Una Storia antica
Nel 1335, nella cittadella di Visegrad, re Carlo I di Ungheria organizzò un incontro.
A partecipare fuorono invitati il re di Boemia, Giovanni di Lussemburgo e il re di Polonia, Casemiro III.
Scopo di questo “summit” era stringere un’alleanza per bilanciare l’espansione della monarchia austriaca.
Si decise inoltre una strategia per aver accesso ai ricchi commerci d’Europa.
Le componenti fondamentali della loro collaborazione correvano su un doppio binario.
Da un lato fungere da baluardo difensivo contro l’avanzata dell’Islam in Europa; dall’altro contenere le mire egemoniche della Russia sul continente.
I Paesi di Visegrad oggi
Ancora oggi ci riferiamo ai paesi d’Europa centrale, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia chiamandoli paesi di Visegrad.
La storia di questi Stati si traduce in una continua ricerca di spazio all’interno del territorio dell’Europa centrale, un’area strategica dal punto di vista geopolitico.
Nel 2004, insieme ad altri 6 Paesi, questi Stati entravano in massa nell’Unione Europea.
Il più grande allargamento nella storia dell’Unione.
Una scelta operata in un clima di grande ottimismo.
Vi era la certezza che l’Unione sarebbe stata in grado di integrare Paesi con storie ed esperienze diverse.
Già prima delle tensioni al confine tra Bielorussia e Polonia, diversi episodi avevano messo in evidenza le difficoltà di condivisione di valori europei con i nuovi arrivati.
Tanti interrogativi accompagnano il periodo di crisi dell’Unione e impongono una riflessione sui paesi di Visegrad.
Gli obiettivi di questi Stati non sembrano molto cambiati rispetto a 700 anni fa.
Una politica di totale intransigenza nei confronti dell’immigrazione volta a scongiurare il paventato “nuovo pericolo islamico”.
Una spesso infondata paura del pericolo russo.
Un grande interesse ai fondi dell’Unione, più che alla condivisione dei suoi valori.
Nelle puntate che seguiranno, andremo ad analizzare i motivi di contrasto tra i singoli Paesi di Visegrad e l’Unione Europea