La terra dei mangiatori di loto, dove i visitatori si abbandonano a un piacevole oblio, lontani dalle loro vecchie vite. È il mito omerico richiamato da The White Lotus, miniserie satirica targata HBO e trasmessa in Italia su Sky Atlantic. Mescolando dramma e commedia con una pungente critica sociale, le sei puntate scritte e dirette da Mike White ci trasportano al White Lotus, villaggio vacanze hawaiano, in cui è appena sbarcato un nuovo gruppo di “lotofagi”: villeggianti ricchi e privilegiati, per lo più bianchi, pronti a lasciarsi riverire dallo staff locale.
L’ambientazione è un trionfo di kitsch tropicale e lusso da villaggio vacanze. Quella fetta di paradiso esclusiva ma non troppo, che il turismo di massa riesce a garantire a ogni borghese con un semplice metodo: sfruttare i lavoratori locali. Persone come Lani (Jolene Purdy), tirocinante al suo primo giorno di lavoro, messa sotto pressione dal direttore ex tossicodipendente Armond, interpretato da un Murray Bartlett brillantemente sopra le righe. Per una paga misera, Armond, Lani e gli altri dipendenti del White Lotus accolgono con un sorriso smagliante la famiglia Mossbacher, capitanata da Nicole (Connie Britton).
Attorno a Nicole, elegantemente ossessiva e incapace di staccare dal lavoro, orbitano il mediocre marito Mark (Steve Zahn), perennemente fuori luogo, e Olivia (la Sydney Sweeney di Euphoria), universitaria indolente e polemica che bersaglia i genitori di frasi fatte da social justice warrior. C’è poi Shane (Jake Lacy), rampollo dell’immobiliare in viaggio di nozze che si trasforma nell’incubo di Armond, perseguitando il direttore dell’albergo con lamentele continue. Infine, Jennifer Collidge superba nel ruolo di Tanya MacQuoid. Ricca e instabile, Tanya viaggia con le ceneri di sua madre e allaccia un’amicizia malsana con la massaggiatrice Belinda (Natasha Rothwell).
Una miscela di classi sociali in cui l’umorismo tagliente, il surrealismo e le musiche ossessionanti composte da Cristobal Tapia De Veer (Utopia, Black Mirror) lasciano percepire subito il pericolo. E infatti il flashforward con cui si apre la serie lo annuncia chiaramente: qualcuno, al White Lotus, sta per morire. Ma chi?
Il mistero e l’aspettativa del delitto sono un gancio irresistibile per tenere avvinto lo spettatore. Soprattutto dopo un inizio piuttosto lento. Ma proseguendo nella visione, ci si rende conto che ciò che cattura è una fascinazione morbosa, come quando ci si ferma a guardare un incidente d’auto.
Le vicende del White Lotus sono comicamente assurde ma tragicamente realistiche. Delineano un ritratto chiaro e brutale della disparità sociale vista dall’autore Mike White, che è impietoso con i suoi personaggi, e al tempo stesso ci trasmette una sorta di affetto nei loro confronti, soprattutto verso chi, nel folto gruppo di protagonisti, sta “nel mezzo”.
Per esempio Rachel (Alexandra Daddario), ingenua sposina del ricco e viziato Shane. Che inizia a comprendere come il matrimonio le richieda di trasformarsi da aspirante giornalista in moglie trofeo. Oppure il figlio minore dei Mossbacher, Quinn (Fred Hechinger di Fear Street), a cui la vacanza alle Hawaii fa intuire l’esistenza di una vita più semplice e autentica al di là dello schermo del suo cellulare. E soprattutto Paula (Brittany O’Grady), “amica-trofeo” di Olivia, che la tratta come un giocattolo e se la porta in vacanza per mostrare al mondo la sua ampiezza di vedute. Perché Paula non è bianca né ricca.
Senza pietà, la storia mette in luce il crescere della tensione tra i protagonisti e il loro bisogno di cambiamento. Perché tutti sono arrivati al White Lotus in cerca di qualcosa: superare un lutto, migliorare la propria vita, costruire una nuova famiglia o restaurarne una in crisi. E nel confronto, potrebbero anche imparare qualcosa gli uni dagli altri. O potrebbero dare luogo a una lotta all’ultimo sangue in cui nemmeno lo staff sfruttato e marginalizzato non è senza macchia.
Il racconto è autoconclusivo, ma la serie è stata rinnovata come antologia. La prossima stagione seguirà un gruppo di personaggi completamente nuovi in un altro resort. E non c’è da sorprendersi di questo rinnovo. Con il suo cast fenomenale, The White Lotus è una serie satirica brillante, che fa ridere per un secondo e riflettere per giorni. Ma soprattutto, che ci mette di fronte a uno specchio poco lusinghiero. Non rischiamo anche noi, a volte, di essere sbadatamente crudeli gli uni con gli altri ma pronti a difendere i nostri privilegi da chi ne ha meno?
Magari ci basta guardare una serie che denuncia l’ingiustizia e la disparità per credere che prendere coscienza del problema sia lo stesso che risolverlo. In tal caso vorrebbe dire che siamo noi i lotofagi. E mangiare il loto fa dimenticare, ma lascia in bocca un gusto amaro.