Dal film alla vera storia” è la rubrica mensile di The Pitch – Olympia, che svela retroscena, curiosità, personaggi, fatti reali che caratterizzano e differenziano le trasposizioni cinematografiche delle più belle storie dello sport mondiale. Un excursus tra realtà e fantasia, in cui la prosa del reale diventa poesia della finzione e su cui i maestri del cinema appongono la ciliegina finale, grazie alle magistrali interpretazioni dei protagonisti e la firma d’autore di registi e sceneggiatori. In questa puntata parliamo di Invicuts, il capolavoro di Clint Eastwood, che racconta la favola della nazionale sudafricana di rugby, vincitrice del Campionato Mondiale del 1995

C’è ancora chi pensa che lo sport sia un mondo chiuso in sé stesso, che nulla abbia a che fare con la vita vera e con la storia, la politica, i valori umani. Che tutto si consumi all’interno di stadi, palazzetti o piste e il resto del mondo che sta fuori, resta fuori.

Una superficialità per fortuna abbondantemente smentita dai fatti e soprattutto dalla storia stessa. Nel 1995 in Sudafrica, mentre si disputava la Coppa del Mondo di rugby, allo stesso tempo si scriveva una pagina di politica che sarebbe rimasta indelebile.

Tutto grazie all’inattesa vittoria finale dei padroni di casa, arrivata anche con il contributo del neopresidente Nelson Mandela. Questa vicenda viene prima raccontata dal libro di John Carlin Ama il tuo nemico e poi raffigurata dallo splendido film Invictus.

L’Invincibile

Uscita nel dicembre del 2009 per la regia di Clint Eastwood, all’inizio del 2010 questa pellicola vince 3 Golden Globe e 2 premi Oscar. I protagonisti principali sono Morgan Freeman, nel ruolo di Nelson Mandela e Matt Damon che veste i panni del capitano degli Springboks, François Pinaar.

Saranno entrambi autori di interpretazioni fantastiche, ma le vicissitudini che li condurranno nel cast di questa produzione saranno piuttosto singolari.

Morgan Freeman verrà scelto senza visionare nessun altro attore, in quanto amico fraterno di Mandela, che dal canto suo non sente ragioni: il film si sarebbe fatto solo con Freeman.

Mentre Matt Damon viene scelto nonostante i dubbi dello stesso Damon: François Pienaar è più alto e più grosso di lui, ma Eastwood non avrà ripensamenti: «Lascia fare a me, tu pensa solo alla parte», dirà in ultima istanza per vincere le resistenze di Matt.

Il trailer italiano di Invictus.

Il primo Presidente

Nel 1990 con la fine dell’apartheid e dopo 27 anni di prigionia, Nelson Mandela, attivista per i diritti dei neri e leader del Partito Comunista sudafricano, viene scarcerato. Nel 1993 vince il Premio Nobel per la pace e nel 1994 viene eletto Presidente della Repubblica Sudafricana, il primo non-bianco della storia.

Dopo decenni di suprematismo dei bianchi afrikaner, quando Mandela diviene Presidente il suo popolo è convinto che il nuovo corso renderà loro giustizia. Ma non è quello che ha in testa il Presidente e lo si capisce fin dal suo insediamento: chiede agli impiegati, che fino al giorno prima lavoravano per il vecchio governo, di restare e continuare a svolgere il loro lavoro per il nuovo esecutivo.

Gli Springboks

Anche gli Springboks, che simboleggiano il Sudafrica dell’apartheid, rischiano grosso. A causa dell’embargo che li esclude da ogni competizione sportiva internazionale sono stati esclusi dalle prime due edizioni dei mondiali di rugby.

Quando però il veto cade, a seguito della politica riformista del presidente De Klerk, il Sudafrica non solo può prendere parte alla rassegna iridata, ma il 14 aprile 1992 gli viene comunicata l’assegnazione dell’edizione che si terrà nel 1995.

La federazione però vuole presentarsi per l’occasione con una nuova compagine, abolendo gli Springboks e cambiando simbolo, colori, nome…tutto. La decisione sembra condivisa da molti, Mandela però interviene e blocca la riforma. Pochi comprendono questo suo gesto.

La squadra di un popolo

Mandela sa che mettere al bando gli Springboks causerebbe ulteriori divisioni e reazioni violente. Vuole conservare la tradizione sportiva, cambiando però il significato politico: devono diventare la squadra di tutta la nazione.

Così invita il capitano, François Pienaar, nella sua dimora e gli illustra il suo piano: unire la nazione attraverso il rugby. François deve diventare il Presidente in campo. È l’inizio non solo di una collaborazione di grande successo, ma anche di una amicizia.

Pienaar, da vero leader, comincia un lento lavoro di cambiamento dall’interno dello spogliatoio. Non solo trasmette attraverso i suoi comportamenti il messaggio di Mandela, ma alimenta le ambizioni dei suoi compagni. Tanto che per la prima volta nella storia, un giocatore di colore fa parte della nazionale sudafricana: il suo nome è Chester Williams.

Scena tratta dal film Invictus: Mandela interviene per salvare gli Springboks.

Nessuno conosce il reale potenziale dei padroni di casa, visto che nei 10 anni precedenti non hanno potuto misurarsi con nessuno avversario. Secondo i pronostici più accreditati, se superassero il primo turno, sarebbe un enorme successo.

Ma per Mandela non è abbastanza, affinché il suo progetto abbia una possibilità di riuscire, serve arrivare almeno alle semifinali. Anche in questa occasione come in tante altre in passato, la realtà finisce per superare la fantasia. Dirà lo stesso Pienaar: «Nessuno sceneggiatore di Hollywood, avrebbe potuto scrivere un copione migliore».

Coppa del Mondo 1995

Sarà una cavalcata irresistibile, quella degli Springboks. Si comincia col botto: al debutto battono a sorpresa l’Australia, campione del mondo in carica, col punteggio di 27 a 18. Poi, come da pronostico, passeggiano su Canada e Romania, piazzandosi così al primo posto del loro girone.

Accedono alla seconda fase nella parte più agevole del tabellone, mentre dall’altro lato ci sono tutte le squadre migliori: Nuova Zelanda, Australia, Inghilterra e Scozia. Il Sudafrica vince facilmente contro Samoa e in semifinale trova la Francia, che è una squadra di tutto rispetto, ma non è una britannica. Dall’altra parte, invece, tutti gli incontri equivalgono a finali anticipate.

Pienaar e compagni superano anche i transalpini, col risultato di 19 a 15 al termine di una partira molto equilibrata. Mentre la Nuova Zelanda asfalta prima la Scozia per 48 a 30 e poi l’Inghilterra per 45 a 29.

La finale vedrà quindi gli Springboks affrontare gli All Blacks. Più che uno scoglio, una catena montuosa da superare. I neozelandesi sono riconosciuti come i più forti al mondo, che possano vantare o meno il titolo di campioni.

La Haka degli All Blacks e la contrapposizione dei sudafricani.

La sfida agli All Blacks

I neozelandesi iniziano a vincere le loro partite ancora prima giocarle, nel momento in cui si esibiscono nella Haka, la danza tribale maori. Tanto è bella quanto spaventosa, per chi la osserva da vicino.

I sudafricani però fanno qualcosa di inatteso: mentre gli avversari si cimentano in salti, urla e linguacce, si cingono la vita, formando una lunga fila e passo dopo passo, si avvicinano a pochi centimetri da loro. Il messaggio è chiaro: “Non ci fate paura“.

La finale è un’altalena di emozioni, le due squadre passano a condurre a fasi alterne. I tempi regolamentari terminano col risultato di 9-9. Si va al tempo supplementare: i neozelandesi realizzano un calcio piazzato e vanno sul 12 a 9.

La vittoria sembra cosa fatta per i Kiwi, ma all’ultimo minuto il Sudafrica pareggia. Si gioca un altro tempo supplementare. Al terzo minuto tornano avanti i padroni di casa, poi nei restanti 7′ erigono una “linea Maginot” e portano a casa un insperato successo.

La vittoria di Mandela

Gli Sprinngboks sono Campioni del Mondo. Nelson Mandela in persona, consegna la coppa nella mani di Francois Pienaar, sussurrandogli questa frase: «Grazie per quel che hai fatto per il Sudafrica».

Qualche giorno dopo, il CT neozelandese Laurie Mains dichiarerà che la sua squadra non ha potuto disputare la finale al meglio delle proprie possibilità, a causa di una misteriosa intossicazione alimentare.

Una certa Suzie, cameriera dell’hotel dove alloggiavano gli All Blacks, sarebbe stata la responsabile dell’avvelenamento delle bevande a loro destinate. Ma di leggende metropolitane, vedi alibi, il mondo dello sport è pieno.

Pienaar, dopo lo straordinario mondiale, andrà a giocare in Inghilterra, la patria del rugby. Il tempo darà ragione a lui e a Mandela: ancora oggi la vittoria della coppa del mondo è unanimemente riconosciuta come un passaggio essenziale della nuova idea di nazione che stava nascendo dalle ceneri di un Paese razzista, retrogrado e criminale.

L’ultimo minuto di gioco e il fischio finale della partita tra Sudafrica e Nuova Zelanda, finale della Coppa del Mondo di Rugby 1995.