Nella giornata del 4 ottobre è avvenuto quello che Mark Zuckerberg ha definito “la peggiore interruzione [dell’attività dei social media] da anni”. Tutte le applicazioni, i siti web e le piattaforme complementari di Instagram, Facebook e WhatsApp hanno smesso di funzionare dalle ore 17:30 (ora italiana). Il down, che ha coinvolto diversi Paesi del mondo, è durato per diverse ore, costringendo innumerevoli imprese e persone a interrompere le loro attività. Il ritorno alla normalità, annunciato da Facebook attraverso un tweet, sarebbe avvenuto solo verso l’1:00 di notte (orario italiano), dopo che una squadra inviata al data center di Santa Clara, in California, ha resettato manualmente i server.
Sebbene le difficoltà sembrassero superate, l’8 ottobre Facebook ha ammesso che stavano persistendo ancora alcuni problemi tecnici che impedivano il corretto funzionamento delle piattaforme. La società è dovuta ricorrere ancora una volta a Twitter per scusarsi con gli utenti per gli inconvenienti.
Le cause del down
Secondo quanto riportato da Brian Krebs, giornalista investigativo esperto di cybersecurity, il guasto sarebbe stato causato dal malfunzionamento di un aggiornamento dei report del Border Gateway Protocol (BGP) di Facebook. In parole povere, è come se il sito avesse rimosso improvvisamente gli indirizzi che consentono ai dispositivi di tutto il mondo di accedere ai vari server connessi a Facebook.
Inoltre, il problema sarebbe stato aggravato dal traffico di utenti che cercavano insistentemente, benché inutilmente, di connettersi alle varie piattaforme tramite app e siti Internet. Questi tentativi avrebbero, infatti, sovraccaricato i server, rallentandone ulteriormente il funzionamento.
Non è la prima volta che Facebook Inc. deve affrontare un problema di tale portata. Episodi simili si erano già registrati lo scorso 19 marzo, quando le app erano andate in down per circa un’ora, e, ancora prima, il 3 luglio 2019.
Le ripercussioni
Le conseguenze del “lunedì nero” non sono state irrilevanti. Il titolo in Borsa ha perso il 4,9%, chiudendo a $326,72 milioni, con un crollo del 15% rispetto ai massimi, e scendendo addirittura a $322,70 milioni durante la giornata.
Il blackout, a cui si sono aggiunte le recenti accuse circa l’influenza negativa che i social hanno sui giovani, è costato a Zuckerberg un totale di circa 6 miliardi di dollari, a cui però si devono sommare le mancate entrate di pubblicità.
Tuttavia, l’americano non è stato l’unico a perderci. Le attività di e-commerce che lavorano tramite Instagram e Facebook hanno subito un calo dei ricavi. Importanti disagi hanno visto coinvolti anche coloro che mantengono i contatti con i clienti attraverso WhatsApp. Inconvenienti di cui Facebook e lo stesso Zuckerberg si sono prontamente scusati una volta risolto il problema.
A trarre vantaggio dalla situazione, invece, è stata la concorrenza. In poche ore, infatti, tutti gli utenti si sono riversati su piattaforme come Twitter, Telegram e Facetime.
La nuova sfida
La bufera scatenatasi su Mark Zuckerberg, però, non è finita una volta ripristinati i server.
Il 5 ottobre, Frances Haugen, ex product manager di Facebook, ha accusato il miliardario e la sua azienda di anteporre i profitti alla salute degli utenti e alla democrazia. Davanti al Congresso, infatti, la whistleblower ha ribadito la pericolosità dei prodotti di Facebook sulla società.
«Credo che danneggino i bambini, alimentino la divisione e indeboliscano la nostra democrazia»
Successivamente, la Haugen ha puntato il dito contro la dirigenza dell’azienda che «sa come rendere Facebook e Instagram più sicuri, ma non apporterà i cambiamenti di cui si ha bisogno, perché mette i suoi profitti smisurati davanti alle persone».
A tali accuse, Zuckerberg ha deciso di rispondere con un lungo post su Facebook in cui definisce quanto affermato dalla Haugen falso, illogico e insensato. Con le sue dichiarazioni e gli esempi apportati, il fondatore di Facebook si prefissa di confutare le critiche che gli sono state rivolte. Zuckerberg sostiene che la compagnia ha più e più volte preso decisioni consapevole del fatto che sarebbero state meno fruttuose in termini di profitti, ma che avevano come obiettivo la tutela delle persone.
Nelle sue parole, non mancano anche la gratitudine, la vicinanza ai colleghi e l’incoraggiamento a continuare a lavorare come sempre in vista di giorni migliori.
«So che è frustrante vedere il buon lavoro che facciamo essere frainteso, specialmente per coloro che stanno dando importanti contributi in materia di sicurezza, integrità, ricerca e prodotto. Ma credo che alla lunga, se continuiamo a fare ciò che è giusto e proviamo a fornire esperienze che migliorano la vita delle persone, andrà meglio per la nostra comunità e il nostro business».
A conclusione della lettera, il fondatore di Facebook ha sottolineato quanto l’impatto sulle persone sia un aspetto di fondamentale importanza per lui e per la compagnia. Questa attenzione, secondo lui, sarebbe evidente a tutti gli utenti, visto che «miliardi di persone amano i nostri prodotti».
Sono giorni burrascosi, questi, per Mark Zuckerberg e il suo impero, che d’ora in avanti dovranno far prova di eticità e sicurezza per difendere la loro immagine e reputazione sotto gli occhi attenti di tutto il mondo.