Se dovessimo disegnare una linea temporale per comprendere da quale momento le cose si stavano mettendo davvero male per Hong Kong, dovremmo risalire all’entrata in vigore della nuova legge sulla sicurezza nazionale il 1° luglio 2020. È questo il casus belli che ha portato, quasi un anno dopo, alla chiusura del quotidiano Apple Daily, il tabloid più letto e venduto nell’ex-colonia britannica, attivo dal 20 giugno 1995 e voce filo-democratica a fianco del Civil Human Rights Front (CHRF). Nonostante la fama e gli oltre 600 mila abbonati, Next Digital, che è l’azienda che detiene diverse testate tra cui Apple Daily, ha avuto un bilancio negativo per cinque anni consecutivi a causa del boicottaggio pubblicitario da parte di imprese pro-Pechino.
Jimmy Lai, editore e fondatore del giornale, celebre critico del Partito Comunista Cinese, è stato arrestato lo scorso agosto con l’accusa di collusione con le potenze straniere e poi incarcerato a dicembre. È stato il primo celebre caso in cui si è applicata la nuova legge sulla sicurezza che prende di mira diversi reati generici quali “sovversione”, “secessione”, “terrorismo” e la sopracitata “collusione”; tutti riconducibili alle manifestazioni del 2019 contro l’emendamento anti-estradizione voluto dal governo cinese. Dalla sua entrata in vigore, infatti, ci sono stati 117 arresti: dalla ragazza di 15 anni che ha sventolato uno striscione per chiedere l’indipendenza della città, allo stesso tycoon 73enne Jimmy Lai.
Del movimento nato dalle proteste del 2019 non è rimasto nulla. Il partito per l’autodeterminazione Demosisto si è sciolto per volontà dei suoi leader Joshua Wong, Agnes Chow e Nathan Law. Altri attivisti e giudici si sono auto-esiliati. Anche Figo Chan, principale esponente del CHRF, sta scontando una pena di 18 mesi per aver organizzato un’assemblea non autorizzata durante le celebrazioni della Festa Nazionale della Repubblica Popolare Cinese nel 2019. Fatto che compromette il futuro sia del CHRF, sia del movimento pro democrazia fondato nel 1989 che promuove ogni anno la veglia al Victoria Park in ricordo delle repressioni.
Più di recente, il 17 giugno gli agenti della polizia hanno fatto irruzione nella sede di Apple Daily (trasmessa in diretta sugli account social del quotidiano), sequestrando materiali e documenti, e arrestando il direttore capo Ryan Law, l’ad di Next Digital Kim-hung, e i giornalisti Chow Tat-kuen, Chan Puiman, Cheung Chi-wai. Le accuse sono le stesse che hanno portato all’incarcerazione di Jimmy Lai: violazione della legge sulla sicurezza nazionale, e in particolare l’aver chiesto tramite articoli l’intervento della comunità nazionale per imporre sanzioni al PCC. Ancor più grave, le autorità hanno imposto il congelamento degli assets di Apple Daily (per la prima volta dall’approvazione della legge), costringendo dunque al giornale a fermare le rotative.
Il 23 giugno una lunga fila di cittadini ha acquistato l’ultimo numero di Apple Daily, che ha deciso di sospendere l’attività cartacea e online sin dalla mezzanotte del 24. Due giorni dopo la chiusura del giornale, che secondo il Partito Comunista Cinese ha abusato della “libertà di stampa”, John Lee, capo delle forze di sicurezza di Hong Kong, è stato promosso capo segretario (il numero due della regione amministrativa), la posizione più alta detenuta da un ufficiale, su volontà di Carrie Lam che è a capo del potere esecutivo. Proprio Carrie Lam dovrà superare il banco di prova delle elezioni del marzo 2022, cercando di recuperare il consenso perso dalla società civile e la fiducia della Zhongnanhai, la Casa Bianca cinese.
Con il passare del tempo, il confine tra Hong Kong e il resto della Cina si fa sempre più sottile. Il principio “un paese, due sistemi” che garantisce l’autonomia della città fino al 2047 sembra restringersi nella formula istituzionale “un paese, un sistema”. Per il secondo anno consecutivo sono state annullate le celebrazioni per il ricordo dell’handover del 1° luglio, che segna il passaggio del “Porto profumato” da protettorato britannico a regione amministrativa speciale nella sfera di influenza di Pechino.
Ogni anno a partire dal 2003, il CHFR ha organizzato la tradizionale marcia pro-democrazia del 1° luglio; il chief-executive dell’epoca, Tung Chee-hwa, mostrava comprensione e vicinanza verso le aspirazioni di libertà dei cittadini manifestanti, fino a culminare nel 2013 quando l’allora capo Leung Chun-ying definì “amici” i rappresentanti del fronte. Dal 2014, Pechino ha annunciato maggiori controlli sulle elezioni amministrative della città, scatenando la protesta del Movimento degli ombrelli. Nel 2019, Carrie Lam ha condannato gli slogan indipendentisti del fronte.
In questo modo, i timori nei confronti della legge sulla sicurezza e le restrizioni a causa della pandemia hanno spinto gli organizzatori del CHFR ad annullare nuovamente la manifestazione in ricordo dell’handover. L’identità della città, dunque, diventa più familiare e docile. Il dibattito pubblico si riduce, le librerie rimuovono dozzine di libri e pubblicazioni scomode, come nel caso della fiera del libro annuale dove sono gli stessi venditori a praticare l’autocensura per paura della legge sulla sicurezza. Più di recente, cinque membri della General Union of Hong Kong Speech Therapists sono stati arrestati con l’accusa di sedizione e incitamento all’odio per aver pubblicato una serie di libri per bambini che cercava di spiegare il movimento democratico attraverso la metafora delle pecore accerchiate dai lupi.
L’unicità di Hong Kong che l’ha resa multiculturale, aperta al mondo finanziario e alle influenze politiche occidentali va scomparendo. Oggi l’ex colonia britannica viene soprannominata “South Shenzhen”, come se fosse una delle tante megalopoli della Cina continentale. Non è casuale la costruzione di una linea ad alta velocità che collega Hong Kong con Shenzhen, promossa dalle autorità del governo centrale che spingono i giovani a studiare e lavorare nella Cina meridionale, dove ci sono più prospettive e opportunità.