Parlare di finanza sostenibile può risultare un ossimoro. I grandi istituti di credito sono tra i maggiori finanziatori di energia fossile e armamenti. Esistono però organismi di investimento collettivo quotati in Borsa che permettono di investire in azioni e obbligazioni emesse da aziende ed enti non profit con l’intento di generare un impatto sociale accanto ad un guadagno monetario. Si chiamano fondi di investimento sostenibile e sono i protagonisti del secondo capitolo della rubrica “Finanza sostenibile for dummies“.
Eccoci ancora qui a parlare di finanza sostenibile. Per cambiare l’immaginario che si ha di questo concetto ancora poco chiaro, The Pitch ha creato una rubrica chiamata Finanza sostenibile for dummies. Questa guida non ha la pretesa di insegnare i modelli di matematica finanziaria ai lettori, ma semplicemente far conoscere una realtà alternativa che ha molti aspetti ancora da esplorare ed è allo stesso tempo utile. Tutti infatti dobbiamo più o meno avere a che fare con il denaro, ma gli utilizzi che se ne fanno possono comportare ripercussioni differenti sulla società e sul pianeta. Oggi si parla dei Fondi di investimento.
Cosa sono i fondi di investimento?
I fondi di investimento sono organismi privati che hanno il compito di investire al meglio il denaro che i risparmiatori decidono di affidargli. Il loro capitale ha forma di patrimonio autonomo e appartiene in quote diverse a numerosi investitori. Sono utilizzati per acquistare collettivamente titoli sul mercato con il criterio primario della diversificazione dell’investimento, riducendo quindi il rischio rispetto ad un investimento diretto in azioni di una singola società in un singolo settore. Ne esistono diversi tipi: fondi comuni di investimento, fondi negoziati in borsa, fondi del mercato monetario e hedge fund, ma ciò che conta è che esistono alcuni benefici se si decide di investire nei fondi piuttosto che investire individualmente in Borsa. I principali vantaggi di ricorrere a un fondo sono: una maggiore opportunità di investimento, il ricorso a gestori finanziari esperti e commissioni a livelli competitivi per l’ottenimento di risultati rilevanti.
Si tratta di un meccanismo ormai collaudato di gestione del risparmio. Basti pensare che il primo fondo di investimento può essere fatto risalire addirittura al tardo 1700, quando l’uomo d’affari Abraham van Ketwich creò ad Amsterdam i primi organismi di investimento collettivo gestiti professionalmente.
Fondi di investimento sostenibili e ESG investing
Ciò che oggi sembra diverso dal passato, è l’impegno che i fondi intendono perseguire nel campo della sostenibilità. È di pochi giorni fa la notizia riportata dal Financial Times che Wellcome, fondo da 29 miliardi di sterline, ha promesso che il suo vasto portafoglio di investimenti in azioni, hedge fund, private equity e proprietà diventerà carbon neutral prima del 2050, il più grande impegno di questo tipo da parte di un ente finanziario del Regno Unito. Ma viene da chiedersi se gli investitori sono davvero interessati agli investimenti sostenibili, i cosiddetti investimenti “ESG”.
Gli investimenti ESG (acronimo di environment, social, governance) rappresentano un modo di investire sostenibile, in cui gli investimenti vengono effettuati tenendo conto di molteplici fattori oltre che del rendimento finanziario. Sono noti anche come investimenti socialmente responsabili e si riferiscono a investimenti che pur realizzando un profitto economico danno la priorità a risultati ambientali, sociali e di governance. Si basano sulla crescente convinzione che le prestazioni finanziarie delle organizzazioni siano sempre più influenzate da fattori ambientali e sociali.
Gli investimenti ESG sono entrati ufficialmente nella finanza mainstream in seguito alla pubblicazione dei Principi per gli investimenti responsabili (PRI) del 2006, una serie di linee guida delle Nazioni Unite per l’incorporazione dei fattori ESG nella politica e nella strategia aziendale. Il PRI ha oltre 2.000 firmatari ed è ampiamente considerato il punto di partenza per tutto ciò che riguarda gli investimenti socialmente responsabili.
I principi degli investimenti ESG non sono però una novità del nuovo millennio. Centinaia di anni fa, le convinzioni religiose ed etiche influenzavano le decisioni di investimento. Oggi, la crescente importanza della responsabilità sociale delle imprese (CSR) e della sostenibilità sociale ha portato a una maggiore consapevolezza degli investitori sulla partecipazione etica al mercato.
Gli ambiti di impiego degli ESG investing variano e riguardano diversi obiettivi sociali come una maggiore inclusione delle minoranze o la tutela del pianeta.
Secondo i dati di Proxy Insight, quest’anno la media del sostegno degli investitori alle soluzioni relative alla diversità a livello globale nei primi sei mesi del 2021 è stata del 42,4%, rispetto al 23,9% dell’intero 2020.
Su questa onda, BlackRock, BNP Paribas Asset Management e Legal & General Investment Management (LGIM) sono stati tra i gestori patrimoniali che nel corso dell’anno hanno sostenuto un gran numero di investimenti orientati alla diversità e alla sostenibilità. Inoltre, a luglio 2021 l’istituto bancario svizzero UBS ha lanciato un portafoglio che investe esclusivamente in hedge fund guidati da donne nel tentativo di incrementare la diversità e individuare i talenti nascosti in un settore tradizionalmente dominato dagli uomini.
Cosa significa esattamente investire “green”
Come detto, gli investimenti sostenibili possono portare vantaggi in diversi campi. Tra questi, uno dei più importanti al momento è sicuramente la tutela ambientale.
Ricavare dati accurati sull’impronta ecologica delle aziende è sempre stato difficile per gli investitori. La domanda per i fondi che investono in ESG può essere elevata, ma capire verso chi dovrebbe fluire il capitale “green” non è sempre chiaro. Il problema è molto spesso la mancanza di dati affidabili.
“Al momento, il rischio è di avere spazzatura sul pianeta e sul mercato”, afferma Bernard de Longevialle, responsabile globale della finanza sostenibile presso S&P Global Ratings.
Per far fronte a questo problema l’Unione Europea ha deciso di adottare delle contromisure. Attraverso una serie di regole e direttive, l’UE sta cercando di definire chiaramente il perimetro degli investimenti sostenibili, oltre a fornire standard di rendicontazione più chiari. Il fulcro della legislazione sulla sostenibilità di Bruxelles è una tassonomia che definisca ciò che è “verde”, ma sebbene siano in discussione dalla scorsa estate, le linee guida entreranno in vigore solo il prossimo anno.
Intanto continua il dibattito su alcuni elementi tecnici, sulle varie sfumature del verde e su ciò che si può definire sostenibile. La Commissione UE nel luglio 2021 ha lanciato la nuova Strategia di Finanza Sostenibile attraverso una serie di iniziative per affrontare il cambiamento climatico e le relative sfide ambientali, incentivando al contempo gli investimenti ed il coinvolgimento delle piccole e medie imprese (PMI) nella transizione verde. Questa strategia prevede anche un nuovo pacchetto di proposte per l’emissione dei Green bond Ue, titoli di debito associati al finanziamento di progetti con ricadute positive sull’ambiente. L’obiettivo di questi strumenti consiste nell’ incentivare la partecipazione di fondi privati alla realizzazione del Green Deal europeo, rafforzare la preparazione del settore bancario e finanziario ai rischi climatici, ed assicurare l’uso dei Green bond anche alle PMI.
Tuttavia, accusata di portare avanti un approccio ideologico punitivo verso le imprese, la Commissione è stata fortemente criticata dal mondo industriale nella fase di consultazione ed elaborazione della Strategia.
Fondi di investimento sostenibili: bolla o realtà?
Si mentirebbe dicendo che il primo pensiero degli operatori finanziari sia l’etica dei loro investimenti. Ancora oggi l’attenzione è principalmente diretta alla governance dei fondi, ovvero chi li gestisce, in quanto le persone hanno interesse affinché i fondi siano gestiti a loro vantaggio. Tuttavia, sebbene alcuni investitori siano ancora scettici circa l’impact investing e desiderano sapere se coniugare prestazioni economiche e sociali costerà loro di più, un approccio misto di profitti e sostenibilità sembra sempre più realizzabile anche secondo l’occhio degli investitori “tradizionali”.
A prova di ciò, il sondaggio 2021 di Ernst & Young (E&Y) ha mostrato che il 75% dei loro clienti ritiene che la priorità degli investitori non è più rappresentata esclusivamente dal rapporto rischio-rendimento bensì anche dalle conseguenze sociali dell’investimento. La grande maggioranza pare interessata alla sostenibilità e considera la possibilità di fare investimenti ESG in futuro. L’età media degli intervistati non è certo bassa. I clienti di E&Y hanno in media tra i 40 e i 60 anni e a volte sono pensionati, ma è rincuorante sapere che la maggior parte di loro considera i fondi di investimento sostenibili un fenomeno che resterà nel tempo.
Questa percezione è confermata dal volume di capitale generato. In totale, le vendite di tutti i fondi che gestiscono ESG hanno raggiunto nel solo 2021 i 54 miliardi di dollari, rispetto ai quasi 68 miliardi di dollari realizzati in tutto il 2020. I dati riguardano fondi aperti e fondi negoziati in borsa a livello globale (fonte: FT). Gli asset in gestione sono aumentati del 14% fino a 374 miliardi di dollari tra gennaio e maggio, e in totale sono quasi triplicati in tre anni. Nel solo 2020, le attività sono aumentate del 66%, rispetto a un aumento del 12% delle attività per l’intero universo dei fondi a reddito fisso.
Si direbbe in effetti che il trend della sostenibilità dominerà il mondo dei fondi di investimento e andrà ad influenzare nel prossimo futuro anche i fondi “tradizionali”.