Con il gol di Daniel al suo esordio da titolare in Serie A, è iniziato l’atto III° della lunga dinastia della famiglia Maldini. Se esistessero i nobili nel calcio, loro sicuramente loro ne farebbero parte. Da 70 anni presenti nello sport della pedata (non ininterrottamente ma quasi, se si prendono in considerazioni tutti gli incarichi e i ruoli ricoperti), attraverso la loro storia abbiamo provato a raccontare alcuni dei momenti salienti del calcio: dalla nascita della Coppa dei Campioni all’Hysel, dallo scudetto del Verona a quello dello Lazio.
Dinastia s.f. [/di·na·stì·a/]
Secondo il vocabolario il significato è: Discendenza o famiglia i cui membri acquistino un particolare rilievo in un determinato settore. Sarà forse una descrizione troppo schematica per definire la storia della famiglia Maldini, ma sinceramente, volendo esprimersi sinteticamente e in parole povere, non ne esiste una migliore. A partire dal 1954, fino ad arrivare ad oggi, si sono disputati 68 campionati di Serie A. In 40 di essi, almeno in una occasione, è sceso in campo un Maldini.
L’ultimo dei Maldini
Daniel Maldini, come tutti sanno, è figlio di Paolo e nipote del compianto Cesare. È l’ultimo germoglio, spuntato da un albero genealogico che ha le proprie radici ben piantate nel terreno fertile del calcio italiano e mondiale. Il fatto che sabato 25 settembre 2021, nella trasferta contro lo Spezia, ha timbrato il primo cartellino da titolare in Serie A, sarebbe stata già di per sé una notizia.
Ma il ragazzo, che compirà vent’anni tra un paio di settimane, sa che sulla maglietta c’è scritto un nome importante, quindi non poteva limitarsi a una prestazione ordinata, ma priva di particolari spunti. Un Maldini fa le cose in grande, un Maldini non passa mai inosservato. Cosa fare allora, per tornare a stupire il mondo del calcio? Che ne dite di un gol (che si rivelerà decisivo ai fini del risultato finale) alla prima da titolare? Detto, fatto. La parola “banale” non esiste nel vocabolario di famiglia.
Gioca in attacco, quindi il ritorno al gol di un Maldini in Serie A era un evento molto più che probabile, ragionando a medio termine. Ma che la rete sia arrivata alla prima da titolare è davvero un bel biglietto da visita. Qualche tifoso un po’ troppo frettoloso auspicava già che la società gli presentasse il foglio di via, dimenticando quanto sia giovane e quanto poco spazio abbia trovato fino ad ora. Allo stesso tempo, possiamo dire che le stigmate del campione, toccata in sorte al nonno e al padre, non si siano ancora manifestate. Quello di Daniel al momento è un bel racconto, ma non ancora una favola. Bisognerà aspettare per capire davvero di che pasta sia fatto.
Nonno Cesare
Cesare, il capostipite dei Maldini, è l’unico, fino ad ora, che abbia vestito altre maglie, oltre quella del Milan. L’esordio in Serie A è datato 24 maggio 1953, giorno in cui la U.S. Triestina, squadra in cui militava a quel tempo, gioca sul campo del Palermo. Al Milan approda l’anno seguente, nella stagione 1954/1955. Debutta alla prima giornata, a San Siro, proprio contro la sua ex squadra. Il primo gol in carriera è quello dell’ex: segna infatti la rete del momentaneo 2 a 2 nella partita di ritorno, proprio contro i triestini. Ma non si ferma lì, perché un minuto dopo realizza anche una autorete. La parola “banale”, non fa proprio parte del vocabolario di famiglia. Il match terminerà 4 a 3 per i padroni di casa.
Quello stesso anno vincerà il suo primo scudetto, mentre quello successivo, quando nascerà la Coppa dei Campioni, il suo Milan sarà la prima squadra italiana a parteciparvi. E nel 1963, la prima italiana a vincere la finale, che per l’occasione si disputata a Wembley. I rossoneri superano i campioni in carica del Benfica, con il risultato di 2 a 1, ed il trofeo viene consegnato nelle mani di capitan Cesare Maldini.
Terminerà la sua carriera nella stagione 1966/1967 con all’attivo 4 scudetti e una Coppa dei Campioni. Nella sua ultima stagione da calciatore lascia il Milan per vestire un’altra maglia granata, quella del Torino. Nereo Rocco, suo mentore, ha tracciato il percorso di tutta la sua carriera. Infatti, è stato proprio il Paròn a portarlo con sé prima da Trieste a Milano, poi nel capoluogo sabaudo.
Da allenatore vince 3 titoli europei con l’Under 21 azzurra, dal 1992 al 1996. È stato il secondo di Bearzot ai mondiali di Spagna 1982, mentre era alla guida delle Nazionale a Francia 1998. L’esperienza in azzurro termina ai quarti di finale, contro la Francia, che poi prevarrà in finale contro il Brasile. Per alcuni mesi siederà anche sulla panchina del Milan, nella fase conclusiva della stagione 2000/2001, subentrando a Zaccheroni.
Papà Paolo
Paolo Maldini, di secondo nome Cesare (non lo sapevate, dite la verità) debutta in Udinese-Milan 0-0 del 20 gennaio 1985. A soli 16 anni, il Barone Liedholm lo fa esordire nei minuti finali, al posto di Battistini infortunato. È una scelta talmente inattesa che Paolo non ha con sé nemmeno le scarpe. Deve farsele prestare da un compagno che, però, porta una misura più piccola. Comunque, che giochi con le scarpe strette, non se ne accorge nessuno. Quell’anno il campionato lo vince il Verona dei miracoli di Osvaldo Bagnoli. I complottisti dell’epoca rileveranno come la vittoria dello scudetto da parte di una provinciale, scaturisca nel primo – e resterà l’unico – anno in cui il direttore di gara viene designato attraverso il sorteggio integrale, ovvero senza alcuna restrizione di sorta.
Poche settimane dopo la conclusone del campionato, è prevista la finale di Coppa dei Campioni, che mette di fronte il Liverpool e la Juventus: è la tragica notte dell’Heysel, 39 italiani, tifosi della Juventus, perderanno la vita a causa degli hooligans. Tornando a Paolo, il debutto da titolare avviene pochi mesi più tardi, alla prima giornata del campionato 1985/1986. Il calendario prevede Bari-Milan, il risultato finale sarà di 0 a 1. Sedici mesi più tardi arriva anche il primo gol in carriera: è il 4 gennaio 1987, quando sigla il gol vittoria in Como-Milan 0 a 1. Curiosità: tutti e tre hanno realizzato il loro primo gol in trasferta.
Il Milan dell’epoca non è una squadra competitiva. Mentre Juventus e Roma fanno il bello e cattivo tempo nella prima metà degli anni Ottanta, i rossoneri si fanno 2 anni di Seriw B nelle stagioni 1980/1981 e 1982/1983. Tra le stagioni 1984/1985 e 1986/1987 arrivano due quinti posti e un settimo posto. La strada verso la gloria sembra tutta in salita per Paolo. In più ci sono le sirene della Juventus, squadra per la quale tifava da bambino, a confonderlo. Poi, Silvio Berlusconi, noto nel mondo degli affari come costruttore edile ed editore, nel febbraio 1986 diviene proprietario della società, ormai a un passo dalla liquidazione. Da quel momento cambia tutto. Nel campionato 1987/1988 i rossoneri vincono a sorpresa lo scudetto, superando in classifica il Napoli di Maradona a tre giornate dalla fine.
In quello scudetto germoglia il seme del Milan degli invincibili. Nel 1995, a soli 26 anni Paolo Maldini ha già surclassato il palmarès del papà: 4 scudetti, 3 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali, solo per citare i trionfi più importanti. Il primo ciclo del Milan berlusconiano si conclude, così dopo diversi anni di magre soddisfazioni torna alla ribalta la Juventus. In panchina siede Marcello Lippi, mentre Vialli, Baggio e Ravanelli formano invece l’attacco. Per i rossoneri il riscatto arriva nella stagione 1998/1999, con una rocambolesca vittoria del campionato ai danni di una Lazio che, a livello di nomi, può essere considerata il PSG dell’epoca. Una vera collezione di campioni. Ma è un successo episodico, frutto di una serie di circostanze favorevoli e di un pizzico di follia, con la quale gli Dei del pallone si divertono a farci impazzire.
L’anno seguente la Lazio restituisce il favore, anche se non ai danni del Milan, bensì della Juventus, che all’ultima giornata nel pantano di Perugia viene colpita e affondata da un tiro del difensore Calori. Nella fila del Perugia gioca anche Marco Materazzi che, 2 anni più tardi, si troverà dall’altra parte della barricata: toccherà a lui ed alla sua Inter soccombere all’ultima partita della stagione, venendo scavalcati proprio dai bianconeri vittoriosi a Udine, mentre all’Olimpico la Lazio sconfigge 4 a 2 i nerazzurri in un clima davvero irreale. I tifosi laziali, nella speranza di non vedere la Roma aggiudicarsi il titolo, fanno palesemente il tifo per l’Inter.
Di quel giorno passeranno alla storia due momenti: Ronaldo, con il viso tra le mani nel tentativo di nascondere il suo pianto a dirotto, e lo stesso Materazzi, probabilmente scosso e per questo poco lucido, che si fa scappare la frase, rivolta agli avversari: «Vi ho fatto vincere lo scudetto 2 anni fa…». Come a lasciar intendere che avrebbero dovuto restituire il favore.
Intanto nella stagione 2002/2003 comincia il secondo ciclo degli invincibili in casa Milan. Tornati nelle zone alte della classifica, mantengono a lungo la testa e mollano la presa solo nella seconda metà del girone ritorno, concludendo alle spalle di Juve e Inter. Ma non resteranno a bocca asciutta: per la prima volta nella storia della competizione, due squadre della stessa nazione si contenderanno la Coppa dei Campioni, divenuta nel frattempo Champions League.
È ancora una questione tra Milan e Juventus, ma a prevalere questa volta sono gli uomini di Carlo Ancelotti, alla guida dei rossoneri da poco più di un anno. Per il tecnico emiliano, che già veniva considerato dagli addetti ai lavori un eterno secondo, è il primo successo di una lunga serie. Per Paolo, non è solo la quarta coppa dalle grandi orecchie, ma la prima da capitano, eguagliando così il papà Cesare, esattamente 40 anni dopo.
A 33 anni, Paolo non può più fare la fascia sinistra avanti e indietro, così Ancelotti lo trasforma in difensore centrale, per allungargli la carriera. In campionato, per le tre stagioni a seguire, sarà sempre un duello tra il Milan e la Juventus, con i rossoneri che avranno la meglio solo una volta, nel 2003/2004. Dopo l’assurda finale di Istanbul del 2005, sbloccata proprio da un gol di capitan Maldini e persa poi ai rigori contro il Liverpool, l’ultimo trofeo sollevato è ancora una Champions League, la quinta personale, la seconda da capitano, nella rivincita contro gli inglesi.
Due anni più tardi, a 41 anni, dà il definitivo addio al calcio, omaggiato da una standing ovation di tutto lo stadio Franchi di Firenze, al termine di Fiorentina-Milan. Fino al 2020, prima di venire scavalcato da Buffon, deterrà il record di presenze in serie A.
Dopo un lungo corteggiamento, durato anni, dal 2018 è divenuto dirigente dei rossoneri. Nel 2019 sostituisce il dimissionario Leonardo, assumendone il ruoòo di direttore tecnico della società. Qual è la prima partita che gioca il Milan, dal momento della sua nomina? Udinese-Milan, la stessa del suo esordio da calciatore. La parola “banale” non fa parte del vocabolario della famiglia.