero e proprio solco per la comunità LGBT nello sport, partendo dalla battaglia contro Donald Trump, combattuta sempre in due. Iconica è la lettera che Sue ha affidato alle pagine del The Player’s Tribune dal titolo “So the President f*cking hates my girlfriend”. Vi lasciamo immaginare i contenuti.
In campo, però, non si può dire lo stesso. Con le sue Seattle Storm non è riuscita a qualificarsi neanche per i playoff. Dopo il quarto anello WNBA, conquistato nel 2020, la delusione è stata cocente tanta da indurla a pensare al ritiro definitivo. Anche se, prima dell’ufficializzazione, si è voluta togliere un’ultima soddisfazione con la quinta Olimpiade vinta.
La decisione non è ancora stata presa, ma la strada della strabiliante carriera di Sue Bird sembra volgere al termine. Nonostante ciò, tutto quello che ha fatto rimarrà per sempre nella storia del basket femminile.