Sono quarant’anni che “The Wall” divide come una linea immaginaria il panorama artistico e musicale in un prima e un dopo. La risonanza che ne accompagnò l’uscita fu enorme e la spettacolarità dei concerti live per anni riempì gli stadi e gli occhi degli spettatori, incantati da un successo senza tempo.

L’opera rappresentò uno spartiacque anche all’interno della stessa parabola artistica dei Pink Floyd. Già prima dell’uscita del doppio lp, nel 1979, la predominanza compositiva di Roger Waters, vocalist e bassista, era pressoché totale e avrebbe portato, di lì a pochi anni, alla sua separazione dalla band.

Oltre a essere un riferimento musicale imprescindibile, è pervenuto un grande repertorio di immagini che riempiono con macabri cartoni animati, frutto della fantasia di Gerald Scarfe, il mondo svuotato di contenuto di Floyd Pinkerton, protagonista dell’opera e dell’omonimo film del 1990, “Pink Floyd – The Wall” diretto da Alan Parker.

Uno dei tanti disegni macabri che caratterizzano The Wall. Immagine tratta da inews.co.uk

La prima traccia dell’album: “In the flesh?” ci catapulta in carne e ossa ai piedi di un palco dove un prologo teatrale ci introduce in un viaggio psicologico, la quest di un personaggio che assume le caratteristiche di un eroe moderno.
Il percorso non sarà semplice; non è il tipico spettacolo a cui si assiste comodamente adagiati su poltroncine rosse.
Si tratta infatti di quella che si potrebbe definire un’autentica guerra del cammino e sul palcoscenico si passa sotto la lente d’ingrandimento l’anima del protagonista di questo “Truman show” ante litteram: le immagini, la musica e le parole dei testi ci costringono ad approfondire i lati più reconditi del suo essere e della società che lo circonda.

Pink è un ragazzo nato in anni segnati dalla guerra e, come Roger Waters, ha perso il padre nella seconda guerra mondiale.
Un’esistenza che fin dalla tenera età viene caratterizzata dalla mancanza, una costante che lo accompagnerà per tutta la storia.
All’assenza del padre si contrappone una figura materna totalizzante il cui unico desiderio sembra essere quello di trattenere il figlio, infondendogli ogni tipo di timore e creandogli attorno una barriera protettiva all’unico scopo di imprigionarlo tra le sue braccia e non farlo volare via. Queste le strofe del brano “Mother”, traccia numero sei dell’album:

Mama’s gonna make all your nightmares come true
Mama’s gonna put all of her fears into you
Mama’s gonna keep you right here, under her wings
She won’t let you fly but she might let you sing

La madre di Pink, le cui braccia sono pareti di un muro che vuole cingerlo e non lasciarlo andare via. Immagine tratta da thewallanalysis.com

C’è poi la scuola, gli anni più felici della vita, dove, ancora una volta, Pink è vittima di un’istruzione malata, preda di una classe di insegnanti che sbeffeggia e mette in ridicolo i ragazzi, colpevolizzandoli per ogni moto di immaginazione e riversandogli addosso le proprie frustrazioni.
Alla volontà di allevare una generazione di cloni, cresciuti come carne da macello da buttare nel calderone dell’esistenza, le nuove leve cantano in coro la loro ribellione: We don’t need your education!
Gli ultimi spezzoni del video di “Another Brick in the wall II”, accompagnati dall’assolo di chitarra di David Gilmour, ci mostrano l’inesorabile marcia di martelli che avanzano a passo d’oca, metafora dell’ omologazione della società moderna.

Il brano più rapprsentativo dell’intero album: Another brick in the wall II. Video tratta da youtube.com

Si passa poi agli accordi di Goodbye blue sky, la traccia numero sette dell’album, che ci introduce ad un altro macrotema: la guerra.
Piano piano sta crescendo nella mente del nostro Pink un grande muro che si nutre delle debolezze e degli spazi lasciati vuoti da una società che non dà nessun tipo di sicurezze.
Non dobbiamo dimenticare che nel 1979 il mondo ha un’architettura geopolitica fondata sulla divisione.
Il muro, quello di Berlino, è ancora in piedi e ricorda continuamente l’instabilità globale legata con una corda sottile alle decisioni dei due blocchi. L’equilibrio potrebbe spezzarsi da un momento all’altro riportando nuovamente la guerra in Europa, e nel mondo.
I governanti ci appaiono sempre in assetto militare e l’ombra del conflitto incombe sul grigio cielo di Londra come un’enorme aquila nera, riportandoci inesorabilmente all’immaginario e alla simbologia nazista.

L’immagine simbolica di un’aquila che brandisce tra i suoi artigli di ferro un intero pezzo della città di Londra. Immagine tratta da art-loft.ch

L’ultimo tentativo di uscire dalla spirale di vuoto che avvolge il nostro protagonista è quello di cercare una donna, una ragazza che lo faccia sentire vivo, una “dirty woman” che lo ridesti dal torpore che avvolge la sua esistenza.
Il timbro rock di Young lust esprime bene quest’ultimo moto d’orgoglio.
Ma è una sfida già persa in partenza: l’ingombrante figura materna non ha lasciato posto per gli affetti nel cuore di Pink.
L’incontro con una donna, in una stanza d’albergo è contraddistinto dal silenzio: il protagonista siede su una poltrona, lo sguardo perso fissa lo schermo di una televisione accesa.

In un’immagine tratta dal film del 1990 vediamo una ragazza che cerca di comunicare senza successo con il protagonista.

La rabbia coglie Pink: una furia cieca lo porta a distruggere l’intera stanza d’albergo dove risiede. Non vuole più nessuno: la costruzione è completa e il muro si erge altissimo dividendo la sua anima dal mondo esterno.

Sono ben tre, nel primo Lp, le tracce intitolate “Another brick in the wall” e sono continui i riferimenti musicali che rimandano alla sinfonia del tema principale, proponendo efficacemente l’idea dell’inesorabile crescita verticale di questa impenetrabile barriera.
Mattone sopra mattone, la struttura imprigiona il protagonista in uno sconfinato universo di solitudine.
Una solida malta, una miscela di mancanze e vuoti tiene insieme il muro: la mancanza del padre, la mancanza di affetti, la mancanza di comunicazione con la realtà esterna, la mancanza di sicurezza in un mondo alla mercè dei capricci dei potenti.
Non ci sono punti di riferimento: Pink non ha nulla se non sé stesso.
In un clima lugubre scandito dalle note del basso di Waters, poche frasi accompagnano la fine della prima parte dell’album e di questo articolo. Parole che non lasciano intravedere nulla di positivo, anzi, sembrano condurre al suicidio del protagonista: addio mondo crudele.

Goodbye cruel world
I’m leaving you today
Goodbye
Goodbye
Goodbye

Goodbye, all you people
There’s nothing you can say
To make me change my mind
Goodby
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