Andrea Provana di Leinì si trovò al comando delle galee piemontesi che erano tra le fila della flotta cristiana comandata da Don Giovanni d’Austria durante lo scontro con la flotta turca a Lepanto, il 7 ottobre 1571. Questa presenza stava a significare il supporto che il ducato di Savoia dava alla corona asburgica.
I PROTAGONISTI
Durante l’ultima fase delle guerre d’Italia (1494-1559), il piccolo Piemonte era stato conteso tra Spagna e Francia. Quest’ultima lo aveva occupato, costringendo il duca Carlo a vivere a Vercelli, lontano dalla capitale. L’unico figlio superstite del Duca, Emanuele Filiberto, ottenne la possibilità di recarsi in Spagna e ottenere l’educazione riservata all’erede al trono Filippo.
Ad accompagnare il duca venne nominato come paggio Andrea Provana, figlio del maggiordomo di corte, e più anziano di sei anni. Durante il periodo di formazione, il giovane paggio ricevette la stessa formazione del principe, diventando per lui un esempio.
Questo sodalizio fu alla base della rinascita piemontese del XVI secolo. Il legame con la Spagna si concretizzò con l’esperienza nelle Fiandre, dove il giovane Emanuele Filiberto – il futuro Testa di Ferro – diede prova delle sue qualità militari.
IL DUCATO DI EMANUELE FILIBERTO
Quando nel 1553 il duca Carlo morì, il ducato venne retto dalla luogotenenza del maresciallo di Challant, ma vicende avverse portarono alla morte degli ufficiali designati a tali compiti. Fu allora che Emanuele Filiberto, impegnato ancora nelle guerre spagnole delle Fiandre, inviò Andrea Provana nei suoi territori con l’incarico di riportare sotto controllo la situazione.
Le lettere di Andrea Provana e degli altri priori piemontesi giunsero nelle Fiandre, dove il giovane principe stava riportando numerose vittorie. La situazione era grave, i francesi erano sul territorio piemontese. Emanuele Filiberto sconsolato decise di tornare in Patria. Il suo soggiorno durò poco, dal maggio 1555 al luglio di quell’anno. In Piemonte Emanuele Filiberto visitò solo Vercelli, mentre la desiderata visita di Nizza e delle altre piazze in difficoltà non fu possibile. Intanto la politica europea subiva una variazione di rilievo: Carlo V abdicava in favore del figlio Filippo, che giunse subito ad un accordo di tregua con il re di Francia Enrico II. L’accordo prevedeva che le terre piemontesi fossero affidate alla Francia per cinque anni dietro un compenso di 20000 scudi annui.
Il duca fu sdegnato di come si erano messe le cose, ma il Provana intuì la necessità di approfittare della tregua per fortificare le posizioni piemontesi, perché la pace sarebbe durata poco. Così il Leinì fu inviato a Nizza, dove doveva fortificare il porto e allestire una flotta da guerra. La svolta per il piccolo ducato avvenne all’indomani della vittoria di S. Quintino, allorché il duca Emanuele Filiberto recuperò i suoi possedimenti sbarcando a Nizza il 3 novembre 1559; infatti dopo la pace di Cateau-Cambrèsis il giovane principe iniziò l’opera di ammodernamento del piccolo ducato. Per gli aspetti legati alla marineria risultò fondamentale la nomina di Andrea Provana a Capitano generale delle galee.
LA MARINA SABAUDA
La marina del ducato di Savoia è stata per molto tempo definita Marine de Montagnards. La posizione geografica e la presenza solo nel porto di Villafranca aveva relegato le attività prevalentemente sui corsi d’acqua dolce alpini tra il Rodano e il lago di Lemano.
Questa tradizione “montagnarda”, non tirò indietro i Conti di Savoia nelle imprese mediterranee, pur non potendo competere nel corso del XIV secolo con le marine delle quattro repubbliche marinare. Il Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, a capo di nobili ufficiali, partecipò ad una crociata.
Il Ducato nel 1560 aveva quattro galee: La Capitana, galea ammiraglia; La Margherita di proprietà del duca e costruite da Provana; La Moretta di proprietà di Moretto; La Piemontesa, di proprietà di Spinola. Il Duca però desiderava una flotta di almeno dieci galee. Quattro gli erano state promesse dalla Francia, come dote di Margherita, le altre bastava comprarle ad un prezzo conveniente. Il Duca si mise all’opera per acquisire le nuove galee. Inviò emissari in Francia e preso il conte di Tenda al fine di ottenere la flotta pianificata.
Durante questo periodo di incremento per la flotta sabauda, il Duca Emanuele Filiberto adottò un provvedimento che snelliva l’iter per le richieste e l’amministrazione della marina, infatti fino a quel momento tutto doveva essere vagliato dal Duca in persona.
Si stabilì in vari capitoli quanto si doveva osservare, il compito di amministrare toccò ad Andrea Provana. Nei capitoli venivano trattate le ciurme, i marinai con le rispettive paghe e con la rispettiva razione di viveri, si stabiliva la modalità di mantenimento di ogni galea. I capitoli divennero efficaci, per due anni, a partire dal 1 giugno 1561. Intanto continuavano a stento le trattative per ottenere le galee dalla Francia. I vari incontri non portarono a nessun risultato, anzi i francesi vendettero le galee trattate dai piemontesi ad un mercante genovese. Allora il delegato del Duca, Achardi, si rivolse ad un privato francese, e dopo lunghe trattative, acquistò una galea di nome, S. Pietro, pagata 12000 scudi. Mancavano solo le galee di Francia, che raggiunsero Villafranca entro il 1562.
L’importanza che il Duca dava alla marina, fu chiara da un decreto che stabilì che i migliori marinai del ducato non dovessero prestare servizio per altri principi, inoltre tutte le galee, tranne la Piemontesa, erano di proprietà del Duca. Egli voleva una flotta di 12 galee, e nel 1564 c’era quasi riuscito: ne mancava soltanto una.
L’OPERA DI ANDREA PROVANA DI LEINI’
Nel 1570 quando iniziò la guerra di Cipro, la marina del Duca disponeva di tre galee armate più due di riserva, fra cui una nuova. Il Duca era in attesa delle galee di Francia, per raggiungere una flotta di 20 galee. Inoltre chiese a Filippo II di stipendiare le galee piemontesi. Il re di Spagna, impegnato nelle trattative della Lega Santa, rispose positivamente, a patto che il Duca tenesse armate dieci galee, con l’obbligo di mandarle come aiuto in qualsiasi impresa spagnola, e che il suo comandante, Andrea Provana, ubbidisse al comandante in capo della flotta spagnola. In quel periodo le galee piemontesi, godevano di buon nome, grazie anche ai rapporti stilati da Morosini.
La flotta sabauda era pronta a qualsiasi azione il Duca volesse sottoporla. Prima di essere impegnata a Lepanto la marina sabauda, dopo la restituzione del ducato a Emanuele Filiberto, operò in altre azioni, soprattutto contro i corsari nel nord Africa.
LA FLOTTA PIEMONTESE A LEPANTO
Dopo la conclusione della Lega Santa, l’ambasciatore veneziano chiese al Duca di inviare le sue galee a Corfù. Il 22 giugno il Duca inviava al suo ammiraglio le norme da adottare per il viaggio. Doveva partire con le tre galee da Nizza insieme a Don Giovanni d’Austria, una volta giunto a Otranto dove si trovava la flotta veneziana, comandata da Sebastiano Venier, si doveva presentare e mettere al suo servizio.
Emanuele Filiberto raccomandò al Provana di rientrare a Villafranca con tutta la flotta e di evitare che lo stendardo sabaudo andasse in mani nemiche. Il 25 luglio la flotta piemontese salpò. Le tre galee Capitana, Piemontesa e Margherita, erano armate con massima cura, oltre ai marinai vi erano 200 soldati, il Duca non badò a spese. Il comandante della Lega fu molto gentile con l’ammiraglio sabaudo, ma fece capire che quella era un’azione difensiva, per cui egli non avrebbe messo a rischio la flotta cristiana. A Genova salì sulla Capitana anche il Duca di Urbino con altri illustri cavalieri. L’otto agosto l’armata giunse a Napoli, dove una folla festante l’accolse in modo solenne.
Il 14 agosto il cardinale Granvelle consegnò lo stendardo della Lega a Don Giovanni, la cerimonia si svolse nella chiesa di Santa Chiara. Voci dicevano che il giorno dopo la flotta sarebbe partita per Messina per congiungersi con il Colonna e il Venier. Intanto Provana non era pienamente soddisfatto delle sue galee: la Capitana e la Piemontesa servivano bene, ma la Margherita, che era la vecchia Moretta, lasciava a desiderare, faceva acqua, il legno era fradicio e le riparazioni non reggevano. Allora Provana propose di sostituirla con una nuova fatta costruire a Napoli, dove ottenne la promessa di realizzazione in quattro mesi con 2000 scudi sullo scafo della Margherita. Aspettando la risposta del Duca, non prese alcun impegno. Il Duca rifiutò e scrisse che a Villafranca sarebbe costata di meno. Il Duca ordinò di ritornare a Villafranca con tutte le galee, appena terminata la campagna.
LA BATTAGLIA VISTA DAI PIEMONTESI
La Capitana con Provana stette nel centro a destra della Real (nave ammiraglia della flotta cristiana), subito dopo l’ammiraglia pontificia. La Piemontesa di Ottavio Moretto era l’ultima galea della squadra di destra comandata dal Doria, così come la Margherita. La Capitana di Savoia giunse allo scontro con la terza galea dopo la Sultana (nave ammiraglia del Sultano), subito corse in aiuto un’altra galea turca, la lotta mostrò la sua durezza: un colpo raggiunse Provana, ma alla fine grazie all’aiuto di un’altra galea cristiana riuscì anche a catturare le galee contro cui combatteva. Sorte cruenta toccò alla Piemontesa, che si trovò di fronte le galee di Occhialì: tutto l’equipaggio, tra cui il figlio del capitano, fu ucciso; sopravvissero solo 12 uomini. La Margherita rimase al sicuro con le galee del Doria che stettero in disparte.
Dopo la battaglia la flotta riparò a Petala; lì Provana cercò di riassettare la Piemontesa, vi riuscì e mise al posto del Moretto il capitano Giovan Battista Badat. Una volta a Corfù l’ammiraglio riuscì a vendere una galea catturata con una nuova e bruciò la vecchia Margherita. Il Venier gli donò 50 schiavi turchi per rincalzare le perdite.
Provana desiderava ardentemente rientrare a Villafranca per risistemare le altre due galee, che avevano bisogno di manutenzione. Dopo aver salutato il Venier, partì con le galee genovesi verso Villafranca.
Il Duca attendeva le notizie della campagna, il 23 ottobre giunse a Torino un corriere da Venezia per l’ambasciatore, il Duca attendeva la relazione, per avere informazioni sulle sorti della Piemontesa, che i dispacci veneziani davano persa. Il 19 novembre giunsero al Duca le notizie del suo ammiraglio, che al termine di novembre raggiunse Villafranca e il 1 dicembre era a Torino, dove fece una ampia relazione sui fatti accaduti.
L’impresa di Lepanto fece nascere nel Duca il desiderio di rinnovare due antichi ordini: quello di San Lazzaro e di San Maurizio. L’idea del duca era quella di usare le entrate degli ordini per finanziare le azioni contro i corsari La presenza sabauda a Lepanto aveva ancora una volta rimarcato il rapporto con la corona di Spagna, nel tentativo di fermare l’avanzata turca nel Mediterraneo occidentale.
RIFERIMENTI:
Emanuele Di Muro, Andrea Provana di Leinì. Un piemontese a Lepanto (1571).
*Immagine di copertina realizzata da https://valentinapasta.it/ ©Emanuele Di Muro.