“C’era una Tappa” è la rubrica di Olympia che racconta alcune delle leggendarie imprese compiute al Giro d’Italia, che trascendono le due ruote. Perché la storia della Corsa Rosa s’intreccia a doppio filo con quella del nostro Paese. In questo episodio raccontiamo di Paolo Savoldelli che vince il Giro d’Italia, la prima volta che la Corsa Rosa sale sullo sterrato del Colle delle Finestre.
Negli occhi degli appassionati di ciclismo splende ancora, a distanza di tre anni, l’impresa eroica di Chris Froome al 101° Giro. Un’impresa decisamente inattesa: da uno come lui, metodico e regolare, calcolatore e “ammazzacorse“, una fuga solitaria di 80 chilometri era davvero difficile aspettarsela. E invece eccolo scattare come un folle sul Colle delle Finestre, Cima Coppi di quell’edizione, perché imprese del genere hanno sempre bisogno di uno scenario all’altezza. E cosa c’è di più epico di un passo alpino i cui ultimi 8 chilometri sono interamente in sterrato? Una salita spietata che, dopo un avvio “classico” fatto di tornanti asfaltati, si trasforma in un inferno di polvere e ghiaia, cui fanno da contraltare i verdi pascoli tutto attorno. Quando si arriva al Forte delle Finestre, in cima, i distacchi rischiano di essere difficili da colmare. Insomma, l’habitat perfetto per le imprese.
E pensare che al Colle per diventare leggenda delle due ruote è bastata una manciata di anni: fino al 2005 non era mai stato scalato in una gara professionistica e finora non è comunque mai stato designato come arrivo di tappa. È sempre stato inserito lì, come ostacolo di metà percorso, in mezzo a una delle “tappe regine”, per mettere i bastoni tra le ruote a chi indossa la maglia rosa e per rinfocolare le speranze di chi quella maglia rosa vuole conquistarla. È stato così nel 2018, con la già citata impresa di Chris Froome, mentre nel 2011 e nel 2015 i primi ad arrivare in vetta – rispettivamente il bielorusso Vasil’ Kiryenka e il basco Mikel Landa – non riuscirono a ribaltare la classifica, saldamente nelle mani di Alberto Contador. La prima volta che i ciclisti affrontarono il Colle però, inserito nel mezzo della doppia ascensione al Sestrière, la classifica stava per essere stravolta eccome.
Sabato 28 maggio si parte da Savigliano con Paolo Savoldelli in maglia rosa. Per gli inseguitori in classifica si tratta letteralmente dell’ultima occasione: il giorno successivo è prevista la passerella a Milano. Chi vuole provare l’ultimo assalto deve inventarsi qualcosa sul Finestre. Il giorno prima il Falco bergamasco ha dato una bella botta alla classifica: nella cronometro di 34 chilometri da Chieri a Torino ha inflitto un 1’11” minuti a Gilberto Simoni e 1’36” alla rivelazione di quel Giro, il piccolo venezuelano José Rujano: i due ora sono distanziati in classifica rispettivamente di 2’09” e 3 minuti. E pensare che quello sarebbe dovuto essere il Giro di Ivan Basso, in controllo della classifica fino alla tappa dello Stelvio, dove una congestione lo ha costretto ad abbandonare ogni sogno di gloria. I minuti di ritardo al traguardo quel giorno saranno 42.
È un Basso decisamente in ripresa, però, quello che si presenta ai nastri di partenza a Savigliano: dopo la crisi, si è regalato un doppio successo consecutivo, prima a Limone Piemonte e poi proprio nella crono di Torino. Ora, per rendere il suo Giro meno amaro, sogna la tripletta e per Simoni e Rujano può diventare un alleato formidabile nella loro personale guerra sportiva alla maglia rosa. Un altro “deluso” in cerca di rivincita e quindi potenzialmente pericoloso per Savoldelli è Danilo Di Luca, 5 giorni in rosa a inizio Giro e sempre stabilmente in classifica fino alla cotta che l’ha colpito proprio a Limone. A voler fare le scarpe a Savoldelli sul Finestre, insomma, sono in molti e il Falco non si fa illusioni: «Non ho nulla da perdere – dichiara alla partenza – darò il meglio di me stesso e vediamo come va». Sa di non poter contare su una grande squadra: sarà un tutti contro uno.
Basso sembra voler fare corsa dura fin da subito e mette tutta la sua Csc a scandire il ritmo. Appena la strada inizia a salire, però, il varesino getta la spugna. Eppure l’andatura indiavolata imposta fin lì dalla sua squadra dà i propri frutti perché Savoldelli resta subito isolato: nessun compagno riesce a stare al passo e il Falco si ritrova solo. La squadra allestita per supportare il bergamasco, in realtà, non era delle peggiori: la Discovery Channel aveva deciso di affiancargli gregari di lusso, primi tra tutti Danielson e il futuro vincitore del Giro 2012 Ryder Hesjedal. Entrambi però hanno abbandonato la corsa dopo la prima settimana e la maglia rosa si è ritrovata di fatto priva di corridori in grado di dargli una mano nelle tappe più complicate. E, vedendolo senza compagni già a inizio salita, i suoi rivali diretti prendono subito in mano le redini della gara. Iniziano gli allunghi.
Savoldelli perde contatto già a inizio salita, ma non è una novità: tutti sanno che il Falco, da buon cronoman e passista, preferisce non rispondere direttamente agli attacchi, ma andare su con il proprio passo, per non rischiare di andare “fuori giri”. All’inizio del tratto in sterrato, il gruppetto con Simoni, Rujano e Di Luca ha già una quarantina di secondi di vantaggio sulla maglia rosa. Davanti a tutti, con 3 minuti e mezzo sui primi inseguitori, ci sono Ivanov, Renshaw e Niermann, che a metà corsa sono arrivati ad avere addirittura 17 minuti di vantaggio sul gruppo. Non appena il bosco lascia spazio ai pascoli, dalla polvere spuntano tre puntini colorati: uno blu, uno verde e uno bianco. Sono i colori della maglia della Lampre di Simoni, di quella di miglior scalatore sulle spalle di Rujano e di quella di leader della classifica Pro Tour (Di Luca). Con loro riesce a rimanere, solo per poco, Tadej Valiavec.
A fare il ritmo ci pensa proprio Di Luca: Simoni sta a ruota, mentre Rujano non si sogna nemmeno lontanamente di concedere un cambio. Savoldelli sembra al gancio: il secondo, il terzo e il quarto della generale gli stanno lentamente sfilando la maglia rosa. La pedalata del Falco inizia a farsi più legnosa e la fatica inizia a farsi sentire. E i secondi di ritardo iniziano ad aumentare: come non perde occasione di sottolineare Auro Bulbarelli, ha perso un minuto nei primi 3 chilometri di sterrato. Davanti vengono informati del momento di difficoltà del leader della classifica e sono a tutta. A una manciata di tornanti dal Gpm, mentre transita tra due ali di folla, Gilberto Simoni è maglia rosa virtuale: sui teleschermi la classifica in tempo reale fa sobbalzare i telespettatori. Sarà lotta all’ultimo secondo.
Savoldelli dalla sua ha la consapevolezza di sapersi gestire da campione e la sicurezza, da grande discesista qual è, di poter recupere qualcosa non appena la strada andrà giù in picchiata. In più, ha trovato nel colombiano Mauricio Ardila Cano un alleato insperato. Un accordo sulla cui natura nasceranno poi dubbi e sospetti (i direttori della Discovery Channel e della Davitamon Lotto, Sean Yates e Allan Peiper, hanno corso insieme alla Peugeot tra il 1983 e il 1985) e che si rivelerà decisiva per il Falco. Che quando finalmente scollina, sotto un anfiteatro naturale stracolmo di tifosi, paga 2’17” dal terzetto. Il che vuol dire che sta perdendo la maglia. Bulbarelli detta la strategia: «Ora sarebbe fondamentale per lui raggiungere Honchar: sarebbe quello il treno vincente»; Cassani, profetico, lo tranquillizza: «Lo raggiungerà, perché adesso ci sono 10 chilometri in discesa».
In discesa, come ampiamente prevedibile, Savoldelli si lancia in picchiata. Come un falco, appunto. La prima parte della discesa non è velocissima ed è poco tecnica ma, non appena la strada si fa più congeniale a lui e le curve diventano quadri da pennellare sulla tela, la maglia rosa inizia a rosicchiare secondi. Ardila fa fatica a stargli a ruota ma nel frattempo i due raggiungono Honchar e, curva dopo curva, il Falco recupera la testa (virtuale) della classifica. Non solo: il suo ritmo forsennato gli permette di raccogliere per strada altri alleati preziosi lungo la strada: oltre a Honchar, anche Garate, Valjavec e Van Huffel, che di Ardila è il capitano. Sono coloro che non sono riusciti a tenere il ritmo dei tre di testa sul Finestre. Ora il dilemma per Savoldelli è: andare a tutta rischiando di perdere potenziali collaboratori in salita o trattenersi per gestire le risorse proprie e altrui?
Intanto, Bulbarelli inizia a fare i calcoli: «Di Luca, nel caso arrivassero in tre al traguardo, farà la volata perché tra lui e Rujano ci sono 8 secondi di differenza e Di Luca vuole scavalcare Rujano in classifica generale. Dunque non ci potranno essere accordi qui sul traguardo: Di Luca vuole il podio, Simoni vuole la vittoria e Savoldelli a sua volta deve difendersi. Una situazione incredibile». Quando i tre davanti imboccano l’ultima ascesa verso il Sestrière, il loro vantaggio si è ridotto a poco più di un minuto e mezzo e già sui primi falsipiani è proprio Di Luca il primo a mollare: l’abruzzese, colpito dai crampi, chiama l’ammiraglia scuotendo la testa. Simoni non può aspettarlo perché si sta giocando il Giro sul filo dei secondi ma – come sottolinea Martinello – per lui è un duro colpo: «Di Luca avrebbe potuto davvero aiutalo a vincere questo Giro». Insomma, un dilemma anche per Gibo.
Di Luca sembra riprendersi. Che fare? Aspettarlo e provare ad andare insieme, tanto più che dietro i compagni di Savoldelli sono diventati cinque? Oppure provare ad andare avanti con il solo Rujano, sfruttando il fatto di avere un rivale in meno nella caccia agli abbuoni. Già, perché a rendere i giochi ancora più aperti ci sono proprio gli abbuoni: 20 secondi al primo, 12 al secondo e 8 al terzo (il doppio rispetto a oggi). Tradotto: in caso di vittoria, al trentino basterebbe un vantaggio di 1’50” sul bergamasco. Ma ai -4 km è costretto ad abdicare ai suoi sogni di gloria: Rujano, dopo essere stato a ruota quasi tutto il giorno, allunga e lascia Simoni in preda ai propri demoni. Prova a darsi la carica svuotandosi addosso ciò che resta della borraccia ma non c’è nulla da fare: il piccolo scalatore venezuelano ne di più e si va a prendere tappa, podio e maglia verde.
Al traguardo il due volte vincitore del Giro arriverà con 26″ di ritardo e si dovrà accontentare dei 12 secondi di abbuono. A un 1’35” ecco anche il Killer di Spoltore, che maledice se stesso e la sfortuna che l’ha abbandonato nel momento chiave. Lui, al contrario di Rujano, perde tutto: tappa e podio. Savoldelli arriva a un 1’55” e sul podio di Milano salirà sul gradino più alto per appena 28” su Gibo (e 45” su Rujano). «Avrò perso 10 anni di vita oggi», confessa ad Alessandra De Stefano qualche attimo dopo aver varcato la linea del traguardo. E aggiunge: «Strada facendo ho trovato degli aiutanti». E ai due della Davitamon, Ardila e Van Huffel, Savoldelli «deve fare un monumento», per usare le parole di Bulbarelli. Simoni, invece, in perfetto stile Gibo, spara a zero su tutti. Su Rujano, su Ardila e perfino su Di Luca.
Al venezuelano lo scalatore di Palù di Giovo imputa di essere sempre stato a ruota per poi beffarlo nel finale (accusa a cui il ds Gianni Savio risponderà di aver consigliato lui al corridore di risparmiarsi causa crisi di fame). Ardila, com’era prevedibile, è reo per Gibo di aver aiutato Savoldelli senza apparenti motivazioni tattiche, mentre Di Luca ha tenuto secondo Simoni un ritmo troppo duro sull’ascesa in sterrato: «sarebbe stato meglio – dirà al Processo alla tappa – andare un po’ più piano sul Finestre per cercare di risparmiare qualche altro corridore». Insomma, gestirsi meglio per evitare di lasciare a Savoldelli compagni che si sono poi rivelati preziosi. Una tappa in cui tutti – Simoni, Di Luca e Rujano – hanno accarezzato l’idea di poter vincere e hanno perso, mentre ha vinto l’unico che aveva messo in conto di perdere. La magia del ciclismo nella sua massima espressione.