Con la recente promozione della Salernitana in serie A un nuovo caso si è presentato alla burocrazia sportiva italiana. Nonostante fosse da tempo presente una norma a riguardo, non era mai capitato che due squadre italiane appartenenti allo stesso proprietario (Claudio Lotito) si trovassero a disputare lo stesso torneo.

Già negli anni passati si era discusso molto della norma, quando per la prima volta in Italia la seconda squadra di un club si è iscritta a un campionato professionistico (la Juventus U23). Prima di oggi però non avevamo mai avuto a che fare con questo tipo di conflitto di interessi e, in generale, è un evento raramente verificatosi nella storia del calcio.

C’è stato un incredibile caso però, nella Spagna post-franchista, di una formazione giovanile arrivata in finale della coppa nazionale proprio contro la prima squadra dello stesso club.

È stata la finale dell’edizione 1979-1980 della Coppa del Re, con l’ultimo incontro che mise di fronte il Real Madrid, vice-campione in carica e detentore dell’ultima Liga, contro la propria squadra riserve, il Castilla.

Santiago Bernabéu e il Castilla

Il Castilla, formazione nata nel 1930 come Agrupación Deportiva Plus, ha assunto l’attuale denominazione e conformazione nel 1972, in seguito alla cessione definitiva dei diritti a causa di problemi finanziari.

L’Agrupación Deportiva Plus durante la stagione 1949/1950, la prima disputata in Segunda Divsión. Solo 20 anni più tardi la società sarà acquistata da Santiago Bernabeu per renderla la “squadra B” del grande Real Madrid. – © Wikimedia Commons

L’allora presidente del Real, Santiago Bernabéu, cambiò nome alla squadra in onore alla regione della capitale e la trasformò in una vera e propria “succursaledel Real Madrid.

Grazie anche alla nuova proprietà, il Castilla arrivò secondo nella Segunda División B 1978/1979, ottenendo la promozione in Segunda División (chiamata oggi, nel mondo del calcio-market, LaLiga SmartBank) dopo sedici anni di assenza.

Con quel piazzamento il Castilla si guadagnò anche il ritorno in Coppa del Re, competizione alla quale partecipava ovviamente senza alcuna aspettativa date le premature eliminazioni nelle (poche) partite giocate nella competizione fino a quel momento.

L’arrivo di Juanjo

In seguito alla promozione la dirigenza cercò un nuovo allenatore per guidare la squadra. Molti nomi vennero considerati ma alla fine si optò per Juan José García Santos, per tutti “Juanjo”, trentaquattrenne allenatore delle giovanili e impiegato bancario con alle spalle una modesta carriera da giocatore interrotta a 26 anni.

All’inizio del campionato le aspettative per una squadra di ventenni con un allenatore senza esperienza erano a dir poco basse. Eppure diciannove partite dopo, al giro di boa nel gennaio 1980, il Castilla era riuscito a raccogliere ben 22 punti (la vittoria valeva ancora due punti) con 8 vittorie, 6 pareggi e sole 5 sconfitte.

Santiago Bernabeu nel 1976 – © Pinterest

Ma ciò che davvero meravigliava i dirigenti e la stampa era il percorso che parallelamente i giovanissimi del Real stavano percorrendo in Coppa del Re. Nel primo turno il Castilla sconfisse l’Extremadura, squadra di Tercera, per un totale di 10 a 2 tra andata e ritorno.

Alla segunda ronda fu un’altra squadra di Tercera a soccombere nel doppio scontro, l’Alcorcón, perdendo 1 a 0 l’andata e 4 a 1 il ritorno. Nel gennaio dell’anno nuovo i ragazzi di quella che diventerà “La Fábricadel Real si trovarono di fronte una pari livello, il Racing Santander.

L’incredibile cammino in Coppa del Re

Dopo la vittoriosa partita d’andata, il match di ritorno si concluse a reti bianche (come la partita di campionato tra le due squadre) e il Castilla si ritrovò davanti la prima avversaria di Primera División, l’Hércules.

Come da pronostico i giovani blancos persero malamente l’andata con un sonoro 4 a 1. Eppure, non si scoraggiarono e nella partita di ritorno ribaltarono il risultato, vincendo 4 a 0 (dopo il 3 a 0 dei tempi regolamentari) e qualificandosi agli ottavi.

Il terzo gol fu segnato all’ultimo minuto da Ricardo Gallego, futuro perno del Real e della Roja degli anni ’80 (con una breve parentesi all’Udinese a fine carriera), uno dei tanti ragazzi di quella rosa che passarono tra le fila della prima squadra.

Juanjo portato in trionfo dai suoi giocatori dopo la qualificazione per la finale di Coppa

Il giorno dopo, sulle colonne del País, José Damián González scrisse che il Castilla aveva realizzato qualcosa di utopico, “eliminare una squadra di prima divisione che aveva tre gol di vantaggio dall’andata. L’affiliata bianca ha battuto l’Hércules fino a ridicolizzarlo, non solo sul tabellone, ma anche per la sua concezione moderna e offensiva del calcio”.

I ragazzi di Juanjo ora non erano più la sorpresa del turno, ma una possibile outsider, nonostante fosse difficile immaginare potessero superare gli ottavi.

Le fasi finali della Coppa

E così, mentre il Real dei grandi di Vujadin Boškov avanzava in Coppa e lottava con la Real Sociedad in campionato, i giovani del Castilla riuscirono a superare gli ottavi battendo di misura l’Athletic Bilbao.

Il 2 aprile 1980 si giocò l’andata dei quarti di finale e, come prevedibile, il Castilla tornò dai Paesi Baschi con una sconfitta per 2 a 1 contro la Real Sociedad. Un risultato comunque di tutto rispetto, considerando che in campionato i baschi erano riusciti a imporsi 4 a 0 sul Real.

Ma l’orgoglio della filial non era stato domato e così, nel ritorno del primo maggio, i gol di Paco Machín e Sanchez Lorenzo fissarono il risultato sul 2 a 0, regalando ai tifosi la gioia per l’ennesima rimonta e per l’inimmaginabile accesso alla semifinale.

Ancora dalle pagine del País arrivarono elogi per la formazione castigliana:

quasi 100mila spettatori hanno visto come una squadra di Seconda Divisione era in grado di esibirsi in un calcio di qualità di gran lunga superiore a quello della sua categoria ufficiale. […] Il Real Madrid, che ha pareggiato a Siviglia con il Betis, va anche in semifinale, in cui non potrà affrontare la propria affiliata.

La regola di Coppa del Re

Nonostante il sorteggio avesse accoppiato Real e la propria affiliata (per la seconda volta), il regolamento impediva un scontro tra squadre della stessa proprietà prima della finale.

Il logo del CDF Castilla Madrid (1972-1991), dopo l’acquisto della società – precedentemente conosciuta come Agrupación Deportiva Plus – da parte del Real Madrid. – Fonte: Wikimedia Commons

Il Castilla si ritrovò così a giocare la semifinale contro il temibile Sporting Gijón. Punta di diamante dei Rojiblancos era Quini, ben cinque volte Pichichi tra il 1974 e il 1982 e ancora oggi miglior realizzatore nella storia della squadra asturiana.

All’andata, grazie alla doppietta del laterale mancino Ciriaco Cano, la squadra di casa vinse 2 a 0. Fermare Quini non era evidentemente abbastanza, al Castilla serviva qualcosa di più per poter realizzare l’impresa.

E da qualche parte, in qualche modo, gli spensierati ragazzi di Juanjo trovarono quel qualcosa in più. Nel ritorno di Madrid, una settimana dopo, in neanche un’ora di gioco Paco Machín, Sanchez Lorenzo, Cidón e Gallego fissarono il risultato sul 4 a 0.

Il Castilla approda in finale

Inutile il gol della bandiera di Joaquín. Nel frattempo, nell’altra semifinale, il Real riuscì a sconfiggere solo ai rigori i cugini dell’Atlético, raggiungendo così la propria “squadra B” in finale di Coppa.

Dei circa 2000 giovani che facevano parte delle varie giovanili del Real, quella dozzina di ragazzi promossi al Castilla erano riusciti a dare una lezione alla Spagna intera (e non solo), mostrando un gioco nettamente migliore di quello dei campioni di Boskov e di tutte le formazioni affrontate lungo il percorso verso la finale.

Un dato che può rendere l’idea della grande stagione del Castilla è l’affluenza media alle loro partite casalinghe: 20mila spettatori. Fin dall’inizio i ragazzi di Juanjo erano riusciti a consolidarsi nello spirito e nel gioco, raggiungendo grandi risultati appassionando buona parte della tifoseria madridista.

E così il 4 giugno 1980, giorno della finale, il Santiago Bernabéu di Madrid si riempì di 65mila spettatori festosi. Le squadre in campo non erano tanto diverse da quelle che si erano affrontate in innumerevoli partite di allenamento, ma questa volta la partita era vera nonostante un clima da amichevole.

Le immagini di quella finale di Copa del Rey giocata in famiglia: il Real dei “grandi” con la tradizionale casacca blanca, mentre il Castilla indossa la divisa da trasferta viola.

Purtroppo i ragazzi del Castilla, con indosso la maglia viola da trasferta, non riuscirono a ripetere le spettacolari prestazioni che li avevano portati a un passo da una coppa sulla quale nessuno avrebbe mai scommesso.

2 a 0 il parziale e 6 a 1 il risultato finale per il Real dei “grandi”, con lo storico capitano José “Pirri” Martínez che ritirò la Coppa dal re Juan Carlos mentre entrambe le squadre in campo avevano qualcosa da festeggiare.

Un cammino indimenticabile

La delusione per alcuni dei ragazzi del Castilla non durò tanto, dato che vennero promossi in prima squadra e contribuirono a iniziare un ciclo che durò per tutti gli anni ’80. E negli anni a seguire altri giovani passarono alla prima squadra, tra i quali quelli che avrebbero formato la leggendaria Quinta del Buitre.

L’anno successivo, grazie a quella finale, il Castilla poté godersi anche l’esordio in Europa. Caso volle che l’avversario selezionato fosse il West Ham, altra squadre di seconda divisione (inglese) che però era riuscita a vincere l’FA Cup.

Il Castilla riuscì a vincere l’incontro di andata, ma, nella gara di ritorno in terra inglese giocata a porte chiuse a causa degli scontri tra tifoserie, gli Hammers passeggiarono sui ragazzi spagnoli, eliminandoli dal torneo.

Poco male però, dato che il Castilla continuò a giocare campionati di alto livello. Riuscendo anche, nel 1984, a vincere il campionato pur senza poter giocare nella Liga.

L’esordio europeo del Castilla contro il West Ham, nei sedicesimi di finale della Coppa delle Coppe 1980/1981.

Probabilmente senza quella impresa “monca” il Real che oggi conosciamo non sarebbe lo stesso. La stagione incredibile imbastita dall’inesperto Juanjo (morto prematuramente nel 1987 da allenatore del Cultural Leonesa, club con il quale era appena stato promosso in Segunda División B) si rivelò uno spartiacque nella storia recente delle merengues.

E senza quella regola che impediva a due società con stessa proprietà di giocare nello stesso campionato e in partite di coppa che non fossero la finale, quella finale probabilmente non ci sarebbe mai stata.
E, forse, neanche una delle squadre più forti della storia del calcio.

Boskov dopo la partita di Bilbao: «Volevo vedere i futuri talenti del Real di fronte a un impegno difficile, e sono rimasto impressionato. Penso che il Real possa guardare con calma al suo futuro».