Dopo una vita di folgoranti successi, Napoleone chiuse i suoi giorni nella sperduta isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico. Morì il 5 maggio 1821, con ancora il titolo di Imperatore poggiato sulla sua testa.
Quando la notizia giunse in Italia, Alessandro Manzoni rimase fortemente colpito. Si ritirò in preghiera ed in due giorni scrisse una meravigliosa poesia, il Cinque Maggio. Manzoni osserva che Napoleone ottenne «tali successi e tale potere, che era una follia» anche solo sperare di riuscire a realizzare. Eppure, l’Imperatore raggiunse tutto.
L’Eroica di Beethoven
La fine del ‘700 e l’inizio dell’800, infatti, furono occupati dalle sue imprese: nessuno sembrava capace di fermarlo. Lo stesso Ludwig van Beethoven, che era un suo contemporaneo, essendo nato l’anno successivo, gli dedicò la sua Sinfonia n. 3, conosciuta come L’Eroica (1802-1804). Una dedica che il compositore disconoscerà, in un impeto di sdegno, strappando il frontespizio dell’opera quando Bonaparte fu eletto Imperatore.
La follia dell’Imperatore: mettere a tacere la Vergine Maria
Sentendosi invincibile, Napoleone arrivò addirittura alla follia di pensare di poter chiudere la bocca alla Madonna. Il 15 agosto era il suo compleanno e, ovviamente, anche la Festa dell’Assunzione di Maria al Cielo. In questo giorno, nelle Chiese di tutto il mondo, viene letto il Magnificat, un cantico contenuto nel primo capitolo del Vangelo di Luca, nel quale la Beata Vergine loda e ringrazia Dio per la benevolenza con cui ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto. In questo componimento poetico Maria, con estremo candore, dice:
Napoleone, che non voleva ascoltare queste parole nel giorno della ricorrenza della sua nascita, arrivò a proibire la Festa dell’Assunta. Puntualmente, però, le parole di Maria si compirono anche per l’Imperatore. Infatti, dopo la pesante sconfitta nella battaglia di Waterloo del 18 giugno 1815, venne spedito in una piccola isola dispersa, a circa 1900 km dalle coste dell’attuale Angola.
Alessandro Manzoni commenta: «E sparve», cioè scomparve, dalla Francia e dal continente. La sua vita terminò nell’ozio, prigioniero in una piccola isola, bersaglio di immensa invidia e di rispetto profondo, di grande odio e di grande passione.
“Sentimenti di Napoleone I sul Cristianesimo”
Napoleone suscitava sentimenti contrastanti tra loro, spesso agli antipodi, anche in chi gli stava vicino. Ebbene, nell’esilio di Sant’Elena si sgonfiò il pallone dell’orgoglio e dell’Imperatore non restò altro che il fervente uomo cristiano. Una definizione in forte contraddizione con quella che è l’opinione acriticamente accolta su Bonaparte, ritenuto dai più un miscredente, saccheggiatore di chiese e conventi, anticlericale e sequestratore del Papa.
Le fonti dell’epoca, però, tratteggiano un Napoleone ben diverso da quello della convinzione comune. Come dimostra Sentiment de Napoleón I Sur Le Christianisme, un piccolo libro pubblicato a cura di Robert-Antoine de Beauterne. L’opuscolo raccoglie alcune discussioni improvvisate tra l’Imperatore ed i generali in esilio con lui, sul tema della Fede cristiana. La cosa forse più interessante da sottolineare in questo passaggio è la cura documentaria dell’autore, che riuscì ad entrare in contatto ed a procurarsi dichiarazioni dalle bocche dei testimoni oculari presenti negli anni dell’esilio Primo fra tutti il Gen. de Montholon, poi il Gen. Bertrand, il Gen. Gougaud e i due medici O’Meara e Antonmarchi, facendo anche uso anche del celebre Memoriale di Sant’Elena, scritto da Las Cases nel 1823.
Una pubblicazione dunque attendibile, anche perché la prima edizione di questo volume risale al 1840, quando la maggior parte delle persone che componevano la corte di Napoleone a Sant’Elena era ancora in vita ed avrebbe potuto facilmente smentire le pagine pubblicate da de Beauterne. Addirittura, ci furono alcune reazioni pubbliche da parte dei diretti interessati, apparse sul quotidiano francese L’Univers del 3 e 10 ottobre 1841. Parole, quelle apparse sul giornale cattolico, che dimostrano la fedeltà e l’autenticità del lavoro svolto dall’autore.
Il Papa e l’Imperatore
Le conversazioni contenute nel piccolo opuscolo riferiscono le profonde convinzioni maturate da Napoleone sulla Fede cristiana. Dal punto di vista storico, però, sono interessanti le sue parole riguardo i rapporti avuti con Pio VII, durante la prigionia di quest’ultimo: «quando il Papa era in Francia gli assegnai un palazzo magnifico a Fontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messo a sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali, anche se non uscì mai. Il Papa era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che smentì pubblicamente».
Un ulteriore piccolo indizio delle buone relazioni tra il Pontefice e l’Imperatore viene dato dall’autore della nota editoriale delle Conversazioni sul cristianesimo. Ragionare nella fede (IIª edizione ampliata): quando Napoleone venne esiliato, sua madre Letizia dovette abbandonare la Francia, ma anziché chiedere ospitalità a sua nuora Maria Luisa a Parma, andò a bussare al portone di Papa Pio VII, che l’accolse con onore e le assegnò un palazzo nei pressi dell’attuale Piazza Venezia.
Le prove dell’esistenza di Dio
Tornando ai discorsi sulla Fede pronunciati sull’isola di Sant’Elena, occorre sottolineare come tra gli interlocutori di Napoleone chi lo contrastò maggiormente fu il Gen. Bertrand, al quale l’Imperatore era molto affezionato e che una volta gli disse: «Sire, lei crede in Dio, ma insomma, che cosa ne sa? L’ha per caso visto?». Prima di rispondere, Napoleone si fece pensoso e poi affermò: «Lei dice sempre di credere nel mio genio militare. Ma l’ha mai visto? Vede gli effetti, vede le mie vittorie, vede la mia capacità di organizzare l’esercito in battaglia. Ma il mio genio non l’ha mai visto, eppure ci crede. La cosa vale anche nei confronti di Dio: non l’ho mai visto, ma vedo le sue opere.»
La divinità di Gesù
In un’altra occasione la discussione verté sula divinità di Gesù. Napoleone, con il suo genio e con la forza della sua fede nativa, difese la sua convinzione. Il Gen. Bertrand, ancora una volta, lo incalzò: «Sire, non riesco a concepire che un grande uomo come lei possa credere che l’Essere Supremo abbia preso forma umana, e che così si sia mostrato agli uomini, con un corpo, una figura, una bocca e degli occhi, in tutto simile a noi. Sia pure Gesù tutto ciò che a lei piace, la più grande intelligenza, il cuore più nobile, il più accorto e singolare legislatore mai apparso». Questo posso anche accettarlo – proseguì il Generale -, ma era solamente un uomo.
Secondo i racconti dei testimoni, Napoleone si mise a riflettere e poi replicò: «Io conosco gli uomini, e le dico che Gesù non era solo un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori degli imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni». Ebbene, «questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito».
Napoleone, poi, prosegue nella sua geniale riflessione: «I fondatori delle altre religioni non hanno niente di divino. Anzi, vedo tra loro e me tanti punti di contatto, nel genio e nei difetti. Questo però non si può dire di Cristo, perché il suo spirito mi supera, la sua volontà mi stupisce. Tra lui e qualsivoglia altro nel mondo non può esserci un possibile termine di paragone: Gesù è unico. Nella storia, io ho cercato qualcuno che rassomigliasse a Gesù e non l’ho trovato. Ho cercato qualcosa che somigliasse al Vangelo e non l’ho trovato. Tra Gesù e tutti gli altri, tra il Vangelo e tutti gli altri libri c’è la distanza dell’infinito»: sono entrambi unici.
Napoleone sotto la Croce di Cristo
Dunque, non sorprende che Alessandro Manzoni, nell’ode Cinque Maggio, dia prova di conoscere la fisionomia spirituale di Napoleone, quando sottolinea il trionfo della Fede, perché mai personalità più grande si è inchinata di fronte alla croce di Cristo. La Fede – prosegue – allontana dalle ceneri di quest’uomo ogni parola maligna: il Dio che atterra e rialza, che dà dolori e consola, si è posto accanto a lui, per consolarlo nel momento solitario della sua morte.
Fu la Fede in Cristo, ma nella quale c’era anche la presenza della Vergine Maria, a consolare Napoleone. «Perché – come ripete spesso l’ex Arciprete della Basilica di San Pietro, il Card. Comastri – dovunque s’incontra Gesù è sempre presente delicatamente e silenziosamente la mano della madre». E allora non può che tornare in mente il passo più toccante di tutto il Nuovo Testamento, in cui Gesù, dalla Croce, dice a Maria: «Ecco tuo Figlio», facendo riferimento a tutti gli uomini della terra. E tra quei figli c’era sicuramente anche Napoleone Bonaparte.