Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del caso Cucchi e della sentenza che l’ha recentemente chiuso con la condanna dei carabinieri coinvolti.
Lunedì 4 aprile la Corte di Cassazione ha condannato a 12 anni di carcere Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessio, i carabinieri coinvolti nella morte di Stefano Cucchi. Il verdetto è omicidio preterintenzionale. Cucchi è deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Pertini di Roma, quattro giorni dopo essere stato arrestato e dopo aver subito un pestaggio. Era stato fermato il 15 ottobre 2009 durante un controllo ed era stato poi portato in caserma per possesso di droga. Lì venne pestato dai carabinieri, riportando notevoli lesioni interne. La condanna è arrivata, da parte del tribunale di Roma, anche per gli otto carabinieri accusati di depistaggio.
Come ne ha parlato la stampa italiana? Innanzitutto Il Post, come altre testate, dedica due articoli distinti alle diverse tipologie di condanne: un approfondimento sull’omicidio preterintenzionale e un articolo più contenuto sul depistaggio. Quest’ultimo, infatti, è inserito all’interno della sezione Bits, in cui vengono date le notizie in modo molto sintetico. Si procede con un profilo di ciascuno dei carabinieri coinvolti. Vengono identificati attraverso il nome completo – noto pubblicamente – e spiegandone il ruolo nella vicenda. Un articolo più corposo, invece, è dedicato alla prima sentenza. Grande attenzione viene data all’iter legale, complesso e di lunga durata.
Il Sole 24 Ore dà molto spazio alle dichiarazioni di Ilaria Cucchi, sorella della vittima: “A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l’hanno portato via”. Successivamente sono riportate le parole di Rita Calore, madre della vittima: “Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causando la morte”. Le ragioni di questa scelta sono molteplici e condivise anche da altre testate. Innanzitutto aumentano la componente emotiva della narrazione, che contribuisce a coinvolgere chi legge. In secondo luogo permettono di inserire un punto di vista il più vicino possibile a quello della vittima. Infine Cucchi e Calore si sono fatte portavoce a lungo di questo caso e hanno lavorato per anni affinché l’iter legale fosse completato.
Anche l’Ansa, come il primo articolo del Post citato, decide di dare la notizia in modo molto contenuto. Questa scelta è in linea con il taglio editoriale della testata. Vengono quindi unite tutte le condanne – omicidio e depistaggio – per dare un quadro generale della vicenda. Si termina anche in questo caso con le dichiarazioni di Ilaria Cucchi relativa al traguardo della conclusione del caso: “Sono sotto shock. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono stati distrutti, ma oggi ci siamo. E le persone che ne sono stati la causa, i responsabili, sono stati sono stati condannati”.
Infine Il Fatto Quotidiano si apre con le dichiarazioni di Ilaria Cucchi (chiamata semplicemente “la sorella”), riportate già nel titolo: “Colpevoli delle nostre vite distrutte”. Più che in altri casi, qui si punta molto sulla dimensione emotiva, sull’impatto della vicenda su chi ha perso la vita e chi resta. Vengono inoltre riportate le affermazioni del legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, in cui si individua la volontà di rintracciare un fenomeno più sistemico. L’obiettivo è mostrare come il caso Cucchi non sia un episodio isolato ma parte di un pattern di violenza più ampio.
Viene contestata inoltre la narrazione che per molto tempo ha coinvolto il giovane, concentrata soprattutto sulle ragioni del suo fermo da parte della polizia. Un tale ritratto della vittima ne ha minato l’innocenza e ha inciso sul complesso iter legale che è proseguito per anni. L’articolo si conclude con un frammento del comunicato ufficiale dell’Arma dei carabinieri. Una componente assente in altre testate. Il documento, istituzionale, si mostra vicino alla famiglia e manifesta dolore per la perdita di Cucchi e per la durata dell’iter legale.