Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del ritiro di Simone Biles dalle Olimpiadi di Tokyo 2020.
Durante la competizione di ginnastica artistica a squadre femminile di martedì 27 luglio Simone Biles, l’atleta pluripremiata e favorita nel panorama della ginnastica statunitense e mondiale, ha deciso di farsi sostituire, dopo aver eseguito gli esercizi al corpo libero e al volteggio. Al posto della performance senza errori o incertezze a cui ha abituato il suo pubblico, la ginnasta ha subito alcune penalità e ha annunciato poco dopo il ritiro dalla gara a squadre. La federazione ha inizialmente motivato questa scelta sulla base di un problema medico, ma si è corretta dopo alcune ore indicando una difficoltà relativa alla salute mentale. Successivamente Biles ha deciso di ritirarsi da tutte le competizioni.
La dipartita di una ginnasta eccellente, che all’età di 24 anni ha già vinto sei medaglie olimpiche e che probabilmente avrebbe raggiunto più volte il podio nelle gare individuali anche a Tokyo 2020, ha colpito molto l’attenzione del pubblico e dei media. Osservando la discussione in merito sui giornali e sui social, però, si nota un forte stacco. La prospettiva con cui viene osservato il ritiro di Biles è diversa. Il pubblico delle Olimpiadi ha guardato con ammirazione la scelta della ginnasta, che ha deciso di dare priorità al proprio benessere psicofisico e di riconoscere come problematico lo stress a cui è costantemente sottoposta. Biles è stata sommersa di messaggi di solidarietà e sostegno, come lei stessa ha annunciato sui suoi canali social.
Qual è stata invece la narrazione dei giornali italiani? Il trend generale è visibile già a patire da Sky TG24 (ricordiamo anche che Sky, insieme alla Rai, è una delle poche piattaforme ad avere i diritti per trasmettere le Olimpiadi). Il titolo scelto da questa testata è infatti «Tokyo 2020, Biles esce dalla finale a squadre ginnastica artistica: “Ho problemi di testa”». Il virgolettato – riproposto anche nel paragrafo successivo – risulta doppiamente problematico, perché non corrisponde alle parole pronunciate dalla ginnasta e comprende una scelta terminologica spregiativa relativa alla sfera della salute mentale.
Dopo l’abstract, l’articolo prosegue con «Delusione a Tokyo per la quattro volte campionessa olimpica di ginnastica artistica statunitense». La sua decisione di ritirarsi per una ragione legata alla salute – perché la salute mentale è salute – viene sintetizzata nel sostantivo “delusione”. Il resto dell’articolo, molto sintetico, resta ancorato a questa prospettiva che vede la fuoriuscita di Biles come un fallimento, un cedimento poco giustificato.
Anche La Stampa riporta nel titolo un virgolettato mai pronunciato dall’atleta: « Non ero infortunata, ma ferita nell’orgoglio». Biles, però, non ha mai parlato di orgoglio, ma di salute e di una forte condizione di stress, aggiungendo anche di aver sperimentato i twisties, cioè una forte difficoltà a gestire il corpo durante gli esercizi e a orientarsi nello spazio.
All’interno dell’articolo viene citato un passo della dichiarazione della ginnasta, frequentemente malinterpretato anche da altre testate. Si dice infatti che Biles abbia a che fare «con i demoni nella mia testa». In realtà questa traduzione si discosta dall’originale «I have demons in my mind», in cui il termine demons indica le preoccupazioni e i conflitti. La resa letterale “demoni” si avvicina molto allo stereotipo dell’individuo che non regge la pressione, che è debole e schiacciato da un elemento esterno, dimenticando che la salute mentale è parte integrante del benessere dell’organismo.
La testata inserisce inoltre il video con le dichiarazioni ufficiali di Biles, che discordano non solo dalle citazioni riportate nel testo, ma anche dal loro intento. La ginnasta si esprime infatti con parole che sono nettamente lontane dalla fragilità: «Devi mettere al primo posto la salute mentale, perché se non lo fai, allora non ti godrai il tuo sport e non avrai successo quanto vuoi. Quindi a volte va bene anche rinunciare alle grandi competizioni per concentrarsi su te stessa, perché ciò mostra quanto tu sia forte nella competizione e come persona, piuttosto che semplicemente sopportare».
La Repubblica sceglie invece una modalità peculiare (ma non insolita) per dare la notizia. L’articolo disponibile online mostra fin dall’apertura una comparazione tra Biles e un’altra atleta, il cui nome compare già nelle prime righe: Federica Pellegrini.
«Olimpiadi, il peso del mondo non è uguale per tutte», però, non è il titolo con cui questa stessa analisi viene riportata sul cartaceo, in prima pagina. La Repubblica sceglie infatti per l’edizioni ritirabile in edicola «La forza e la fragilità. Le donne protagoniste a Tokyo. Pellegrini infinita, Biles in tilt», con tanto di foto dell’atleta italiana sorridente e di quella statunitense in lacrime. Per raccontare la scelta della ginnasta, quindi, la si paragonarla alla nuotatrice, descrivendone il ritiro come un momento di scarsa lucidità e forza e ritraendola in un momento di evidente difficoltà.
La testata non si ferma qui e se si va a pp. 32-33 del cartaceo, in cui è riportato l’articolo leggibile anche online, si possono osservare ben due pagine dedicate alla coppia artificiosamente creata Biles-Pellegrini. Il binomio è reso nuovamente sia dai titoli che dalle immagini. Per la ginnasta «Il cuore altrove» (che richiama la sfera dell’emotività e della volubilità spesso associata alle donne) e «“Devo salvarmi dai miei demoni”» (con il virgolettato commentato sopra). Per la nuotatrice «Comunque nella storia come lei nessuno mai».
Il confronto tra le due è sbilanciato per molte ragioni: diverse disciplina, Paese, percorso che le ha portate ai Giochi, etnia, generazione, etc. L’aspetto maggiormente problematico, però, è la volontà di gerarchizzare il loro valore. Entrambe sono donne di successo, che hanno raggiunto risultati eccellenti nella loro carriera, ma da queste due pagine della Repubblica appaiono in competizione e non sullo stesso livello.
Tornando all’articolo che dà il via a questo confronto, si notano degli elementi rilevanti fin dalle prime righe: «Le donne ti sbattono a terra, ti infilzano, ti sollevano per aria. E poi si commuovono. Questo dice lo sport italiano con un argento e due bronzi, nella giornata in cui Federica Pellegrini diventa la prima a centrare cinque finali olimpiche nella stessa gara e Simone Biles invece rivela la sua fragilità». Oltre a narrare ancora una volta la scelta della ginnasta come indice di debolezza, la testata compie un’estrema generalizzazione sui risultati delle atlete ai Giochi.
Subito dopo vengono riportate e commentate le parole di Giorgia Bordignon, campionessa di sollevamento pesi: «“Non so cosa ho fatto, so solo che ho messo le mani sul bilanciere e l’ho tirato su. Non ho voluto sapere i chili che andavo a sollevare”. Appunto, non stai lì ad indugiare, a pesare dubbi, ad abbrutirti nell’incertezza: tiri su, via, e che sarà mai?». Il riferimento a Biles, che secondo questa lettura ha indugiato troppo, è evidente.
Infine l’attenzione della testata si concentra sulla ginnasta, dipinta così: «Pesa il mondo. In maniera diversa, per tutte. C’è chi ci gioca, chi se ne vuole liberare, chi non è capace di prenderlo a calci. […] Il mondo l’aspettava, e lei se n’è andata, si è fatta sostituire. […] Una regina stanca di comandare». Una delle migliori ginnaste contemporanee ridotta a una figura banalizzata, non in grado di gestire la pressione a cui è soggetta un’atleta del suo calibro (per di più in una federazione che in un passato molto recente si è dimostrata incapace di considerare la sicurezza e la salute mentale con il giusto peso). Un ritratto lontano dalla percezione del pubblico che ha seguito con il fiato sospeso le performance di Biles e poi le sue dichiarazioni.
In conclusione, le testate italiane hanno sì dimostrato una forte attenzione al ritiro della ginnasta e alle sue dichiarazioni relative alla salute mentale, ma con una prospettiva nettamente diversa dal pubblico. Sui social, infatti, Biles è stata elogiata e la sua scelta viene vista come coraggiosa. Un favore del pubblico interessante da evidenziare, considerando anche che sarebbe stato inimmaginabile fino a pochi anni per un’atleta fa ammettere, durante le Olimpiadi, una difficoltà di questo tipo.
Nel momento in cui ci si appresta a narrare la scelta di Biles, bisogna anche ricordare che soprattutto nelle grandi competizioni sportive ogni atleta porta con sé ingenti pesi simbolici. La ginnasta è diventata nel corso del tempo un punto di riferimento, ad esempio, per le ragazze (e le ginnaste) non bianche e per chi ha affrontato una violenza. Chiederle di ignorare la difficoltà a gestire la propria salute mentale e rappresentarla come una sconfitta significa non considerare la complessità della sua partecipazione ai Giochi. Anche se le principali testate italiane hanno tralasciato questo aspetto, la reazione del pubblico è notevole e mostra che, forse anche alla luce degli ultimi due anni, alla salute mentale inizia a essere dato un peso maggiore.