Di Calypso Carella
Il 13 maggio 2021 si è tenuta la prima sessione plenaria della Conferenza online della Società Italiana di Neuroetica (SINe), in collaborazione con l’International Neuroethic Society (INS). In tale occasione è stato ospitato il Professor Karl Deisseroth, famoso in tutto il mondo per aver inventato una nuova tecnica di investigazione del cervello: l’optogenetica.
Facciamo un passo indietro… Alla fine del settecento, il fisiologo bolognese Luigi Galvani scopriva che il sistema nervoso opera sotto l’influenza dell’attività elettrica, grazie al movimento della zampa della rana morta a seguito dell’eccitazione del nervo crurale per effetto di una scintilla rilasciata dal conduttore di una macchina elettrostatica.
Le ricerche sul sistema nervoso non terminavano qui, infatti negli anni venti del novecento il ricercatore svizzero Walter H. Hesse impiantando fili elettrici nel cervello dei gatti, scopriva che anche le emozioni e i sentimenti nascono da impulsi elettrici. Negli anni cinquanta si metteva all’opera anche il fisiologo spagnolo Josè Manuel Rodrìguez Delgado, il quale conduceva diversi esperimenti con elettrodi impiantati nel cervello di esseri umani, scoprendo che era possibile “provocare una vasta gamma di risposte, dagli effetti motori alle reazioni emotive e intellettuali”.
Le problematiche etiche sollevate da tali investigazioni furono successivamente accantonate grazie alla scoperta della meno invasiva risonanza magnetica funzionale, fMri. Tale ultima tecnica presentava però diversi limiti: la lentezza e l’imprecisione.
Il cervello funziona alla velocità di millisecondi, mentre la risonanza magnetica funzionale consente di analizzare la zona stimolata solo con uno scarto di tempo, ossia quando l’immagine del cervello appare sullo schermo anche se nel frattempo si sono succeduti altri eventi neuronali. L’analisi inoltre si compie sulla scala di centinaia di migliaia di neuroni, senza poter concentrare il focus su specifici processi neuronali.
Il premio nobel Francis Crick, consapevole dell’imprecisione dei metodi di studio del cervello fino ad allora utilizzati dai neuroscienziati, sosteneva che sarebbe stato necessario essere in grado di attivare e disattivare rapidamente uno o più tipi di neuroni senza toccare le altre cellule. Per fare ciò riteneva si sarebbe rivelato ideale l’utilizzo della luce: “questo sembra piuttosto inverosimile, ma è concepibile che il biologo molecolare possa progettare un particolare tipo di cellula per essere sensibile alla luce.”
Ed ecco che si giunge al 2005 in cui viene presentata per la prima volta l’optogenetica, ossia una tecnica biologica che prevede l’uso della luce per controllare neuroni geneticamente modificati per essere ad essa sensibili. Il principio fondamentale su cui si basa tale tecnica innovativa è l’innesco di un potenziale d’azione all’interno di neuroni. Fondamentale per lo sviluppo di questa tecnologia è stato lo studio delle opsine, proteine sensibili alla luce. Nel 2002 Gero Miesenbock, ricercatore del Memorial Sloan Kettering cancer center di New York, usò un’opsina estratta dalla retina di un moscerino della frutta per rendere una cellula cerebrale fotosensibile.
Nel 2003, dall’analisi di un’alga verde unicellulare, si è scoperta una nuova opsina, la canal-rodopsina, ossia una proteina fotosensibile che regola gli scambi di materiale dalla cellula con l’ambiente esterno. Grazie ad essa, l’alga può regolare il proprio movimento nell’ambiente acquatico in base alla diversa direzione di provenienza della luce. La nuova ospina convertiva la luce in elettricità in un unico passaggio, alla stessa velocità degli impulsi elettrici del cervello.
Lo studio pioneristico compiuto dal Professor Deisseroth su topi di laboratorio comporta l’inserimento di geni dell’opsina in specifiche cellule del cervello attraverso virus geneticamente modificati. I ricercatori possono così indurre l’attività neurale con lampi di luce attraverso fibre ottiche e osservare gli effetti sul comportamento in animali da laboratorio.
Grazie a tale tecnologia l’analisi compiuta sul cervello ha una precisione del millisecondo e riescono ad essere attivati anche singoli neuroni.
L’optogenetica è una tecnologia di modulazione cerebrale che solleva importanti questioni etiche, come le sostanze psicoattive e gli interventi chirurgici. Il lavoro condiviso dal Professor Deisseroth mette in luce importanti domande relative alla natura del sè: Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
La nostra personalità, le nostre emozioni, i ricordi, le nostre capacità nascono da eventi elettrici e biochimici, la cui modificazione può alterare il sè e la volontà.
Oltre agli interrogativi filosofici, bisogna chiedersi fino a che punto sia giustificato indurre modulazioni nei processi cerebrali. Se l’obiettivo è quello di curare un paziente da malattie psichiche o consentirgli di risollevare l’umore a seguito di episodi depressivi, potrebbe considerarsi una finalità etica? In ogni caso, gli esperti di bioetica e diritto se ne sono occupati solo marginalmente, ma gli sviluppi di tali tecniche sono sempre più rapidi e presto si dovrà fare fronte alle problematiche da essa sollevate.
Bibliografia:
Karl Deisseroth, Lampi di luce sul cervello, in Le Scienze, www.lescienze.it, pp. 43 e ss., gennaio 2011
John Colapinto, The New Yorker, Stati Uniti, Il cervello illuminato, in Internazionale 1116, pp.36 e ss., 21 agosto 2015
SINe-INS Conference 2021 – First Plenary Session – Karl Deisseroth, http.//societadineuroetica.it/
In copertina, Cultured Rat Hippocampal Neuron; AlexaFluor 488-Anti Beta III Tubulin and Cy3-Anti MAP2 (HM-2); 63x/1.4. Imaged with ZEISS ApoTome.2, Axiocam 702 mono and Axio Imager www.zeiss.com/axiocam, Sample courtesy of Stefanie Kaech & Gary Banker, OHSU, Oregon, USA.