Sono passate più di due settimane da quando Putin ha dato l’ordine di invadere la vicina Ucraina. Sono stati giorni intensi, di devastazioni, bombardamenti e incendi. A pagarne il prezzo, come in ogni conflitto, la popolazione. Più di due milioni i profughi secondo l’Onu e centinaia di vittime e feriti.
L’Occidente ha sottoposto la Russia a sanzioni salate, e anche la Svizzera, simbolo per eccellenza della neutralità, si è esposta condannando le mosse russe.
Tuttavia, dal 24 febbraio, il Cremlino è impegnato, oltre che nella guerra esterna, nella repressione dei dissensi che animano una parte del Paese.
Le manifestazioni pacifiste e gli arresti
Nonostante il nuovo articolo del codice amministrativo che vieta ogni tipo di manifestazione pubblica che “screditi” le forze armate, dall’inizio delle operazioni militari, in più di 60 città russe si sono riversate folle di manifestanti.
In rete, sono numerosissimi i video che ritraggono le forze dell’ordine russe nel tentativo di soffocare le manifestazioni “non autorizzate”. Colpi di manganello, dissuasori elettrici e tanta violenza sono la risposta agli appelli per la pace supportati a gran voce – direttamente dal carcere – dall’avversario politico per eccellenza di Putin, Alexei Navalny. Secondo Ovd-Info, un gruppo di monitoraggio indipendente, ad oggi gli arresti hanno superato le 13.000 unità. Fra loro anche la famosa attivista Svetlana Gannouchkna e uno dei leader dell’Ong Memorial, Oleg Orlov.
Nelle ultime settimane sono spopolate, inoltre, le immagini di un’ottantenne che ha partecipato alle manifestazioni di San Pietroburgo e che è stata, per questo, arrestata. Yelena Osipova, che ha vissuto l’assedio dei tedeschi quando San Pietroburgo era ancora Leningrado, portava con sé due cartelli con scritte di pace. Uno di questi recitava “Soldato, lascia la tua arma e sarai un eroe”.
Durante il giorno, poi, i poliziotti in tenuta antisommossa fermano i passanti per strada per controllare i loro cellulari, alla ricerca di materiali incriminanti.
Mercoledì 2 marzo, inoltre, il Ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha pubblicato su Twitter una foto che ha sconvolto il mondo intero, ritraente cinque bambini arrestati a Mosca. Accompagnati dalle madri, avevano portato disegni e fiori davanti all’ambasciata ucraina. Prima di rilasciarli, dopo ore, la polizia li ha minacciati di togliere la loro custodia ai genitori. «Ecco quanto è spaventato quell’uomo», si legge nel tweet. Nonostante l’episodio, in Russia vige una legge per cui i bambini con meno di 14 anni non possono essere tenuti in stato di fermo per più di 3 ore.
Le piazze non sono l’unico posto in cui si manifesta. Su social come TikTok, si sta diffondendo un format di video in cui i giovani danno “free hugs” ai passanti contrari alla guerra.
Il soldato russo che si è arreso alla guerra
Il canale Telegram ucraino Nexta Live ha diffuso il video di un soldato russo che si è arreso di fronte agli orrori della guerra. L’uomo, in lacrime, è circondato da ucraini che gli offrono un tè caldo e da mangiare. Viene ripreso mentre videochiama la madre, sopraffatto dall’emozione. Non riesce neanche a parlare e una giovane donna interviene al suo posto per aiutarlo.
«Mi vergogno di essere russa»
«Brucio il mio passaporto per dimostrare il mio supporto all’Ucraina» dice una donna durante una manifestazione pacifica a Edimburgo, in Scozia. Jakubova, ha lasciato la Russia una decina di anni fa perché contraria alla politica di Mosca. «Non voglio più far parte di un Paese che fa la guerra e che uccide degli innocenti. Mi vergogno di far parte di questo Paese. È un sacrificio che vale la pena compiere, perché gli ucraini stanno sacrificando molto più di questo».
Gli appelli pro e anti guerra
Oltre 1.200 studenti della Moscow State Institute of International Relations, affiliata al ministero degli Esteri russo, ha sottoscritto un appello indirizzato a Putin che condanna l’invasione ucraina.
Anche all’Università di San Pietroburgo circa duemila persone fra laureati, studenti e accademici hanno firmato un appello contro la guerra.
“Chiediamo al presidente russo Vladimir Putin di ritirare le truppe dal territorio dell’Ucraina, di fermare i bombardamenti delle città ucraine e di avviare un processo di negoziati onesto, senza ultimatum né richieste di resa per l’altra parte”
A fronte di questo, secondo alcune associazioni studentesche, l’Università di San Pietroburgo avrebbe già preparato 13 bozze di decreto di espulsione per coloro che si sono dichiarati contrari alla guerra.
Dal lato opposto, invece, il capo del Dipartimento di Storia del Giornalismo dell’Università di San Pietroburgo ha divulgato una lettera firmata poi da più di 600 persone che dichiara il pieno sostegno alla politica di Putin.
“Caro Vladimir Vladimirovich capiamo la decisione difficile che hai dovuto prendere e la approviamo pienamente, rendendoci conto che non avevi altra scelta […]”
Un appello simile è stato diffuso anche all’Università Statale di Mosca.
La censura
L’Agenzia di Stato ha riportato che due russi su tre si dichiarano favorevoli alla guerra. Tuttavia, è difficile averne la certezza, dato che i maggiori media indipendenti come il canale tv Dozhd e la radio Eco di Mosca sono stati chiusi con un decreto di poche righe.
Già dalle prime ore, inoltre, diverse testate sono state minacciate dalla Roskomnadzor, l’authority per le telecomunicazioni, di essere censurate. I loro contenuti sulla guerra parlavano esplicitamente di “invasione” e non di “operazione militare”, e rendevano note le vittime civili ucraine. Una di queste è Novaya Gazeta, il cui direttore – e premio Nobel per la Pace 2021 – Dmitrij Muratov ha espresso il suo sdegno per le azioni russe.
«Il capo sventola l’arma nucleare come se fosse il portachiavi di un’auto costosa. Quale sarà il suo prossimo passo? Non posso interpretare in altro modo le parole di Putin quando parla di ritorsione. Solo un movimento contro la guerra che parta dai russi può salvare questo pianeta»
Anche Leonid Parfyonov, noto giornalista e documentarista russo, ha condannato la guerra. Secondo lui, la Russia perderebbe anche in caso di vittoria.
«Questa non è una guerra per il futuro, ma per un passato imperiale del quale al nostro popolo non interessa più niente. La nostalgia per l’Unione Sovietica non è un sentimento collettivo, ma vive solo nella testa di colui che ci comanda».
Di parere totalmente opposto, invece, appare la conduttrice di uno dei telegiornali più influenti del Paese che, con toni di adorazione verso Putin, ha affermato:
«Stiamo avanzando e vinceremo. Come potremmo non farlo, quando gli ucraini schierano battaglioni formati unicamente da soldati gay?».
La propaganda rivolta ai bambini
Per spiegare quello che sta succedendo ai più piccoli, è stato diffuso un cartone animato che spiega il conflitto “fra due Paesi amici da tanto tempo”. I protagonisti dell’animazione sono proprio la Russia e l’Ucraina, impersonificati da due compagni di banco, rispettivamente Vanya e Kolya. Un giorno Kolya decide di cambiare classe e comincia a farsi chiamare Nikolai. In un primo momento Vanya accetta la decisione del compagno ma nota che, oltre a farsi dei nuovi amici (gli Stati occidentali), Nikolai adotta anche comportamenti violenti. Bastona, infatti, gli altri compagni e continua a farlo di nascosto anche dopo il rimprovero di Vanya. Quest’ultimo decide, quindi, di intervenire prendendogli il bastone e rompendolo. Ma è proprio in questo momento che i nuovi amici di Nikolai si schierano contro Vanya.
Circa a metà del video, comincia la spiegazione della metafora con il racconto dal punto di vista russo di quello che è accaduto fra l’Ucraina, le Repubbliche indipendentiste e l’Occidente. “Russia e Ucraina hanno distrutto un’amicizia secolare per quello che è accaduto a Donetsk e a Lugansk, due regioni che volevano unirsi alla Russia. Ma l’Ucraina non era d’accordo e cominciò a combattere contro questi territori” narra la voce. E poi continua “La Russia cercò di fermarla risolvendo pacificamente la questione. L’Ucraina promise di non bombardare più le repubbliche, ma continuò a farlo senza motivo”.
Il video prosegue spiegando che, nonostante la Russia abbia provato a togliere le armi all’Ucraina, alcuni Paesi occidentali si sono contrapposti, iniziando ad accusare la Russia di aver scatenando la guerra. “Dicono che la Russia è responsabile, ma non lo è”. Non manca l’accusa all’Occidente di non aver reagito, otto anni fa, quando “L’Ucraina colpiva le Repubbliche di Donetsk e Lugansk”.
Il video si conclude con una domanda: “L’Ucraina accetterà di risolvere pacificamente la questione e non violerà più Donetsk e Lugansk? La Russia continua a sperarlo”.
La propaganda continua, poi, fra i banchi di scuola, dove si tengono delle lezioni speciali di educazione civica, dedicate alla “speciale operazione di pace” in Ucraina. Agli insegnanti è fornito un questionario che suggerisce come rispondere alle domande degli alunni. Parlano della Russia come di un Paese contrario alla guerra ma che non può cedere alle provocazioni. “La Russia è sempre presente quando bisogna proteggere il nostro popolo e i suoi interessi”.
La lezione, infine, si conclude con la lettura di una poesia di Evgenij Evtushenko, Babi Yar, una celebre condanna all’antisemitismo, composta nel 1961 in piena Guerra Fredda.
«[…] Che suoni l’Internazionale fino a quando
l’ultimo antisemita sulla terra
sarà seppellito, per i secoli dei secoli.
Nel mio sangue non c’è sangue ebraico.
Nella loro follia, tutti gli antisemiti
dovrebbero ora odiarmi come se fossi un ebreo.
E per questo sono un vero russo!»