La crisi politica scoppiata nelle ultime settimane tra Spagna e Marocco ha portato con sé diversi strascichi polemici legati a un tema di particolare importanza nei rapporti bilaterali: quello del turismo e dei viaggi.
I due Paesi divisi dallo Stretto di Gibilterra intrattengono tra di loro forti interscambi commerciali, ma sono anche interessati da legami connessi ai flussi turistici intensi, diretti soprattutto dalla penisola iberica al Paese maghrebino, e ai movimenti della diaspora marocchina in Europa verso il Paese d’origine. La comunità marocchina spagnola, con quasi 800mila membri, è la terza in Europa dopo quelle di Belgio (1,2 milioni) e Italia (1,42 milioni) e rappresenta oltre il 16% della popolazione immigrata spagnola.
Nelle ultime settimane la decisione di Madrid di accogliere il leader dei separatisti del Sahara Occidentale del Fronte Polisario Brahim Ghali sotto falso nome per delle cure mediche ha aperto la strada al braccio di ferro di Ceuta, l’enclave spagnola in Africa i cui confini sono stati spalancati dal Marocco provocando un afflusso incontrollato di migranti, e a ritorsioni di carattere economico legate al turismo.
Rabat, infatti, ha escluso diversi porti spagnoli dalla tradizionale Operazione Marhaba, l’attività organizzata dal governo per gestire il flusso di rientro dall’Europa nei mesi estivi. Mahraba è un’operazione che ogni anno l’esecutivo marocchino pone in essere per incentivare le autorità pubbliche, le compagnie di trasporto marittimo e la compagnia aerea di bandiera Royal Air Maroc, a favorire il ritorno in patria per l’estate di un numero di connazionali che nel 2019 ha toccato quota 2,5 milioni. Tradizionalmente, sul versante portuale, Marhaba, che si svolge da trentaquattro anni con la rilevante eccezione dello scorso anno in cui non fu portata avanti a causa del Covid-19 che rallentò i preparativi nei mesi primaverili, ha sempre coinvolto porti spagnoli. Quest’anno il piano, riporta Archyde, vedrà coinvolti unicamente lo scalo italiano di Genova e quello francese di Seté, nel sud del Paese, mentre la Spagna ne sarà esclusa. Il Marocco, riporta la testata citando fonti a lei vicine, avrebbe ricevuto dalla Spagna la richiesta di utilizzare in Marhaba unicamente le enclavi spagnole di Ceuta e Melilla come porti d’approdo. Richiesta questa rispedita seccamente al mittente.
Algeciras, Almeria, Tarifa sono solo alcuni degli scali che subiranno danni importanti da questa mossa del Marocco. Lo scorso anno il solo porto di Ceuta ha perso 6 milioni di euro per il mancato incasso connesso a Marhaba e alle attività connesse: i danni all’indotto saranno gravissimi. Inoltre la mossa “avrà un costo economico alto per i bilanci delle compagnie di navigazione spagnole che, durante i mesi estivi, hanno lavoravano con il trasferimento di queste persone. I danni di quest’anno si aggiungono alle perdite dell’anno scorso, quando la pandemia ha anche causato l’annullamento dell’operazione”, afferma il giornale spagnolo Abc. E a livello complessivo si stima che i danni per Madrid possano ammontare a oltre un miliardo di euro, specie considerato il fatto che a Marhaba si sovrappone, oltre all’indotto, anche un aumento del flusso merci con i porti marocchini, tra cui il sempre più strategico Tanger Med.
La Spagna ha armi relativamente spuntate da contrapporre a questa azione unilaterale che crea ben più complesse e fastidiose questioni rispetto al caso mediatico dei migranti di Ceuta, ma non si è tirata indietro. A inizio giugno la Spagna ha esteso fino al 30 giugno le restrizioni per gli ingressi nel Paese dei cittadini o dei viaggiatori provenienti dal Marocco e ha in questo modo voluto rispondere alla scelta di Rabat, che ha giustificato con cause “sanitarie” lo stop al coinvolgimento di Madrid in Marhaba.
In questa fase delicata resa ancora più perturbata dal Covid-19 le misure messe in campo per prevenire o contrastare il Covid-19 si prestano a utile giustificazione per vere e proprie “guerre” economiche. Il turismo di massa, già nel 2020, è stato usato come “arma” politico-economica; in questo 2021 i movimenti umani, specie quelli meno legati a esigenze di svago, ma utilizzati per fini famigliari o personali come nel caso della diaspora marocchina, vengono sfruttati dai governi per vere e proprie battaglie politiche, per operazioni che mirano a cagionare un danno economico diretto a Paesi avversari e a drenare i flussi su altre destinazioni o mete di partenza. In altre parole, a invertire il mito fondatore della globalizzazione che faceva della libertà di movimento e circolazione un suo paradigma centrale. Un mito smentito nei fatti dal Covid-19. Dal cui crollo i governi hanno acquisito nuovi strumenti di pressione e ritorsione.