Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’intervento di Alfonso Signorini sull’aborto e della televisione italiana.
«Siamo contrari all’aborto, in ogni sua forma» è l’affermazione perentoria con cui Alfonso Signorini si è espresso durante il programma televisivo Grande fratello Vip. La citazione, in cui compare sottinteso ma con forza quel “noi” dalla cui prospettiva parla il conduttore, ha fatto in breve tempo il giro dei social, scatenando reazioni di sdegno soprattutto da parte di chi ha maggiormente diritto a trattare dell’aborto: le persone con utero.
L’intervento di Signorini si situa all’interno di una gag dall’intento comico in cui si parla di cani. Di fronte alla possibilità di un aborto spontaneo da parte della cagna al centro del discorso, il conduttore riporta l’attenzione alla specie umana, affermando la sua linea di pensiero. La semplice frase «Siamo contrari all’aborto, in ogni sua forma», nella sua sinteticità, è quindi estrapolata dal contesto iniziale, ma il suo significato resta immutato. Realmente un uomo cis ha sentito l’esigenza di parlare di aborto in diretta televisiva e, soprattutto, di sottolineare la sua opposizione. Naturalmente l’evento è stato ripreso immediatamente anche dai giornali, che l’hanno raccontato con modalità diverse.
Partiamo dal Corriere della Sera, che ha pubblicato un articolo abbastanza sferzante, seppur su più fronti. Innanzitutto il Grande fratello Vip viene definito «un reality costruito su leggerezza (pure troppa) e disimpegno», togliendo quindi autorevolezza al conduttore e al programma. Subito dopo, però, si dice che il commento di Alfonsini «non poteva passare inosservata nell’era dei social (dove i commentatori seriali sono una tassa)». Un’affermazione pungente verso chi ha innalzato la propria critica.
Si passa presto all’analisi del commento di Signorini e vengono messe in luce tutti i suoi aspetti problematici, compreso l’aver dimenticato che il diritto all’aborto è una legge dello Stato. Anche in questo caso, al giudizio verso il conduttore viene fatta seguire immediatamente da una critica verso l’utenza dei social, che «si sono trasformati nella solita arena». Si può interpretare questa scelta comunicativa della testata come volontà di neutralità, oppure come strategia per strizzare l’occhio a entrambe le parti.
La Repubblica, invece, si concentra sulle reazioni che hanno seguito l’evento, sia all’interno del canale televisivo che sui social. Ciò è noto fin dal titolo: «Signorini contro l’aborto, Endemol si dissocia. Il presentatore: “Difendo la libertà di pensiero”». Anche la società produttrice del Grande fratello Vip, infatti, si è espressa in modo critico verso l’affermazione del produttore, pur restando nel vago:
D’altra parte Signorini sostiene di essersi espresso a favore della libertà di pensiero. Una mossa ormai diventata classica. La testata decide infine di concludere l’articolo citando l’opinione in merito di Jacopo Coghe, vicepresidente dell’associazione Pro Vita & Famiglia, e Giorgia Meloni.
Il Fatto Quotidiano pone nel titolo una controparte netta al conduttore: «Grande Fratello Vip, Alfonso Signorini in diretta: “Noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma”. Lucarelli: “Non rappresenti il Paese né le donne”». Il corpo del testo rispecchia questo titolo: un mosaico di commenti sul commento, di dichiarazioni pubbliche, tratte dai social, dei protagonisti e degli spettatori e spettatrici che hanno manifestato il proprio sdegno o la propria solidarietà.
Infine Il Foglio si esprime in modo molto netto contro le critiche emerse online negli scorsi giorni. Il titolo recita: «”Signorini, stai zitto!” Davvero la nuova battaglia femminista è sull’aborto dei cani?» e le affermazioni di biasimo verso il commento di Signorini vengono attribuite a una non meglio definita sinistra.
Nel corpo del testo si giustifica l’affermazione del conduttore, sostenendo che è stata pronunciata per porre rimedio a un altro rischio mediatico: la gag dall’intento comico sugli animali domestici doveva essere stemperata perché «i cani non si toccano neanche con un fiore (o scattano immediatamente le manette)». Dopo aver più volte ricordato questo intento nobile usando «i cuccioli di cane» per impietosire chi legge, si passa al benaltrismo: «c’era bisogno di precisarlo? Davvero mettendo a tacere Signorini si risolve il problema dell’alto tasso di mediocri obiettori di coscienza in alcune regioni italiane? È veramente questa la battaglia femminista?». Davanti a una situazione problematica, una strada spesso intrapresa è inseguire altre circostanze ben più degne – così vengono presentate – d’attenzione. E infatti l’articolo si conclude con una chiusa quasi surreale: «Spiace che in tutto questo surreale dibattito nessuno pensi alle creature più indifese: i cani».
In conclusione, ciascuna testata ha scelto un focus d’attenzione e una linea editoriale che appoggia Signorini o chi ne ha criticato le affermazioni. In alcuni casi potrebbe essere addirittura più comodo strizzare l’occhio ad entrambi. Non stupisce che nel momento in cui una persona che non si trova nella posizione più adatta per parlare di aborto lo faccia, una strategia di facile applicazione sia distogliere l’attenzione o riportare punti di vista a lei affini. D’altronde, se si vuole analizzare a fondo gli articoli considerati, solo uno di essi è stato scritto da una giornalista (Rita Celi per La Repubblica). In tutti gli altri casi siamo nuovamente davanti a uomini cis che parlano di aborto e di cosa a riguardo si debba dire in diretta televisiva.