Il progressivo disimpegno USA e l’uscita dall’Unione della Gran Bretagna spingono l’Europa all’esame di maturità. Occorre che gli stati membri si assumano la responsabilità e con coraggio traghettino il vecchio continente verso una soluzione che possa garantire la sopravvivenza all’area. 

L’idea di Europa è stata declinata in molti aspetti; ora occorre affrontare la questione in maniera pragmatica: serve un soggetto continentale che possa calmierare le spinte egemoniche delle due superpotenze. La nuova politica americana sta abbandonando il vecchio scacchiere per rivolgere l’attenzione nel mar della Cina e nel Pacifico; questo orientamento è dettato da motivazioni strategiche e commerciali: belt and road initiative (la via della seta cinese); il corrispettivo giapponese, un accordo che ha come obbiettivo coordinare trasporti, energia e progetti digitali, creando un ponte tra Asia ed Europa.

Le forze europeiste parlano di realizzazione dell’unione politica in senso federale, eppure sembra che manchi sempre qualcosa per raggiungere il risultato.

Un parallelo storico riporta alle discussioni sulla realizzazione dell’unità italiana: si sentiva la necessità storica di unire la penisola; la dialettica su come realizzarla era molto forte, ma le vicende storiche realizzarono la soluzione poco condivisa, che dovette attendere  un conflitto mondiale per realizzare la consapevolezza di tutta la popolazione italiana.

Oggi l’UE è impegnata in campo internazionale in missioni di cooperazione e sviluppo ma la politica estera non ha una voce comune e condivisa. Gli stati leader: Francia, Germania, la Gran Bretagna pre-Bexit  attuano politiche ancora assimilabili a quelle nazionali, diminuendo così il peso delle decisioni del commissario europeo danneggiando la politica comunitaria. 

Le ambizioni della politica estera dell’Unione  sono chiare: 

  • preservare la pace
  • rafforzare la sicurezza internazionale
  • promuovere la collaborazione internazionale
  • sviluppare e consolidare la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

In che modo possono essere attuate concretamente se non si ha una voce unica?

Pur disponendo di un corpo diplomatico accreditato, l’UE non è in grado di ottenere il massimo risultato della sua politica. L’Unione è schiacciata dalle politiche cinesi e statunitensi in Africa e Sud America, aree di interesse strategico per fini commerciali e di sicurezza.





Le sfide della nuova commissione europea sono molto difficili, ma prima di affrontarle occorre che si prenda coscienza di dove voler collocare  l’Unione all’interno della comunità internazionale: potenza mondiale o regionale? A seconda della risposta che la politica riuscirà a dare, si potrà orientare il rinnovamento istituzionale. 

Tra le prime questioni da risolvere troviamo quella del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Tralasciando le spinte di riforma da parte di paesi emergenti, come l’India, che non si ritrovano nella configurazione post seconda guerra mondiale, un forte segno di consistenza diplomatica sarebbe l’arretramento francese all’interno dei membri permanenti del consiglio di sicurezza  a favore di un membro comunitario, che affiancherebbe quello cinese, russo, statunitense e britannico, rappresentando così un’unica entità, dotata di politica estera condivisa, chiara e decisa. Tale configurazione agevolerebbe la gestione delle crisi geopolitiche in atto e delle principali questioni di interesse comunitario.