Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo degli incendi che stanno colpendo l’Italia, le loro cause e conseguenze.
Da settimane sono numerosi e molto estesi i fuochi divampati su tutto il territorio nazionale e in particolare al Sud. I giornali italiani hanno dedicato a questo fenomeno ampio spazio. Per mantenere il pubblico informato e rendere costante la lettura, è fondamentale diversificare gli articoli e dare a ciascuno una prospettiva particolare. Di conseguenza si cerca di individuare un aspetto specifico della vicenda da mettere in risalto. Quali sono state le scelte dei principali giornali italiani? Per capirlo osserviamo una selezione di articoli.
L’ANSA ha dedicato agli incendi un formato più esteso rispetto alla lunghezza media dei testi disponibili sulla piattaforma. Si considerano l’intero Sud Italia e soprattutto le vittime generate dai fuochi. Al momento sono cinque i decessi, due in Campania, due in Calabria e uno in Sicilia. Di ciascuna persona vengono narrate, in breve, le circostanze della morte e il loro legame con la situazione ambientale. In molti casi stavano cercando di spegnere un incendio o di mettere in salvo i propri terreni. Segue il resoconto delle persone evacuate, ustionate e ferite. Un panorama umanamente difficile che mette in luce le dirette conseguenze e i rischi per gli abitanti di quelle zone.
Il Foglio, invece, ha spesso una visione internazionale e, anche in questo caso, si vede già dal titolo: «Dalla Sardegna alla Grecia, dalla Turchia alla Sicilia. Perché brucia il Mediterraneo». Non si considera solo l’Italia ma l’intero Sud dell’Europa.
L’articolo si apre con una contenuta galleria di immagini e due grafici che riportano la differenza tra gli ettari di territorio bruciati in Italia e in Grecia nel 2021 e quella nel range temporale 2008-2020 (fonte: Effis – European Forest Fire Information System). L’attenzione del testo, infatti, si concentra sui dati. Dal 29 luglio al giorno della pubblicazione dell’articolo (10 agosto) sono bruciati 94 mila ettari in Grecia, cioè lo 0,7% del territorio.
Nel passaggio al caso italiano, la narrazione si fa meno descrittiva e più ricca di pathos. Si racconta che «i cieli dell’Aspromonte sono oscurati dal fumo, le fiamme ormai a ridosso delle faggete di Valle Infernale da poco proclamate patrimonio Unesco» e poco dopo che «a Cuglieri (Oristano) […] è ridotto a un tocco di carbone anche il “Patriarca”, l’olivastro millenario diventato il simbolo del disastro del fuoco in terra sarda». Viene dato inoltre molto spazio al ministro delle politiche agricole e forestali Stefano Patuanelli, che sottolinea l’importanza di un intervento sistemico per tutelare le imprese agricole rivedendone il funzionamento.
Solo dopo gli elementi che possono colpire più facilmente e con maggior forza l’attenzione di chi legge arrivano i dati. «Abbiamo il triste primato per il numero di incendi di grandi dimensioni (oltre i 30 ettari): da inizio anno ne sono scoppiati 405. E sono più di 104mila gli ettari distrutti dalle fiamme (71mila solo dal 22 luglio a oggi): il quadruplo rispetto ai quasi 29mila ettari arsi, in media, ogni anno dal 2008 al 2020».
La causa fondamentale alla base di questi incendi non tarda a essere citata: il surriscaldamento globale. Viene però accompagnata da una domanda che resta, per il momento, senza risposta: «Ma chi accende la miccia?». Una scarsa porzione di questi fuochi, infatti, è di origine naturale, mentre il resto si divide tra incendi dolosi e colposi, questi ultimi dovuti spesso a una scarsa consapevolezza e cultura della gestione responsabile delle foreste.
Tra le pratiche che causano tale situazione estrema viene ricordata l’industria del fuoco, cioè la scelta di appiccare incendi per creare posti di lavoro nei campi dell’avvistamento, dell’estinzione del fuoco e della ricostruzione. Un fenomeno che trova le sue basi in un contesto economico con delle fragilità.
La Stampa aggiunge un ulteriore tassello alla vicenda e lo inserisce – non a caso – nella sezione La Zampa. Il titolo scelto è «Incendi in Italia, è strage di animali: oltre 20 milioni bruciati vivi in due mesi» e le fotografie che accompagnano l’articolo sono forti ed estremamente esplicative. La lista degli esseri viventi colpiti dai fuochi incontrollati è lunga e vasta: ricci, scoiattoli, cervi, caprioli, volpi, ghiri, passeri, capinere, falchi, tartarughe, salamandre e lucertole. A questi si aggiungono gli invertebrati. Un totale di 20-24 milioni di animali selvatici arsi vivi, stando alla stima riportata. La loro morte viene raccontata dalla testata con tinte piuttosto vive e accompagnata da immagini prive di avvertimenti che anticipano il loro contenuto forte.
Riportando le parole del responsabile fauna di Legambiente Antonino Morabito, si parla di un vero e proprio ecocidio, aggravato dall’ampio fronte dei fuochi e dalla presenza di più focolai, che lasciano gli animali senza vie di fuga. L’articolo si chiude riportando un video di proprietà dei carabinieri, in cui si vede un piromane nel beneventano appiccare un incendio e scappare, e ricordando il costo a livello economico di questi avvenimenti: «centinaia di milioni di euro tra servizi ecosistemici perduti, rischio idrogeologico incrementato e riforestazione».
Il Sole 24 Ore, invece, pone nella parte alta della pagina un video in cui si vedono i soccorsi all’opera per domare l’incendio nel palermitano. Il testo si concentra infatti sugli aiuti richiesti dalle regioni del Sud: 32 richieste di soccorso aereo in 24 ore e lo stato emergenza per la Calabria. Nonostante i massicci interventi, la situazione resta critica e potrebbe peggiorare da un momento all’altro. Si pone l’attenzione sulla necessità di organizzare le risorse e i soccorsi a livello nazionale ma anche europeo.
Infine, attraverso le parole di Leoluca Orlando, presidente di Anci Sicilia e sindaco metropolitano, si sottolinea il desiderio di prevenire queste situazioni estreme attraverso un intervento che incentivi l’agricoltura come custodia del territorio. Una richiesta che appare ciclicamente ogni anno, quando gli incendi divampano durante il periodo estivo.
In conclusione, per riuscire a proporre al pubblico degli articoli che rispondono sia al bisogno informativo sia alla ricerca di novità – in un momento in cui gran parte della stampa si concentra proprio sui fuochi – la soluzione è evidenziare un aspetto particolare della vicenda. Si passa dai decessi al parallelismo con altre zone dell’Europa, dagli animali colpiti dagli incendi alle operazioni di soccorso. Ogni testata sceglie, anche in relazione alla sua linea editoriale, quale elemento porre in risalto per differenziarsi dalle altre e mantenere vivo l’interesse del pubblico.