Il Quirinale sede storica dell’autorità romana, è, di norma, al centro delle cronache ogni 7 anni per quello che possiamo definire Romanzo Quirinale.

Mentre il colle aspetta il nuovo inquilino, i partiti iniziano la lunga corsa per scegliere il candidato “perfetto”.

DALLA COSTITUENTE AL PRIMO PRESIDENTE

L’inizio del Romanzo Quirinale può a tutti gli effetti considerarsi l’ elezione del Presidente Provvisorio della Repubblica, dopo l’entrata in vigore della legge che istituiva l’Assemblea per la redazione della Costituzione repubblicana.

Ma prima occorre richiamare brevemente le caratteristiche dell’alta carica che i costituenti diedero a questa nuova figura, considerata fin dall’inizio il garante della costituzione. La Costituente rifiutò un modello presidenziale, in quanto poteva portare alla personalizzazione della carica presidenziale in grado di trarre la propria legittimità dal voto popolare, instaurando un rapporto diretto che avrebbe escluso il ruolo dei partiti.

Quindi, per la Costituente, il presidente della Repubblica assumeva una posizione che avrebbe garantito il Paese dalle degenerazioni del “parlamentarismo”. Per realizzare ciò il modello scelto prevedeva che l’elezione del Presidente avvenisse in seduta comune da parte dei rappresentati di Camera, Senato e regioni.

Gli articoli della Costituzione che riguardano questa figura sono dall’83 al 91.

Ed è l’articolo 83 che ci farà da guida in questo Romanzo Quirinale:

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.

All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato.

L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

ENRICO DE NICOLA (1948)
Enrico De Nicola, da lui è partito il Romanzo Quirinale
Enrico De Nicola, da lui è partito il Romanzo Quirinale

Come capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, subentrava al breve periodo di De Gasperi, dalla proclamazione dell’esito del Referendum all’insediamento dell’Assemblea Costituente. L’elezione dell’avvocato napoletano passò attraverso quella che venne definita una politica di equilibrio tra le forze politiche della costituente. Il primo passo verso la scelta andava verso l’individuazione di personalità di spicco dell’Italia liberale non compromessa con il Fascismo. Il primo nome individuato fu quello di Benedetto Croce.

Oltre al filosofo liberale, emersero anche i nomi di Ivanoe Bonomi e Luigi Einaudi, ma ben presto rimase solo il filosofo. Supportato anche da una parte dei socialisti – tra cui spiccano Silone, Saragat e Cacciatore -, il nome di Croce cadde ben presto in quanto legato al partito liberale e alla Monarchia.

VERSO LA SCELTA FINALE

Mentre la candidatura di Croce rimaneva fittizia, il presidente del Consiglio De Gasperi sembrava appoggiare la candidatura dell’anziano Vittorio Emanuele Orlando a cui si aggiunse quella del repubblicano Carlo Sforza; mentre si affacciava timidamente il nome di Enrico De Nicola, giurista napoletano e già consigliere della Corona. Durante la pausa dei lavori della costituente i principali gruppi politici tennero delle riunioni per trovare un candidato condiviso. Da un lato De Gasperi e il gruppo democristiano appoggiavano Orlando, mentre Sforza, appoggiato dalle sinistre, non aveva il requisito della provenienza geografica che avrebbe dovuto essere da collante per il Paese in quanto il sud si era pronunciato in favore della monarchia. Fu a questo punto che Enrico De Nicola accettò la candidatura. La costituente votò in suo favore a larga maggioranza (323 richiesta): 396 voti a favore su 501 votanti.

LUIGI EINAUDI (1948-1955)
Il Primo Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Romanzo Quirinale atto I. foto ©Quirinale.it
Il Primo Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Romanzo Quirinale atto I. foto ©Quirinale.it

Le elezioni del presidente della Repubblica del 1948 tennero banco all’indomani delle elezioni politiche del 18 aprile, che videro il trionfo della Democrazia Cristiana (da adesso DC). L’accesa rivalità della campagna elettorale trovò spazio anche nella trama del Romanzo Quirinale del 1948. Le elezioni avevano oscurato il clima di collaborazione tra le forze politiche, aprendo di fatto la lotta politica aperta.

LA DIVISIONE POLITICA

Come per la scelta del Capo provvisorio, De Gasperi ripropose Carlo Sforza, in linea con la politica del suo governo verso l’apertura internazionale dell’Italia attraverso una figura rispettata all’estero, ma anche per aprire al mondo laico, garantendosi così il supporto necessario per dirigere l’elezione.

Purtroppo, le critiche maggiori principali provenivano dall’interno della DC. Un gruppo di parlamentari, facenti capo alla corrente di sinistra, guidata dal deputato Giuseppe Dossetti, non ritenevano idoneo il conte Sforza in quanto troppo vicino a posizioni atlantiste (l’Italia non era ancora entrata nella NATO, si stava discutendo ancora di probabile neutralità).

Mai tramontate le ipotesi di una rielezione di Enrico De Nicola, la direzione della DC aveva sul tavolo i nomi di Sforza e Bonomi. Già dopo i primi due primi scrutini si palesò la fronda dossettiana che portò al passo indietro Sforza, costringendo De Gasperi a guardare fuori dal mondo politico ed individuare nel governatore della Banca d’Italia il candidato ideale per la DC. La decisione di Luigi Einaudi fu subordinata al formale ritiro di Sforza, che venne recapitato al governatore l’11 maggio 1948.

L’ELEZIONE

Dopo il terzo scrutinio in cui le sinistre si sentirono emarginate, si palesò immediatamente la possibilità di Einaudi che al quarto scrutinio ottenne 518 voti contro i 320 di Vittorio Emanuele Orlando sul cui nome conversero la sinistra parlamentare e l’estrema destra. In favore di Einaudi votarono DC, Partito Liberale PLI, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), Partito Repubblicano Italiano (PRI), rappresentando così l’espressione della maggioranza parlamentare.

GIOVANNI GRONCHI (1955-1962)
Giovanni Gronchi secondo Presidente della Repubblica. Romanzo Quirinale atto II
Giovanni Gronchi secondo Presidente della Repubblica. Romanzo Quirinale atto II. ©Quirinale.it

L’elezioni presidenziali del 1955 costituirono per la DC un momento difficile a causa delle difficoltà interne a seguito della scomparsa di Alcide De Gasperi. L’ascesa di Amintore Fanfani alla guida della DC emarginò un gruppo di parlamentari, tra cui Giulio Andreotti, lasciati fuori dalla compagine del nuovo governo Scelba che costituirono la corrente Concentrazione.

La linea di Fanfani già dal 1954 aveva manifestato l’intenzione di candidare il presidente del Senato Cesare Merzagora, un parlamentare indipendente eletto tra le fila della DC.

IL CAMBIO DI ROTTA DC

Il 28 aprile 1955 i primi tre scrutini evidenziarono le divisioni interne alla DC. Il candidato di partito venne oscurato nei primi scrutini dal favore conseguito da Ferruccio Parri supportato dal PCI e dal PSI. In questa fase si verificò una lenta ascesa delle preferenze (30-127-281 voti nei tre scrutini) per il Presidente della Camera Giovanni Gronchi, supportato dalla minoranza DC, guidata dalla corrente Concentrazione

Gronchi risultava gradito al Partito Socialista che per il tramite di Pietro Nenni riuscì a convincere Palmiro Togliatti a convergere sul Presidente della Camera.

La Direzione DC riformulò le linee guida di partito e indirizzò il consenso verso Giovanni Gronchi il quale venne eletto al 4° scrutinio con 658 voti.

ANTONIO SEGNI (1962-1964)
Romanzo Quirinale. il Presidente Segni che fu costretto alle dimissioni a causa di un ictus
Antonio Segni terzo Presidente della Repubblica, si dimise a causa di un ictus dopo due anni di mandato. Romanzo Quirinale atto III. ©Quirinale.it

L’elezione di Gronchi manifestò le problematiche interne alla DC. Mentre quella di Antonio Segni si collocò in un momento in cui sia DC che PSI avevano problemi interni.

Il nuovo Presidente della DC Aldo Moro vedeva in Segni la chiave per realizzare una compagine governativa organica di centro sinistra.

I CANDIDATI

Antonio Segni aveva ricoperto incarichi ufficiali di governo fin dal 1944, guadagnandosi la stima in Italia e all’estero. La sua posizione moderata avrebbe garantito un giusto contrappeso per chi all’interno della DC non voleva la formula del centrosinistra.

Mentre in seno alla DC si faceva strada il nome di Segni, tra i socialisti, socialdemocratici e repubblicani emergeva il nome di Saragat .

La situazione favorì l’ascesa di altre candidature tra cui quella di Fanfani, ma anche Gronchi manifestò un gradimento per la rielezione.

LA LUNGA TRATTATIVA

L’elezione del Presidente della Repubblica del 1962 era considerata un referendum sulla formula del centrosinistra. I primi tre scrutini mostrarono le difficoltà interne alla DC.

Per raggiungere la quadra venne proposto a Segni e Saragat di fare un passo indietro. All’ottavo scrutinio la DC sembrò poter raggiungere il quorum per eleggere un suo candidato. Decisivo fu l’intervento di Fanfani che riuscì ad orientare i voti mancanti verso Segni che venne eletto con 443 voti contro i 334 di Saragat al nono scrutinio, con il supporto di DC, PLI, MSI e monarchici.

L’elezione del moderato Mario Segni fu vista come una garanzia per la formula del centrosinistra.

GIUSEPPE SARAGAT (1964-1971)
Romanzo Quirinale. l'elezione di Giuseppe Saragat
Giuseppe Saragat, Presidente della Repubblica 1964 – 1971

Le dimissioni di Segni a causa di un ictus e le crisi interne dei partiti non rendevano facile la via per l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Le sfide delle correnti interne alla DC, la scissione del PSI e la morte di Togliatti non rendevano facile le convergenze verso un nome condiviso.

I primi candidati scaturiti dai primi scrutini erano quelli di bandiera e non si prevedeva un’uscita veloce dall’impasse: Umberto Terracini per il PCI, Gaetano Martino per il PLI e Augusto De Marsanich per il MSI. Ma fu all’interno della DC che si consumò una sfida all’ultimo nome bruciando di fatto i possibili candidati, alternativi a quella di Giovanni Leone, tra cui quella di Fanfani.

L’USCITA DALL’IMPASSE

Dopo il nono scrutinio Fanfani lasciò cadere la propria candidatura. Mentre si susseguivano i dibattiti interni alla DC, compariva il nome di Pietro Nenni in un accordo tra PCI e PSI, ma fu l’intervento di Moro a portare i voti DC verso Giuseppe Saragat.

Si dovette arrivare al XXI scrutinio, il 28 dicembre 1964 e ad un appello di Saragat di unità antifascista per risolvere lo stallo, e convincere il PCI ad abbandonare Nenni. Egli ricevette 646 preferenze, componenti l’Assemblea 963, presenti 937, votanti 927, astenuti 10 maggioranza assoluta dei componenti l’Assemblea 482.

(continua…)

ROMANZO QUIRINALE PARTE II

ROMANZO QUIRINALE PARTE III