Il contesto
La complicata situazione ucraina solleva interessanti questioni relative al comportamento dei partner europei che in passato erano appartenuti al Patto di Varsavia, in particolare i paesi di Visegrad.
Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia in questo caso si sono allineate alle scelte europee; la voce fuori dal coro, come al solito, è quella di Viktor Orban.
L’incontro d’affari
Avendo fiutato la malaparata, il leader magiaro si era recato a Mosca già a inizio febbraio.
Al centro dell’incontro con Putin, la volontà condivisa dei due leader di aumentare le importazioni di gas sul territorio ungherese.
L’anno scorso l’Ungheria aveva concluso accordi con la Russia validi fino al 2036, per la fornitura di 4,5 miliardi di metri cubi di gas, diretti in territorio ungherese aggirando l’Ucraina.
I due hanno poi discusso un accordo sul nucleare che prevede la costruzione di una nuova centrale vicino Paks, a circa 100 km da Budapest; i lavori sarebbero affidati alla compagnia nucleare russa Rosatom e finanziati grazie a un credito russo pari a 10 miliardi di euro sui 12.5 miliardi totali.
Ragion di Stato
Lo strapotere russo in ambito energetico ha più volte messo in scacco diversi paesi dell’Unione. Anche l’Italia non è esente da critiche: in molti casi, la solidarietà lascia spazio alla ragion di Stato.
E in quanto ad atteggiamenti machiavellici, Viktor Orban non ha nulla da invidiare ad altri leader. Ma l’aspetto più interessante della questione non riguarda l’ambito economico.
Russi e ucraini, un solo popolo
Il casus belli, se così possiamo definirlo, della questione ucraina ha a che fare con la volontà della Russia di mantenere l’Ucraina fuori dall’orbita della Nato.
Recentemente Putin ha pubblicato un articolo dal titolo “L’unità storica di russi e ucraini”, in cui il leader afferma che Russia e Ucraina sono una sola cosa.
A rafforzare questa tesi Putin non lesina l’utilizzo della storia ricordando come è proprio dal principe di Kiev che sarebbe derivata la stirpe che si sarebbe poi spinta alla conquista del grande territorio russo.
Storia magistra vitae?
Discorsi come questi, in un contesto globale che promuove l’autodeterminazione dei popoli, rimandano a logiche egemoniche europee che sarebbero dovute crollare insieme al muro di Berlino.
E chi più di Orban, quello stesso giovane che nel 1989 parlava a una platea che tornava a riveder la luce dopo anni vissuti all’ombra del gigante sovietico, dovrebbe esserne cosciente?
Gli ungheresi e il loro leader maximo hanno già dimenticato cinquant’anni di sottomissione alla Russia?
Erano poi così diversi dall’Ucraina quei paesi, Ungheria compresa, che nel 2005 entravano in massa nell’Unione Europea pieni di speranze e pronti a rinascere economicamente e politicamente?
In definitiva: “Tu quoque Orban?!” .
L’incontro di inizio febbraio ha scatenato dure critiche nei confronti del leader magiaro sia in ambito europeo sia sul fronte dell’opposizione interna.
Ad aprile in Ungheria si terranno le elezioni parlamentari; chissà se per quella data, una nazione così legata al proprio passato, avrà compiuto un piccolo ripasso dal libro della storia al capitolo “1956”.