La mia generazione è cresciuta con i Batman di Tim Burton e Joel Schumacher in replica la domenica pomeriggio. È stata segnata dalla monumentale Trilogia del Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Abbiamo visto l’avvento di Ben Affleck nei panni del giustiziere di Gotham negli ultimi adattamenti targati Zack Snyder.
Proprio Ben Affleck avrebbe dovuto scrivere, dirigere e interpretare un nuovo film della saga. Che però, tra il 2017 e il 2019, ha cambiato regista, sceneggiatori e infine anche protagonista, con il subentro di Robert Pattinson (Tenet, The Lighthouse). Non proprio una premessa brillante per quello che sembrava l’ennesimo, inutile reboot. Ma che invece, quando finalmente è approdato al cinema, ci ha stupito.
The Batman è una pellicola più unica che rara. Perché nell’attuale filone di cinecomic, in cui gli eroi affrontano minacce di livello planetario, porta la vicenda su un piano più umano, sopra le righe eppure realistico.
Il regista Matt Reeves (Cloverfield, Il pianeta delle scimmie), che ha anche co-scritto la sceneggiatura, dimostra un profondo amore per le origini fumettistiche della storia. Racconta la gioventù e il tormento di Bruce Wayne al suo secondo anno da giustiziere mascherato. Quando ormai sembra aver rinunciato a gran parte della sua umanità per essere esclusivamente l’uomo pipistrello. L’eroe perfetto per Gotham, città da incubo mai così sordida, gotica, gloriosamente e irrevocabilmente decadente, ma che in qualche modo continua a vivere.
È questo Batman che si trova a dare la caccia all’Enigmista (Paul Dano), un killer che prende di mira personalità politiche e giudiziarie in una sorta di crociata contro la corruzione. E che, nel suo gioco perverso, lascia dietro di sé una scia di macabri indizi appositamente per Batman.
Nell’indagine, Batman può contare sull’aiuto del Commissario Gordon, mai così fedele come nella versione che interpreta Jeffrey Wright (Westworld, 007). Ma dovrà anche avere a che fare con la malavita di Gotham. Mafiosi del calibro di Carmine Falcone, che ha il volto di un raggelante John Turturro, e del Pinguino, impersonato da Colin Farrell sprofondato in una maschera di trucco prostetico che lo rende irriconoscibile e anche terribilmente divertente.
Alla freschezza di una trama che mescola elementi di thriller, noir e gangster movie, si somma la caratterizzazione del protagonista. Finalmente, un Batman compatibile con la sua versione cartacea. Non sovrumano e imbattibile come nelle sue ultime incarnazioni filmiche, ma sanguinante e imperfetto, profondamente depresso, incapace di costruire la sua vita alla luce del sole, fuori dalla maschera.
L’uomo pipistrello può fallire, seguire la pista sbagliata, faticare a tenere il passo con gli indovinelli cruenti dell’Enigmista. Ha ancora molto da imparare. Si fa malissimo, incassa i colpi, viene messo KO. Le scene d’azione sono spettacolari anche perché comprendono sbavature, esitazioni, errori. Robert Pattinson interpreta con intensità maniacale lo sforzo di Bruce per essere più che umano e, al tempo stesso, la sua profonda umanità.
La fotografia di Greig Fraser (Dune, Rogue One) e le musiche ossessionanti di Michael Giacchino (Lost, Up)accompagnano alla perfezione il lungo viaggio nella notte dell’eroe alla ricerca di una verità che potrebbe mettere in crisi tutto ciò in cui crede. Un viaggio di scoperta nel cuore nero di Gotham, per scoprire che essere un simbolo può non bastare per salvare la città. C’è bisogno di una persona vera e, in questa fase della sua vita, il Cavaliere Oscuro è decisamente più Batman che Bruce Wayne – che infatti compare per pochi minuti nel corso della pellicola.
Andy Serkis nel ruolo paterno del maggiordomo Alfred e Zoë Kravitz(Mad Max: Fury Road, Big Little Lies) in quelli di Selina Kyle, alias Catwoman, sono fenomenali nel dare vita a due personaggi diversissimi ma con qualcosa in comune. Brillano quando sono in scena, e se ne sente la mancanza quando non ci sono. Mentre Alfred rappresenta l’ultima barriera che separa Bruce/Batman dalla completa solitudine, Selina incarna la possibilità di una vita da uomo in carne e ossa, anziché da ombra che terrorizza i criminali.
Anche nelle relazioni tra i personaggi, a volte rese un po’ goffe da dialoghi che hanno qualcosa di artificioso, l’esperimento di Reeves è perfettamente riuscito. Dimostra che si può restituire al Cavaliere Oscuro la sua identità – a lungo trascurata da Hollywood – di detective prima che supereroe, e comunque creare una narrazione avvincente. Che l’autorialità e la visione del regista non devono necessariamente schiacciare il materiale sorgente, ovvero il fumetto, ma anzi possono esaltarlo. Regalandoci finalmente un film su Batman di cui non vediamo l’ora di conoscere il seguito.