L’Italia ha avuto un rapporto speciale con l’Afghanistan, come dimostra l’ attività del Ministro Plenipotenziario Pietro Quaroni. Un approfondimento della sua vicenda avrebbe potuto aiutare nella comprensione e nella gestione della ventennale presenza italiana nel Paese cerniera dell’Asia.
A Kabul ho più che imparato, toccato con mano, l’unità della storia del mondo. La storia, come ce l’insegnano nelle nostre scuole, sembra rotare tutta sulla magistrale Grecia, Roma, Rinascimento, mondo moderno: tutto quello che c’è stato prima di essa e fuori di essa è secondario. È questa concezione nostra tradizionale, secolare, che falsa, ancora oggi, il nostro pensiero politico e ci rende difficile, non dico accettare, ma anche solo comprendere quello che sta accadendo nel mondo d’oggi. L’Afghanistan è stato, nei secoli, punto d’incontro e di scontro fra tanti imperi differenti, fra tante ideologie diverse. Roma, l’India, la Persia, la Cina: questo lo si sente fisicamente, lassù, sul Tetto del mondo.
Così scriveva Pietro Quaroni in Il mondo di un ambasciatore, pubblicato a Milano nel 1965 per la casa editrice Ferro.
CHI ERA PIETRO QUARONI
Brillante diplomatico, proveniente da una agiata e culturalmente vivace famiglia, dopo l’esperienza nella Prima Guerra Mondiale, si dedicò alla carriera diplomatica. Intelligente ed ambizioso compì la sua prima missione diplomatica a Istanbul, negli anni in cui il kemalismo stava compiendo il destino dell’Impero Ottomano.
Ciò che condizionò la formazione del diplomatico Quaroni fu il contatto con il mondo russo influenzato anche dalla donna che sposò, Larissa. La famiglia di Larissa era di antica aristocrazia russa che dopo la rivoluzione fu impegnata con organizzazioni che aiutavano il nuovo governo nella pianificazione economica. Dopo il matrimonio, il governo sovietico arrestò Larissa a causa del divieto di sposare uno straniero. Quaroni riuscì a farla liberare, ma il governo di Mosca li espulse. Dal 1927 al 1935 la carriera di Pietro sembrava inarrestabile, ma un’incauta conversazione con un giornalista francese e un articolo per l’ISPI sulla crisi etiopica e sulla politica estera di Mussolini causarono il suo allontanamento dal Ministero degli Esteri.
L’ESILIO A KABUL
In quegli anni l’Italia e l’Afghanistan non avevano praticamente rapporti diplomatici, se si esclude l’accoglienza al ex re Amanullah, deposto nel 1929, che sperava di ritornare sul trono. La missione diplomatica di Quaroni sarebbe stata di Ministro Plenipotenziario con lo scopo di intensificare i rapporti economici e commerciali con l’Afghanistan. Il Paese del centro Asia sarebbe diventato un tassello importante nel tentativo di disturbo all’Impero Britannico in India, dove la politica dell’Asse forniva supporto.
Quaroni comprese che il crocevia dell’Asia fosse un luogo perfetto per studiare le dinamiche politiche in atto nel continente
CONOSCERE LA CULTURA LOCALE
L’Ambasciatore studiò il persiano, conquistando le simpatie delle élites locali. In questa stagione egli riuscì ad allargare la sua visione culturale e politica, eliminando la chiusura dell’approccio eurocentrico delle analisi geopolitiche. Egli comprese che in Asia il colonialismo era in declino, anche grazie alla spinta dei movimenti nazionalistici che la stessa Gran Bretagna aveva contribuito a formare. Si avvicinò alla cultura indiana e manifestò un grande interesse per la religione islamica. Venne affascinato dalle interconnessioni culturali fra Oriente e Occidente. La passione per la riscoperta del passato e delle antiche culture locali lo portò a partecipare anche a delle spedizioni archeologiche francesi nella zona di a Bamiyan – nota al pubblico per la distruzione di due enormi Buddha da parte dei talebani – e in altre località afghane.
VIVERE DA LOCALI
La legazione italiana aveva ricavato per se un ruolo nella capitale afghana, frequentava il bazar e intesseva relazioni economiche con risvolti anche militari. Come riconoscenza, il governo locale autorizzò la presenza di religiosi cattolici presso la legazione, unica chiesa cristiana a Kabul. Questa concessione speciale fu il ringraziamento del governo afghano all’Italia per essere stato il primo Stato europeo a riconoscere l’indipendenza dell’Afghanistan nel 1921.
L’immersione nella cultura locale fu un punto di forza della legazione allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Quaroni riprese la tradizionale sensibilità italiana per le aspirazioni di autonomia nazionale anti-britanniche dei popoli orientali. In collaborazione con gli altri funzionari cercò di intrecciare rapporti con le tribù pashtun delle regioni di frontiera per aizzarle ad attività insurrezionali anti-inglesi. Anche la moglie fu impegnata nei colloqui come intermediaria. Il più importante successo di questa attività anti-britannica fu l’arrivo a Roma del leader nazionalista indiano Subhas ChandraBose. Il leader indiano giunse clandestinamente in Afghanistan. Quaroni lo inserì nella Legazione italiana per poi farlo uscire verso l’ Europa attraverso l’Unione Sovietica con un falso passaporto italiano.
LA LEZIONE MANCATA
La missione diplomatica di Quaroni nel paese cerniera dell’Asia offre degli spunti interessanti su come approcciare le strutture sociali in realtà molto diverse. Quaroni si sforzò di imparare e rispettare le strutture sociali del luogo, solo in questo modo sarebbe poi riuscito a far confluire le energie locali verso l’obiettivo della missione a lui affidata. Egli mise al centro della sua attività il modo entro cui operava. La sua esperienza aiutò, poi, l’Italia nel secondo dopoguerra con l’attività diplomatica prima a Mosca e poi a Parigi.
Per approfondire: Luciano Monzali, Un Re afghano in esilio a Roma. Amanullah e l’Afghanistan nella politica estera italiana 1919-1943.