Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo di Najla Bouden Romdhane, prima ministra della Tunisia.
Mercoledì 29 settembre 2021 il presidente tunisino Kais Saied ha incaricato Najla Bouden Romdhane di formare il nuovo governo. Siamo ancora in una fase iniziale, ma la scelta di Saied sembra definitiva e Bouden sarà a tutti gli effetti a capo della Tunisia.
La necessità di un nuovo governo è impellente, in quanto nel Paese da alcuni mesi il Parlamento è sospeso per volontà del presidente. Da qualche giorno anche la Camera si trova nella stessa situazione. Di conseguenza non ci sarà il voto di fiducia di fronte al Parlamento, ma solo l’assenso da parte di Saied.
Bouden è un’ingegnera specializzata in geofisica, ha un dottorato di ricerca in ingegneria sismica ed è docente universitaria. Fino alla nomina come premier, era a capo di un progetto di revisione dell’istruzione superiore presso il Ministero dell’Istruzione. Non ha quindi importanti esperienze politiche alle spalle.
La sua nomina non è stata accolta in modo uniforme in Tunisia. Si teme infatti che i suoi poteri siano limitati per via dell’autoritarismo del presidente e che sia stata scelta per aumentare la legittimità della Tunisia agli occhi internazionali.
Tgcom24 dà la notizia omettendo il nome all’interno del titolo e scegliendo di accompagnare la carica dal termine “donna” e non semplicemente dall’articolo femminile: «La Tunisia avrà una donna premier: è la prima volta in un Paese arabo».
L’articolo si apre poi con un breve sunto di come la testata ha interpretato la notizia: «Svolta rosa in Tunisia». Si apre quindi un paragrafo in cui l’enfasi è interamente concentrata sull’aspetto pionieristico della vicenda: è la prima volta che una donna diventa prima ministra in un Paese arabo. A livello giornalistico è indubbiamente funzionale, ma questo lato della notizia potrebbe coesistere con un approfondimento maggiore dell’identità della persona in questione o della situazione politica in cui si trova.
Tale narrazione sottolinea ancora di più la straordinarietà dei traguardi femminili e, al posto di avvicinare a livello culturale i ruoli apicali a un numero sempre maggiore di donne, la sottotraccia è che la loro collocazione al vertice sia insolita. Si comunica quindi che quelle cariche non sono naturali per le donne.
Inoltre Tgcom24 mostra una certa resistenza a declinare al femminile i sostantivi professionali. La testata specifica anche che Bouden è dal 2011 «direttore generale» del Ministero dell’istruzione superiore e della ricerca. Poi viene denominata «il capo di governo» e «il capo dello stato». Questa scelta linguistica persiste anche quando i verbi vengono coniugati rispettando l’identità di genere di Bouden e creando così degli accostamenti stridenti: «è stata nominata primo ministro tunisino».
Si ritrovano le stesse tendenze anche leggendo l’articolo della Stampa. Nel titolo vediamo infatti «donna premier» e nel corpo del testo si legge che Bouden «ha ricoperto la carica di direttore generale e capo dell’Unità di gestione del Progetto di Modernizzazione dell’Istruzione Superiore a sostegno dell’occupazione». È presente anche un accostamento stridente come nella testata vista in precedenza: la nuova premier è definita «una professore».
In questo articolo estremamente sintetico non manca l’enfasi pionieristica. Bisogna inoltre sottolineare che l’attenzione posta sulla prima volta «nel mondo arabo» tende a distrarre chi legge dal contesto politico in cui vive. Secondo i dati del 2019 riportati dall’AGI, infatti, considerando i Paesi UE e il Regno Unito, solo il 14,3% dei premier è una prima ministra. Una situazione non particolarmente rosea e non facilitata dai vertici italiani.
Il Quotidiano nazionale apre l’articolo con un riferimento alla composizione della Camera islandese (al 47,6% formata da persone che si identificano nel genere femminile). Una scelta comunicativa ben precisa che mira a stabilire un confronto, una gara tra i Paesi che danno più spazio alle donne nelle posizioni apicali. Una decisione che, però, è anche riduttiva e sfuma definitivamente con un uso incerto dei sostantivi professionali. Tra «Donna premier» nel titolo, «la neo-premier» e «ingegnere di formazione» nel testo, alcuni titoli sembrano più difficili da declinare di altri.
Una testata che sceglie il femminile per i sostantivi professionali è Il Post, che omette però il nome di Bouden nel titolo e lo inserisce nel sottotitolo. Il carattere dell’articolo è chiaro fin dalle prime battute: «Capire la nomina della prima donna a capo di un governo in Tunisia».
Vengono subito riportate le diffuse perplessità sulla nomina di Bouden per via del crescente autoritarismo del presidente Saied. Bisogna infatti considerare che i poteri della prima ministra potrebbero essere fortemente limitati. Si scende inoltre nei dettagli delle diverse opinioni nate in Tunisia e legate alla nomina di Bouden. Il partito Ennahda, ad esempio, l’ha dichiarata illegittima perché la scelta di Saied si è svolta in modo contrario rispetto ai valori della democrazia.
Viene quindi data luce alla complessità della situazione politica in esame, riportando anche le affermazioni di Fida Hammami, attivista e ricercatrice tunisina che coordina nel Nordafrica e nel Medio Oriente la Lega internazionale delle donne per la pace e per la libertà. Hammami non gioisce della nomina di Bouden e sostiene che, allo stato attuale, una donna riesce a raggiungere un ruolo apicale di questo tipo solo quando «è svuotato completamente di qualsiasi potere, quando si limita a essere un volto e un’esecutrice di ordini dati da un uomo». D’altra parte, però, l’Associazione tunisina per le donne democratiche ha accolto con favore la scelta del presidente, richiamando anche la necessità di un’immediata riunione del Parlamento.
La situazione politica tunisina può quindi essere descritta con una complessità maggiore di una “svolta rosa” o di una gara al Paese con la maggior componente femminile. La strategia comunicativa e il punto di vista adottati da ciascuna testata determina il tipo di narrazione riportata. Inoltre non usare i titoli professionali in accordo con l’identità di genere della persona a cui ci si riferisce significa non riconoscerne la piena autorità. E di conseguenza fermarsi a una narrazione per sommi capi degli eventi.