Il 22 giugno 1969, l’ennesimo incendio a Cleveland catturò l’attenzione del Time. La notizia non stava nella portata dell’incendio, ma nel luogo in cui le fiamme divamparono: il Cuyahoga, fiume di Cleveland. Il fiume prese la particolare nomea del fiume che prese fuoco, a causa della serie di incendi che divamparono dalle sue acque estremamente inquinate.
A cura di Francesco Chirico
Cleveland fu fondata proprio alla foce del Cuyahoga, che qui si immette nel lago Erie, in Ohio. Qui, prima degli attuali americani, vivevano gli Irochesi, tribù di nativi americani, che diedero l’attuale nome al fiume, che significa letteralmente “fiume tortuoso”. Prima ancora degli Irochesi il fiume non era così tortuoso, lungo solo 50 km. Con il ritiro dei ghiacci dell’ultima glaciazione, circa 10 mila anni fa, le acque del Cuyahoga si trovarono a scorrere nelle morene lasciate dai ghiacciai, e si scavarono man mano l’attuale corso del fiume: 160 km di anse e meandri.
I disastri della seconda rivoluzione industriale
Che sulle sponde ci fossero americani nativi o meno, dal punto di vista del fiume cambiò poco, almeno fino alla seconda rivoluzione industriale. Con l’arrivo di un’enorme quantità di nuove tecnologie, macchinari e motori, Cleveland si popolò di fabbriche che usavano l’acqua del fiume, e scaricavano i liquami nel fiume stesso, senza nessun tipo di vincolo. Il fiume iniziò a cambiare colore, invece dell’acqua si vedevano liquami oleosi in superficie, mentre sul fondo si accumulavano rifiuti e metalli pesanti. La temperatura si alzò da 5.6°C a 8.3°C, e la trasparenze delle acque era di appena 15 cm. Tutto questo eliminò ogni forma di vita dal corso del fiume, se non i grossi macchinari industriali, e diede vita a una lunga serie di incendi.
Dal 1868 si registrano almeno 13 incendi, di cui il più grosso, nel 1952, causò un milione di dollari di danni. In questi conti rimane fuori, come spesso accade, tutto ciò che non era monetizzabile, come la qualità dell’acqua. Il fiume da solo non aveva armi per difendersi, e finché non ci furono seri danni economici causati dagli incendi, non si fece molto per tutelare l’ambiente fluviale.
Anche il 1952 passò senza che nulla fosse fatto per il Cuyahoga, nonostante un investimento di 100 milioni di dollari da parte del nuovo sindaco Carl Stokes, per ripulire il fiume cittadino. Si deve arrivare al 1969, quando anche il Time si interessò alla questione del Cuyahoga, inaugurando la sezione “ambiente”. I giornalisti non ci andarono leggeri, e definirono il Cuyahoga il fiume che trasuda anziché scorrere (oozes rather than flows) e in cui una persona non annega ma si decompone (does not drown but decays).
L’eredità del Cuyahoga
Le foto dell’acqua di un fiume che brucia non passarono certo inosservate, e dal 1969 in poi sia la popolazione che le istituzioni si mobilitarono per cambiare la situazione.
Randy Newman, i R.E.M. e Adam Again pubblicarono dei singoli al riguardo (Burn On, Cuyahoga, River on Fire), e il birrificio di Cleveland (Great Lakes Brewing Company) fece una birra ad hoc per il Cuyahoga, la Burning River Pale Ale.
Le istituzioni fecero il loro: dagli incendi del Cuyahoga nacquero il Clean Water Act, il Great Lakes Water Quality Agreement, l’agenzia federale Environmental Protection Agency (EPA) e l’Ohio Environmental Protection Agency (OEPA).
Il Clean Water Act (CWA) è stata la prima legge americana a tutelare le acque, mantenere la loro qualità e gestire i fondi e le direttive per il risanamento di acque e aree umide. Fino a questa vicenda le acque americane non erano tutelate, e ogni fonte di inquinamento delle acque dipendeva solo dal singolo cittadino.
Per il Cuyahoga intanto nel dicembre 1970 ci fu la prima grossa inchiesta sull’inquinamento fluviale, i responsabili per l’inquinamento del Cuyahoga furono individuati in 12 grandi industrie, e nel 1998 il fiume venne inserito nella lista dei 14 fiumi del patrimonio nazionale americano.
Il risanamento del Cuyahoga fu comunque molto lungo, a causa di altre fonti di inquinamento diffuse in tutto il bacino idrico e alla stagnazione delle acque a ridosso delle dighe. Solo nel 2019, l’OEPA ha dichiarato che la fauna ittica del fiume, ormai tornata ad abitare in queste acque da anni, era di nuovo commestibile.