Romanzo Quirinale è la serie di articoli storici sull’elezione del Presidente della Repubblica. La questione relativa alla rielezione del Capo dello Stato non è solo un affare recente come dimostrano i casi di Saragat e anche se solo dal punto di vista romantico Sandro Pertini.
GIOVANNI LEONE (1971-1978)
La scelta del successore del Presidente Saragat fu difficile e combattuta come quella del 1964. La situazione politica era tesa, l’elezione presidenziale si portava gli strascichi dell’approvazione della legge sul divorzio.
Il 5 dicembre iniziava una maratona dove, come già nella precedente, i partiti avevano espresso preferenze per i loro candidati di bandiera: Francesco De Martino per le sinistre, Fanfani per la DC, Saragat per i socialdemocratici, Malagoldi per i liberali e De Marsanich per l’MSI.
LA TRATTATIVA
Il primo scrutinio fece emergere una fronda interna alla DC che aveva votato scheda bianca. Ad approfittarne, dopo il 4° scrutinio fu il PCI, che propose di far convergere i propri voti su un altro candidato DC come Moro o Leone oppure procedere con la rielezione di Saragat. Segurono dieci scrutini a sceda bianca da parte della DC poco favorevole alla rielezione di Saragat. Quest’ultimo si rivolse ai propri elettori attraverso una lettera dove annunciava il suo ritiro: era il momento per la DC di presentare un suo candidato. Dopo una riunione dei grandi elettori lo Scudocrociato fece emergere il nome di Giovanni Leone .
Leone riuscì a compattare la DC e far convergere i voti repubblicani, socialdemocratici e missini e al 21 scrutinio con 518 voti (solo il 51,4%) venne eletto Presidente della Repubblica. Seguì il politico napoletano Pietro Nenni con 408 preferenze e Sandro Pertini con 6.
SANDRO PERTINI (1978-1985)
L’elezione di Sandro Pertini avvenne in un cupo contesto conseguente l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Le dimissioni anticipate di Leone resero l’elezione un punto cruciale per la politica italiana ancora scossa.
Secondo una norma non scritta toccava ad un laico salire al Quirinale, per questo venne avanzata la candidatura di Ugo La Malfa, segretario del Partito Repubblicano Italiano. Mentre il PCI si mostrò favorevole alla candidatura di un socialista non craxiano.
I partiti come di consueto nei primi scrutini, iniziati il 29 giugno 1978, votarono i candidati di partito: Gonella per la DC, Amendola per il PCI, Nenni per i socialisti, Condorelli per il MSI.
LA REGIA DI CRAXI
Dopo il quarto scrutinio la DC iniziò ad astenersi dalle preferenze, mentre il PCi votando ancora Amendola aspettava una convergenza generale. Fu il 2 luglio che Bettino Craxi convocò un’assemblea del partito Socialista per annunciare ufficialmente la candiatura di Sandro Pertini.
Pertini accettò la candidatura a patto che fosse considerata come una proposta dell’arco costituzionale e non solo delle sinistre. Tuttavia, a causa di attriti tra PCI e PRI la candiatura di Perini non decollava, ma fu solo dopo il quindicesimo scrutinio e l’intervento del segretario DC Zaccagnini che sbloccò la situazione facendo convergere lo scudocrociato sul candidato socialista che divenne il simbolo dello stato democratico fondato sul mito della Resistenza.
La maggioranza che elesse Pertini, l’8 luglio 1978, fu ampissima, 832 voti l’82,3% .
FRANCESCO COSSIGA (1985-1992)
La volontà di affidare un secondo mandato a Pertini fu subito fugata dal diretto interessato e dall’anagrafe: nel 1985 aveva 89 anni.
Messa da parte la romantica ipotesi della rielezione di Pertini, la DC riprese in mano la situazione che in virtù dell’alternanza prevedeva un suo candidato al Colle. Ma la volontà di Piazza del Gesù era quella di riequilibrare i rapporti con il PSI al governo dal 1983 con Bettino Craxi.
L’ELEZIONE LAMPO
La DC propose come candidato Francesco Cossiga il presidente del Senato. L’abilità di Ciriaco De Mita fu quella di far convergere il PCI sul nome del proprio candidato E’ così fu.
il 24 giugno 1985, Cossiga venne eletto con 752 voti su 979 presenti, diventando il primo Presidente eletto al primo scrutinio con una maggioranza dei 2/3.
OSCAR LUIGI SCALFARO (1992-1999)
IL LUNGO 1992
L’elezione di Scalfaro si tenne in un clima difficile per il Paese. A febbraio era stato arrestato a Milano il dirigente socialista Mario Chiesa, dando il via alla cosiddetta inchiesta di Mani Pulite. La crisi dei partiti oltre all’inizio delle indagini del pool milanese venne accentuata dai risultati delle elezioni politiche del 5 aprile che sancirono la fine degli equilibri tradizionali. Sin dalla prima votazione i partiti di maggioranza risultarono lacerati: la DC era divisa in tre anime e il PSI iniziava a scontare la fine dell’era Craxi.Come da prassi ogni partito senza un vero candidato condiviso iniziò gli scrutini con i propri candidati di bandiera.
Al quinto scrutinio la prima vera candidatura fu quella di Forlani che naufragò immediatamente. Si aprirono dieci giorni di trattative che non portarono a una soluzione, fu solo un drammatico evento esterno, la Strage di Capaci del 23 maggio 1992 che diede impulso all’elezione. La rosa dei candidati si ridusse a due: un cattolico Scalfaro e un laico Spadolini. Se quest’ultimo veniva visto come ingombrante per la sua personalità, il Presidente della Camera apparve come il candidato ideale, un uomo di “secondo piano2 benché fosse in parlamento dal 1946!
Così al 16° scrutinio con 672 voti su 1002 presenti, venne eletto Oscar Luigi Scalfaro.