Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo della bocciatura di due dei referendum esaminati dalla Corte Costituzionale: quello per la legalizzazione dell’eutanasia e quello per la cannabis legale.
Negli scorsi giorni la Corte Costituzionale si è espressa, come da calendario, sugli otto referendum in esame. Oltre a quelli legati all’eutanasia e alla cannabis, sei quesiti riguardavano la giustizia e, in particolare, l’ambito della magistratura. I due referendum sostenuti da ampie raccolte firme, però, sono stati bocciati. Perché? Com’è stata raccontata la notizia dai giornali?
Il Corriere della Sera si mostra molto chiaro sulle cause della bocciatura fin dal titolo: «Referendum e Corte Costituzionale, Amato e il disagio per alcune bocciature: “Non possiamo correggere quesiti mal formulati”». Il virgolettato viene attribuito a Giuliano Amato, presidente della Corte Costituzionale, che si esprime pubblicamente sull’esito dei due referendum e ne dà una spiegazione. La bocciatura viene fatta risalire non a una posizione politica o ideologica, ma alla formulazione stessa dei quesiti.
Amato giunge addirittura ad affermare «Non possiamo correggere quesiti mal formulati», per rimarcare il vincolo del rispetto della Costituzione stessa. Si esprime in particolare sul referendum che per primo ha avuto fine: quello sull’eutanasia. Le parole riportate dalla testata sono: «L’hanno dipinto come un referendum sull’eutanasia, mentre era sull’omicidio del consenziente, e formulato in modo da estendersi a situazioni del tutto diverse da quelle per cui pensiamo possa applicarsi l’eutanasia. Un risultato costituzionalmente inammissibile». Si temeva infatti che la sua approvazione creasse un vuoto legislativo.
La Corte si mostra alla cittadinanza italiana in una situazione di disagio e di amarezza nei confronti di questo blocco. La speranza – appare dalle dichiarazioni di Amato – era procedere con l’approvazione. E su questo punto la testata non fa che ritornare costantemente.
La conclusione dell’articolo è molto categorica: «I referendum abrogativi non possono essere la strada maestra per fare le riforme, e non serve lamentarsi se a volte la si trova sbarrata perché così vuole la Costituzione». L’obiettivo sembra essere placare lo scontento e muovere una critica direttamente agli enti che hanno formulato i quesiti referendari.
Il Messaggero dedica al confronto tra i due referendum bocciati un breve inserto nella sezione video. Si sceglie di dare la parola direttamente agli enti coinvolti. A parare infatti è Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. Il quadro che emerge è completamente differente: «Ascoltare la conferenza stampa del presidente della Corte Costituzionale ci ha dato la certezza di elementi politici».
La critica rivolta alla decisione della Corte e al discorso di Amato è la seguente: con queste mosse si minano la credibilità e la reputazione dei comitati promotori dei referendum, ai quali è stata attribuita l’incapacità tecnica di scrivere i quesiti. L’intervento di Cappato viene proposto ai lettori e alle lettrici del Messaggero senza alcuna mediazione. Chi lo ascolta deve poi aggiungere a questo tassello un’informazione più completa sull’accaduto per poterlo comprendere appieno.
Fanpage, invece, riporta fin dal titolo la posizione del deputato Riccardo Magi: «[I] Giudici hanno cercato il pelo nell’uovo». Subito dopo, in apertura, si leggono altre dichiarazioni del politico «Buttati via due referendum su cui erano stati raccolti 2 milioni di firme e che avrebbero garantito maggiore partecipazione dei cittadini, riavvicinandoli alla politica».
Dopo una panoramica dei referendum bocciati e di quelli approvati (cinque dei sei legati alla giustizia), si passa alle dichiarazioni di vari membri della politica attorno alla proposta di legge sul suicidio assistito. Tra i deputati sollecitati vediamo anche lo stesso Magi, che chiarisce la sua posizione in relazione al referendum sulla cannabis: «Credo che il vero referendum sulla giustizia fosse questo sulla cannabis, perché in Italia il motivo principale per cui si finisce in carcere sono i reati di droga».
Dopo gli interventi di stampo politico, viene dato spazio al costituzionalista Giovanni Maria Flick. Attraverso le dichiarazioni già condivise da altre testate (come il Corriere della Sera), si fa chiarezza sulle zone d’ombra che i quesiti bocciati portavano con sé. L’obiettivo, in questo caso, è mostrare una pluralità di posizioni in merito ai due referendum e al loro iter interrotto. Sono validate sia le posizioni politiche che quelle formali, legati al testo dei quesiti.
La bocciatura dei referendum per la legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia ha lasciato scontenta una porzione d’Italia. Ciò è visibile sia nelle dichiarazioni degli esponenti politici, sia nei principali mezzi di comunicazione. Per comprendere a fondo le ragioni di questo evento e, soprattutto, quali strade sono ora percorribili, è necessario ascoltare più voci.