Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo della parrocchia di Treviso che organizza una messa per celebrare la sconfitta del DDL Zan e della sua sospensione.
Dopo la bocciatura del disegno di legge contro l’omolesbobitrasfobia, la misoginia e l’abilismo, le urla e gli applausi dei senatori e delle senatrici contrarie alla sua approvazione sono diventati presto virali. Una reazione non inaspettata che ha concluso l’iter legislativo del DDL. Negli scorsi giorni anche un altro oppositore del disegno di legge ha reagito con forza: parte del mondo cattolico. La parrocchia di San Zenone (Treviso) ha infatti organizzato una «Messa di ringraziamento per il blocco del DDL Zan e preghiera» per il 10 novembre. La decisione è stata presa dal parroco don Antonio Ziliotto, ma la sua realizzazione è stata impedita poi dal sindaco Fabio Marin e dal vescovo Michele Tomasi.
La Stampa dà nel sottotitolo tutte le coordinate dell’avvenimento: «Una messa organizzata per “festeggiare” e una lettera aperta ai fedeli sulle sue motivazioni. Poi salta la funzione per le troppe polemiche e dopo il chiarimento col sindaco». Nel corpo del testo si riportano le parole del parroco – «Il Signore ha agito e ha sostenuto tutte le persone di buona volontà» – a rimarcare l’interpretazione divina della decisione politica.
Il sacerdote aveva incoraggiato la partecipazione alla celebrazione con un messaggio rivolto a chi frequenta la parrocchia per spiegare la sua posizione. Questo discorso è stato riportato dalla testata e, senza sorpresa, contiene riferimenti all’ideologia gender, alla sua presenza nelle scuole e al Self-ID per le persone trans. Tutti elementi assenti nel DDL.
Il Fatto Quotidiano riporta in apertura l’annuncio con cui la parrocchia di San Zenone ha comunicato la funzione in questione. Si passa poi a raccontare la prospettiva del vescovo di Treviso Michele Tomasi, il quale sostiene che «Non sembra opportuno un utilizzo strumentale della celebrazione eucaristica relativamente a una questione politica». Le motivazioni che hanno portato alla sospensione della celebrazione sono esplicitate poco dopo: «meglio evitare, per non creare polemiche e inasprire gli animi».
Non attirare critiche quindi. È questa la ragione concreta dietro l’intervento del vescovo. L’articolo si conclude con la delusione del sindaco, il presidio organizzato da un gruppo di giovani e le parole del parroco «Non volevo ferire nessuno», come se l’inconsapevolezza e la mancata comprensione del DDL potessero essere una scusante valida.
Il Corriere della Sera mette invece in luce un possibile secondo fine della messa organizzata a San Zenone: «qualcuno aveva addirittura ipotizzato che l’appuntamento fosse stato inserito come provocazione proprio nei confronti del primo cittadino, gay dichiarato, la cui minoranza consiliare aveva già presentato una mozione contro il ddl». Un’ipotesi che non allevierebbe di certo l’impatto della proposta del parroco. Il sindaco Marin, d’altra parte, sostiene che la celebrazione era voluta anche da coloro che chiama «fondamentalisti cattolici».
Si tratta di una vicenda che ha colpito fortemente l’opinione pubblica e che ha assunto un ruolo simbolico. È diventata una rappresentazione, seppur localmente circoscritta, per descrivere quella parte di Italia contraria al disegno di legge contro l’omolesbobitrasfobia, la misoginia e l’abilismo. Un avvenimento fortemente esposto a livello mediatico e raccontato direttamente attraverso le parole dei suoi protagonisti.