“Portatevi una camicia in più, perché le discussioni potrebbero proseguire fino a domenica”.

Al via il Consiglio europeo straordinario sul Recovery Fund e sul bilancio 2021-2027, il primo in presenza dopo quattro mesi. Si terrà oggi e domani da programma, ma ai capi di stato pare sia stato consigliato di tenersi pronti a un prolungamento delle trattative.
Il clima è teso, i leader dei 27 sono chiamati a decidere ammontare e destinazione di una valanga di denaro, necessaria a far ripartire l’economia continentale devastata dalla pandemia.

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La già non semplice negoziazione sul Fondo Next Generation EU, è complicata dalla trattativa sul bilancio dei prossimi 7 anni, su cui il Recovery Fund dovrà poggiare. Sul tavolo dei leader ci sarà la proposta del presidente del Consiglio europeo Charles Michel di ridurre da 1.100 a 1.074 miliardi di euro il bilancio del prossimo settennato, mantenendo inalterato a 750 miliardi il Fondo per la Ripresa.

Riunitisi virtualmente ad aprile nello scordo Consiglio, i leader dei 27 un pacchetto fino a 540 miliardi di euro: con nuovi prestiti per le imprese da parte della BEI, con il Sure da 100 miliardi per integrare le casse integrazioni dei paesi membri e con anche il Fondo salva-stati (Mes) per le spese sanitarie. A maggio la Commmissione di Ursula von Der Leyen aveva finalmente svelato le carte per il fondo per la ripresa: 750 miliardi, 500 di sussidi a fondo perduto e 250 di prestiti. Una cifra semplicemente senza precedenti nella storia europea, per cui si apre ora il vertice decisivo per contrattare, soprattutto: il definitivo ammontare e la redistribuzione in maniera asimmetrici i fondi sulla base dei danni inferti dalla pandemia; il meccanismo di supervisione nell’utilizzo dello strumento, a partire dalla possibilità che possa venir approvato all’unanimità; e le tempistiche, coi primi fondi che dovrebbero arrivare nel 2022, il resto entro il 2024 – così ha ipotizzato il Commissario Ue, Paolo Gentiloni.

Alla vigilia dell’incontro, restano distanze notevoli. Ancora non ci siamo, un accordo questo fine settimana è tutt’altro che garantito. Per questo vanno avanti trattative e incontri, con l’Italia che fino all’ultima prova tenta di fare squadra con gli altri paesi del fronte Mediterraneo.

Sono in partenza per Bruxelles, stiamo affilando… stavo per dire affilando le armi ma mi sembra una metafora impropria, stiamo affinando la lettura dei dossier per questo rush finale. Speriamo che sia proficuo

Il premier Conte in settimana è stato chiamato agli straordinari internazionali. Incassato il via libera delle Camere, dopo il colloquio con il Capo dello Stato Mattarella – che in una nota aveva indicato la linea: “Nessun compromesso verso il ribasso o soluzioni pasticciate che non verrebbero capite dai cittadini e dai mercati. Serve una risposta europea all’altezza della crisi che stiamo vivendo” – il premier Conte ha ora concluso il suo tour con i due principali europei.

Merkel e Macron sono grandi sponsor di un pacchetto di sussidi da almeno 500 miliardi.
L’impressione è che, nonostante il “flirt”, il premier non l’abbia del tutto “spuntata”. La cancelliera tedesca in settimana ha affermato come “Italia e la Germania concordino ampiamente sul pacchetto”, per poi fare sfoggio delle proprie precauzioni in vista del Consiglio: “Devono ancora essere costruiti ponti, non posso dire oggi se raggiungeremo un accordo venerdì”.

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Principale ostacolo rimane l’Olanda, ormai l’unico dei cosiddetti “frugal four” a puntare i piedi sull’approvazione e sul successivo monitoraggio dei piani di riforma nazionali da portare avanti, in cambio dei fondi. Questo, al momento, sembra essere lo scoglio principale per chiudere un accordo. Mentre sembra più probabile un compromesso tra i 27 sulle cifre del Recovery Fund, la composizione tra sussidi e prestiti, durata dei finanziamenti, ripartizione tra i vari paesi e le varie poste del bilancio pluriennale.

In fondo, gli stessi frugali hanno degli interessi da portare avanti nella trattativa. Come gli sconti sui contributi da versare ogni anno a Bruxelles, privilegio da cui godono da tempo e a cui non vogliono rinunciare. Anche l’Ungheria, che promette battaglia sul principio di legare i fondi europei al rispetto dello stato di diritto, potrebbe poi ammansirsi in cambio di qualche soldo in più.

“Il momento è adesso” ripete il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e in effetti più di una cancelleria teme che un’eventuale pausa con successivo rinvio di qualche giorno o settimana possa essere controproducente e rischi di allontanare la possibilità di un’intesa.