Forse non siamo particolarmente istruiti né acculturati, e non sempre curiosi, ma siamo straordinari. Siamo fuori dall’ordinario in virtù del nostro cervello, capaci di essere i migliori in uno sport che si gioca con i piedi

A parlare è Vikash Dhorasoo, calciatore.
Ragazzo di Caucriville, un quartiere della periferia di Le Havre, porto della Normandia.
«Ho giocato a calcio sotto il mio palazzo e ne ho fatto il mio mestiere».

Ha scritto un libro, Con il piede giusto, nel 2017 a dieci anni dall’addio al calcio.
Dopo una carriera che, da sotto il suo palazzo nelle case popolari che odorano di curry e frittura, lo ha portato a San Siro e alla finale di Berlino 2006. Un regista, all’occorrenza mezzala, al servizio della squadra. Ha collezionato 300 presenza in Ligue 1, 12 nel Milan finalista di Champions e 18 nei blues vice-campioni del mondo. Tra vizi e sacrifici, ha vinto due scudetti e guadagnato milioni.

Un appassionato del gioco che è diventato il suo mestiere.
«Recentemente ho letto: “Il gioco significa concedersi una libertà, astrarsi volontariamente dal reale, rimettere in discussione gli obblighi e immaginarsi un mondo dove stare”. Ho fatto mia questa definizione, mi va bene».

Un amante delle sfide, del conflitto sul campo.
«Un giorno ho chiesto a Carlo Ancelotti cosa avrebbe scelto tra un film al cinema e una partita di calcio, e lui mi ha risposto di getto: “La partita, perché il calcio è irripetibile”. Il calcio non si ripete mai. Ha ragione il “Mister”. La sorpresa viene proprio da lì. Anch’io non scambierei mai un film, nemmeno un buon film con un incontro di calcio».

In linea teorica ci sono tutti i crismi per una bella storia di realizzazione tramite lo sport: «Le Havre è una città dura dove il calcio recita un ruolo importante. Riunisce la città. È una bella storia d’amore quella che si gioca allo stadio, all’ingresso cittadino».

A chiarire tono e finalità del libro è sin da subito l’autore.
«È una storia intima e felice. Una storia benevola, senza rancori né spirito di rivalsa. Non una storia contro qualcuno, semmai una storia con tutti. Una storia ad altezza d’uomo. Alla mia altezza».

È il calcio: uno sport collettivo fatto di individualità

Non è la solita autobiografia di uno sportivo quella di Vikash Dohorasoo, calciatore e professionista di poker.

Il nazionale francese che durante i mondiali del 2006, in cui non gioca nemmeno un minuto, si improvvisa regista. The Substitute è un docufilm girato con la Super 8 per riprendere sé stesso sempre e solo seduto mestamente in panchina, che ha destato polemiche in Francia. «Nel frattempo, Dhorasoo filamava i suoi piedi» ha raccontato il CT Raymond Domenech, a cui il calciatore-regista ha risposto raccontando la sua versione nell’editoriale “Alone Together” su Le Monde.

Uno che a 34 anni ha detto basta al calcio per poter mangiare costate e patatine fritte, al posto di broccoli e pesce bollito. Che ha smesso quando «la mia stanchezza, la mia esasperazione e la mia arroganza hanno preso il sopravvento». Il giocatore talentuoso che forse non ha sfruttato al massimo le sue opportunità, a tratti svogliato, sicuramente egocentrico.

Faccio le cose al contrario, ma è la mia vita. Sono soddisfatto

Non è questo il tema di Con il piede giusto, autobiografia di Vikash Dhorasoo, calciatore, professionista del poker e politico.

Il giocatore “troppo piccolo, troppo indiano, insomma sempre troppo qualcosa”. Quello che riconosce nel calcio la funzione di “collante sociale”. Quello che legge La Repubblica e Libération a Milanello. Che parla di “ego trip” ed “endogamia”, vede la Francia come «un paese basato sull’eredità, dove la mescolanza sociale non esiste».

Uno che sa giocare nel conflitto, che concepisce il calciatore come un dipendente, ben pagato, ma “un operaio del calcio”, l’anello debole della catena coi procuratori che sono “moderni negrieri” ed il prestito come un “affitto”.
«Sono uno dei primi calciatori della storia a farsi licenziare, e per decenza, ovviamente non potrò neanche lamentarmi».

Nella mia vita, ho scelto di essere dalla parte delle minoranze, perché sono uno di loro, vivevo con loro

Il ragazzo che viene «dagli assegni familiari, dalla previdenza sociale e dai sussidi di disoccupazione. E ne vado molto fiero». Uno che vota a sinistra, come i suoi genitori e le sue figlie. Che ha fondato Tatane, un movimento che si batte per un calcio gioioso e sostenibile, un ponte tra sport e cultura che crede che “un altro calcio è possibile”. Il militante impegnato contro l’emarginazione sociale e il razzismo, “una miseria intellettuale”. Il candidato sindaco alle elezioni comunali di Parigi per la France Insoumise, l’estrema sinistra transalpina.

Le persone di sinistra nel calcio sono una manica di stronzi

La mia vita non è migliore della loro, è semplicemente diversa

Sono le contraddizioni a rendere interessante la vita e la carriera di Vikash Dhorasoo.
Lui stesso riconosce «una constatazione che faccio e che continuerò a fare: son un borghese bohémien, un radical chic insomma».

Con il piede giusto è un libro a campo aperto: impegnato, onesto, egocentrico. È un libro reale: una biografia non agiografica.
Uno che ha servito il sistema. «L’ho servito perché amavo più di qualunque altra cosa giocare a calcio. Volevo giocare a tutti i costi al calcio, anche se ciò avrebbe potuto portarmi ad avere a che fare con uomini che la mia morale disapprova. Avrei giocato a calcio persino per la setta di Moon in Corea del Sud o addirittura per Berlusconi. Avrei potuto, sì. Meglio l’ho fatto»

Una sera in discoteca, un tipo mi avvicina:
“Sono contento di parlarle perché lei, lei non è come gli altri giocatori, non ha il quoziente intellettivo di un’ostrica”.

Gli rispondo che non sono intelligente, ma un calciatore

I calciatori sono ignoranti, viziati e stupidi. Molti esempi potranno confermare questo pregiudizio, ma questo libro è qui per sfatarlo.
Con il piede giusto è veramente un libro scritto da un calciatore, giocatore di poker e politico, semplicemente Vikash Dhorasoo.

Con il piede giusto fa parte della collana “Vite inattese” della casa editrice 66th and 2nd