I Tirailleurs senegalais, tratto da un lavoro con Carolina Leporatti e Saverio Colacicco.

I Tirailleurs senegalais una storia quasi ignorata dal pubblico italiano e poco nota anche in Francia, paese protagonista delle vicende. E’ una storia di ragazzi che diventano uomini sul fronte. E’ una storia di promesse tradite.

INTRODUZIONE

I tirailleurs senegalais nascono come corpo militare nel 1857, costituito per ordine di Napoleone III a servizio dell’Impero coloniale francese. Dall’originario nucleo senegalese il corpo arriva a inglobare soldati da tutta l’ Africa Occidentale Francese (AOF), oltre a Nord africani e vietnamiti.
I soldati sono tutti inquadrati come sujets colonials. La Francia attua una sola eccezione per gli abitanti dei quattro comuni Dakar, Gorée, Saint-Louis e Rufisque. Gli abitanti di queste zone ricevono la cittadinanza francese. Solo questi soldati hanno vantato lo status di citoyen. Partecipano a tutte le guerre in cui sarà ingaggiata la Francia fino al 1967, anno in cui vengono sciolte.

I tirailleurs sénégalais nella Prima Guerra Mondiale
I tirailleurs sénégalais nella Prima Guerra Mondiale
La PRIMA GUERRA MONDIALE

Durante la Prima Guerra Mondiale la Francia è in grande difficoltà, è il 1916, ha subito più
perdite del previsto, ha bisogno di uomini al fronte e si rivolge ai territori dell AOF.
Si organizzano vere e proprie cacce alla recluta facendo pressioni sui capi villaggio. Scoppiano rivolte. Il Presidente Georges Clemenceau sceglie allora di cambiare strategia. Egli manda Blaise Diagne primo deputato africano nel parlamento francese a organizzare una campagna di reclutamento.

Blaise Diagne fu lui a far arruolare I Tirailleurs senegalais nella Prima Guerra mondiale- Wikipedia
Blaise Diagne
 Il motto di Diagne sarà En versant le méme sang, vous gagnerez les mémes droits.

Reclutati con la forza o convinti dall’appello di Diagne, tra il 1916 e il 1918 più di 200.000 soldati vengono in Europa a combattere.
Nel 1919 la coscrizione nelle colonie diventerà obbligatoria. Si attiva un sistema di reclutamento forzato con l’appoggio dei poteri locali.

LA FRANCIA CONOSCE LE SUE TRUPPE COLONIALI
E’ nel 1915 che i Tirailleurs senegalais entrano a far parte dell’immaginario francese. Ciò avviene quando la ditta produttrice della bevanda Banania sostituisce l’Antillese delle prime confezioni con un sorridente Tirailleur e adotta come slogan la locuzione “Y” a bon” forma semplificata in francese tirailleur per “C’est bon”. Banania bevanda solubile tipicamente francese prodotta con banane, cacao e zucchero di canna: un concentrato di storia coloniale.

I Tirailleurs senegalais sulle confezioni di Banania  - Wikimedia Commons
I Tirailleurs senegalais sulle confezioni di Banania
LA SECONDA GUERRA MONDIALE

A differenza di quanto accaduto durante la Prima Guerra mondiale, le truppe coloniali francesi prendono parte al secondo conflitto mondiale sin dall’inizio. Il 9 % dell’intera forza francese è costituito da truppe nord africane ed asiatiche. A partire dal 1939 200.000 africani delle colonie dell’Africa Occidentale francese sono impiegati nei teatri di guerra e circa 25.000 di loro vengono uccisi in battaglia o internati nei campi tedeschi. Il loro contributo in termini di vita e di risultati é encomiabile. Dopo la capitolazione della Francia queste unità continuano a dare il loro contributo per la causa francese, prendendo parte sia alle maggiori operazioni Alleate sia alle attività della Resistenza francese.
Nel 1941 soldati di colore catturati dai tedeschi non usufruiscono del trattamento riservato al prigionieri di guerra: in osservanza alle leggi razziali vengono internati o uccisi sul posto.

UNA STORIA DI UOMINI

Qui incontriamo la storia di Bà Addi Mamadou, originario della Guinea, catturato dai tedeschi, riesce a far evadere insieme a lui una quarantina di Tirailleurs e a organizzare uno dei primi gruppi della Resistenza francese. Viene chiamato dai tedeschi il “‘terrorista nero”.
Il futuro presidente della Repubblica Senegalese Leopold Senghor viene internato nel 1940 nel campo di Front Stalag 230 a Poitiers, riservato alle truppe coloniali. Esecuzioni di massa erano all’ordine del giorno come la tristemente nota pratica di scegliere ogni giorno un prigioniero diverso e usarlo come bersaglio durante le esercitazioni.

IN SOCCORSO ALLA FRANCIA

Nel 1940 L’ Africa Occidentale Francese è formalmente sotto il controllo della Repubblica di Vichy. Charles De Gaulle organizza in Africa un nuovo reclutamento per guadagnare forza e credibilità di fronte agli Alleati.
Dal punto di vista degli abitanti delle colonie la situazione è piuttosto complessa: ci sono due France: la Francia di Pétain collaborazionista e la Francia di De Gaulle. Gli Africani creano un forte attaccamento alla causa francese come dimostrato da una canzonetta che sono soliti cantare:

“Nous sommes venus d’Afrique pour liberer la France”.

Anche per i soldati africani di Francia il 1944 è l’anno della riscossa, essi contribuiscono efficacemente alla riuscita dell’operazione Dragoon.

Il comando alleato pianifica uno sbarco nel Sud della Francia nell’agosto 1944 per allentare la morsa tedesca sulle truppe alleate che sarebbero penetrate dalla Normandia e per liberare i maggiori porti della Provenza e permettere il rifornimento alle truppe già spiegate in Francia. L’ordine di battaglia comprendeva un’armata alleata supportata dal 2° corpo d’armata francese, costituito nella maggior parte da unità coloniali, tra cui la 9^ Divisione di fanteria.
I Tirailleurs senegalais costituiscono l’ossatura dell’ esercito francese, ma nel dicembre 1944 una circolare ordina la smobilitazione di queste truppe ed il loro rientro in Africa.

“LO SBIANCAMENTO”

De Gaulle mette in atto una politica discriminatoria denominata Blanchiment, dove le truppe regolari coloniali dovevano essere progressivamente sostituite da gruppi partigiani che avevano preso parte alla liberazione.
Le motivazioni restano controverse. Le autorità militari e De Gaulle stesso chiamano in causa il freddo, «Les frères de couleur vaincus par l’hiver ! » recita un film di propaganda. Il nome stesso dell’operazione, Blanchiment appunto, oltre all’evidenza documentaria fa pensare ad altro. Alla vigilia della liberazione di Parigi è fondamentale dare un’immagine di unità nazionale e dimostrare che i Francesi si sono liberati da soli: è importante inglobare i Resistenti, anche se in larga parte non addestrati, all’armata francese.

Inoltre gli Americani impongono a De Gaulle una riduzione dell’esercito: non c’è equipaggiamento sufficiente per tutti. L’America dà chiare direttive segregazioniste in parte legate all’elemento simbolico in parte a un problema di ordine pubblico: si teme un eccessivo metissage tra i francesi e le truppe di colore. Nello specifico si parla di «atteinte à l’ordre colonial» in riferimento all’eventuale contatto tra donne bianche e truppe di colore. In America anche nell’esercito vige ancora una politica segregazionista. Nella Parigi liberata del 1944 non ci sono soldati africani.

Al loro rientro in Africa questi soldati si aspettano il pagamento del soldo: « Nous avons combattu à côté des Français, comme Français… On chantait la Marseillaise”, ma il primo dicembre 1944 si verifica un evento che li avrebbe condizionati per sempre.

IL MASSACRO DI THIAROYE

I soldati africani vengono raccolti in centri in Francia in attesa del ritorno a casa.

I francesi avevano promesso una retribuzione adeguata, equiparata a quella di ogni altro soldato metropolitano. Il 5 novembre 1944, nel porto di Morlaix, in Bretagna, prima dell’inizio delle operazioni di imbarco, ai soldati viene consegnato un terzo della quota di indennità, assicurata prima dell’arruolamento avvenuto 4 anni prima, con la promessa che una volta rientrati in patria avrebbero ricevuto il resto.

Il 21 novembre le operazioni di rimpatrio sono concluse; i francesi ammassano le truppe coloniali, tra le 1.200 – 1.800 unità in attesa di ritornare dalle proprie famiglie, nel campo militare di Thiaroye, nella periferia orientale di Dakar.

I tirailleurs senegalais si rifiutano di lasciare il campo senza aver prima ricevuto il compenso pattuito. Tra il 30 novembre e il 1° dicembre scoppia una violentissima rivolta. Per decisione del generale della guarnigione Marcel Dagnan, i soldati francesi reprimono la sommossa nel sangue. Così, alle 5 h 30 del 1° dicembre i francesi radunano più di 1.200 uomini supportati da tre carrozze corazzate, un carro armato, due semicingolati e vetture da ricognizione equipaggiate anche con mitragliatrici. Un primo bilancio registra 35 morti. Il giorno a seguire si dice il doppio. Più di 100 feriti. Molti, come Antoine Abibou, accusato di essere tra i capi dell’ammutinamento, hanno scontato 10 anni in carcere. Tuttavia i numeri ufficiali sono spesso in contraddizione tra loro.

L’EPILOGO

Il contributo dei tirailleurs senegalais alle vittorie francesi resta una pagina della storia
dimenticata.
Il massacro di Thiaroye ha assunto un’importante valenza simbolica nelle relazioni coloniali con la Francia ed è stato oggetto di dibattito intenso.

Dopo più di 20 anni di ricerca, la storica francese Armelle Mabon, insieme ad altri colleghi, sostiene che la Francia abbia compiuto un vero e proprio premeditato crimine di Stato.

Denuncia inoltre l’impossibilità di stabilire i nomi, né il numero dei presenti a Thiaroye, né il numero esatto di morti, essendo i documenti ufficiali relativi alla vicenda ancora segretati.

Si è fatta portavoce della richiesta di riesumare le fosse comuni dove sarebbero stati seppelliti i corpi delle vittime e procedere a un riconoscimento delle responsabilità da parte dello stato francese. La sua tesi è che il numero dei
morti sia intorno ai 300.

I Tirailleurs senegalais ricevuti da Hollande
I tirailleurs senegalais superstiti vengono omaggiati dal Presidente Hollande

Nel 2012 il presidente Hollande è il primo a citare l’episodio di Thiaroye tra le pagine nere della storia francese; il 12 ottobre 2014 durante la cerimonia al cimitero di Thiaroye lo stesso Hollande rinnova le scuse della Francia e si impegna a restituire gli archivi al Senegal.