Quando pochi mesi fa il portale brasiliano Globo Esporte ha indetto un sondaggio per scegliere il gol più importante della storia del Cruzeiro, i tifosi hanno avuto pochi dubbi. Il 51% dei votanti ha scelto la rete più “anziana” tra quelle in gara, segnata nel 1976 e decisiva per regalare alla Raposa (Volpe) la prima Copa Libertadores della propria storia
Fin qui, nulla di strano, data l’occasione prestigiosa. A stupire di più, è il fatto che quel gol sia rimasto impresso nella memoria collettiva tanto da ottenere, 44 anni dopo, oltre il triplo delle preferenze della seconda rete più votata, quella di Geovanni, che nel 2000 decise al 90′ la finale di ritorno di Copa do Brasil contro il São Paulo. Trofeo meno importante, tutto vero, ma persino la firma di Elivelton sull’atto finale della Copa Libertadores 1997 si è fermata al 13% dei voti.
Di certo, a ben guardare, le ragioni per considerare quel momento così speciale non mancano – si trattava dopotutto del primo titolo internazionale conquistato dal Cruzeiro, ottenuto peraltro battendo il River Plate, che aveva già scritto pagine indelebili di storia del calcio sudamericano e non solo. Ma forse, a rendere quella rete tanto affascinante è il fatto che sia stata impossibile da prevedere, addirittura “rubata”, azzardano alcuni. Insomma, un gol che non avrebbe mai dovuto essere segnato.
Per il Cruzeiro, quella finale di Copa Libertadores rappresentava un appuntamento con la storia, ancor di più date le recenti amarezze. Nel 1966, la squadra di Belo Horizonte era diventata la prima della regione di Minas Gerais a vincere il titolo nazionale (sul Santos di Pelé), all’epoca chiamato Taça Brasil, frutto di una generazione d’oro che includeva Tostão e che, qualche anno dopo, avrebbe innervato la Seleção campione del mondo nel 1970. Sulla scia di quel trionfo, il club nato nel 1921 sotto il nome di Societá Sportiva Palestra Itália sperava di poter arricchire una bacheca fin lì rimasta piuttosto vuota, fatta eccezione per i titoli collezionati nel campionato regionale, nel quale però, tolto l’Atlético Mineiro, la concorrenza era piuttosto scarsa.
Invece, con la permanenza ad alti livelli arrivarono alcune brucianti delusioni. Dopo il terzo posto del 1973, nelle due stagioni successive il Cruzeiro vide sfumare la vittoria in campionato in modo assai crudele: prima perdendo contro il Vasco da Gama un controverso spareggio necessario in seguito all’arrivo a pari punti nel quadrangolare finale, e poi cedendo 1-0 di fronte all’Internacional nel 1975.
L’anno seguente, fu proprio l’Inter de Porto Alegre, nel quale militava Falcão, a inaugurare la marcia che avrebbe portato il Cruzeiro a entrare nella storia dalla porta principale, quella del continente. Il 5-4 maturato a Belo Horizonte è ancora oggi considerato uno dei match più belli nella storia del Mineirão, stadio che il club aveva inaugurato soltanto pochi anni prima. Tra i tanti protagonisti di quell’incrocio al cardiopalma spiccava João Soares de Almeida Filho, in arte Joãozinho, autore di due gol e altrettanti assist che trascinarono il Cruzeiro oltre il primo scoglio del girone iniziale, che sarebbe poi stato superato a gonfie vele.
Joãozinho a Belo Horizonte era nato e sempre a Belo Horizonte aveva immaginato la sua carriera negli anni che gli erano valsi la fama di uno dei più forti del quartiere, trascorsi a dribblare persone e oggetti ad altissima velocità. Per l’ingresso nelle giovanili del Cruzeiro, però, ci era voluta l’intercessione del padre, che lavorava come autista di autobus nell’azienda di proprietà di un dirigente del club, Carmine Furletti. Se il provino fu una formalità, Joãozinho ebbe più difficoltà ad abbondare una delle passioni più grandi oltre al calcio, la sigaretta, almeno fino a quando le minacce di essere escluso dalla società lo costrinsero a imboccare la strada più saggia.
Pur calciando col destro Joãozinho veniva schierato sull’out di sinistra, in un’epoca nella quale l’attaccante schierato a piede invertito non era ancora di moda. Questa stranezza aiutò il giocatore a farsi notare, ma soprattutto a stordire i suoi marcatori, abituati ad affrontare avversari mancini e spesso disorientati di fronte ai suoi tagli con i quali cercava di liberare il proprio destro. Dopo l’esordio in prima squadra del 1973, Joãozinho divenne una pedina fondamentale della squadra che sfiorò il titolo nazionale per due volte prima del 1976 e di quella gara con l’Internacional che il giocatore stesso ha definito «la migliore mai disputata in vita mia». A quel punto, per una squadra temprata dalle recenti delusioni, la strada era tracciata – il Cruzeiro arrivò alla doppia finale con il River Plate da imbattuto, gonfiando la rete 38 volte in 10 partite. Il dominio sembrò proseguire anche nell’atto conclusivo: nel match di andata giocato al Mineirão i Millonarios furono sconfitti 4-1.
Ma erano altri tempi, un altro calcio e con altre regole. Una settimana dopo, la vittoria argentina per 2-1 al Monumental costrinse le due squadre a disputare altri 90′, questa volta decisivi per davvero, sul campo neutro di Santiago del Cile.
Avanti 2-0 dopo meno di un’ora, il Cruzeiro vide risvegliarsi i fantasmi delle ultime due stagioni: il River rimontò nel giro di cinque minuti e il risultato rimase bloccato fino alle battute finali. Ma proprio mentre i tifosi della Raposa si preparavano ai supplementari, e presumibilmente al peggio, un segno ridiede loro speranza. Al 43′, l’arbitro fischiò un fallo al limite dell’area argentina: il compito era di un uomo solo, Nelinho, ovvero uno dei migliori calciatori di punizioni al mondo, che immediatamente prese posizione sul punto di battuta. Nella concitazione generale, con i giocatori del River consci del pericolo e intenti a protestare, Nelinho discusse con un compagno, che gli chiedeva di optare per un’altra soluzione, e poi si chinò per sistemare alla perfezione uno dei palloni più importanti della sua carriera. Qualche passo indietro per la rincorsa…
Proprio mentre Nelinho era di schiena, Joãozinho, che era sempre rimasto lì affianco – pensando chissà cosa – sfidò non solo la logica, ma probabilmente la storia stessa, che si aspettava altro. Con un mezzo passo furtivo, si avvicinò al pallone e lo calciò con il destro: la parabola che ne uscì lasciò immobili tutti tranne lui, Joãozinho, che mentre la sfera entrava in rete era già lanciato in una corsa a perdifiato, inseguito dai compagni che provavano a stargli dietro tra i quali c’era, neanche a dirlo, Nelinho, appena “derubato” nella maniera più dolce possibile. Dopo il fischio finale, però, nemmeno l’euforia dei festeggiamenti riuscì a sfondare il muro di rigore di Zezé Moreira, allenatore del Cruzeiro, che nello spogliatoio non usò mezzi termini: «Sei un ragazzino! Un irresponsabile! Che cos’hai in testa?». Durante il giro di campo celebrativo, Copa Libertadores in mano, fu il vice-presidente Carmine Furletti, proprio colui che aveva dato a Joãozinho la prima chance nel club, a impedire che Moreira aggredisse l’attaccante.
Per il tecnico, evidentemente, il buon esito non poteva cancellare l’affronto ricevuto, ma se ne sarà fatta una ragione. Dopotutto, anche a più di 40 anni di distanza, quell’atto di disobbedienza rimane per i tifosi il momento più bello della storia del Cruzeiro.