Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’arresto di Saki Sudo con l’accusa di aver ucciso il marito Kosuke Nozaki e dello stigma che colpisce chi fa sex work.
Saki Sudo è una pornostar giapponese di 25 anni che è stata fermata dalla polizia nelle scorse settimane (la notizia è circolata in Italia però a partire da lunedì 24 maggio). L’accusa è aver avvelenato Kosuke Nozaki, l’uomo di 77 anni con cui è stata sposata per soli tre mesi e morto la notte del 24 maggio 2018. L’esame tossicologico ha mostrato una quantità eccessiva di farmaci stimolanti e le indagini hanno individuato sul cellulare della donna alcune ricerche online per acquistare proprio queste sostanze. La polizia sospetta che Sudo abbia avvelenato il marito per impossessarsi del suo patrimonio, ma naturalmente bisogna attendere lo svolgimento del processo prima di considerare l’accusa veritiera. Sudo, inoltre, si è proclamata innocente.
Come hanno raccontato i giornali questa vicenda? Con delle costanti significative perché mostrano quanto sia radicato lo stigma rivolto a chi fa sex work.
Il Corriere della Sera, ad esempio, sceglie un titolo che è in linea con le strategie adottate anche dalle altre testate: «La pornostar Saki Sudo arrestata in Giappone: è accusata di aver avvelenato il marito miliardario». I ruoli dei personaggi della vicenda sono ben definiti: lei è la lavoratrice nel campo della pornografia e lui l’uomo ricco con un patrimonio tale da attirarla. Il tono della narrazione sembra infatti prediligere questi ruoli più che gli individui convolti, tanto che il nome di Kosuke Nozaki è addirittura assente nel titolo. La stereotipizzazione dei coniugi prosegue nel momento in cui la testata riporta le parole dell’uomo: «“Non ho alcun interesse per le macchine o le case. Invece, ho un desiderio sconfinato di fare sesso con belle donne”, ha scritto Nozaki nella sua autobiografia intitolata Don Juan of Kishu».
Si ricorda inoltre che Saki Sudo ha «precedenti per furto di denaro e gioielli», dopo la morte del marito «si è nominata presidente delle società del defunto marito» e prima dell’arresto stava lasciando il Giappone. Questi elementi concorrono a dipingere un ritratto negativo della donna, che avvalora l’accusa di omicidio.
Anche Sky TG24 mantiene, all’interno del titolo, lo stesso schema appena notato: di Sudo vengono indicati il nome completo e la professione, di Nozaki solo l’ingente patrimonio. Leggendo l’articolo, inoltre, si nota un’altra caratteristica del ritratto della donna diffuso dai media: il ruolo di femme fatale. La testata scrive infatti che Nozaki «si vantava di aver avuto nella sua vita più di 4.000 donne, l’ultima gli è stata fatale» e poi «aveva raccontato di essere stato messo in guardia dai suoi amici prima delle nozze con la pornostar, più giovane di lui di 55 anni». Viene quindi presentata come persona pericolosa proprio a causa della sua professione.
Il Messaggero mantiene le strategie adottate anche dalle altre testate per il titolo con cui viene annunciata la notizia: «Pornostar giapponese Saki Sudo arrestata: avrebbe avvelenato e ucciso il marito milionario». Nonostante ciò, l’uso del condizionale sospende il giudizio sull’accusa di omicidio, che infatti non è ancora stata confermata.
La testata conclude l’articolo colpendo però la credibilità di Sudo. Si legge infatti che «La donna, secondo quanto ricostruito, […] avrebbe premeditato l’omicidio ben prima delle nozze, tenendo in seguito la famiglia all’oscuro del matrimonio, così come della sua professione da pornostar». Oltre ad accostare un fatto grave e tragico come l’ipotetica uccisione del marito al lavoro come sex worker, Il Messaggero diffonde una notizia che è in parziale contrasto con quanto espresso da altre testate (la segretezza della professione di Sudo).
Il Fatto Quotidiano, infine, non considera pienamente lo stato di innocenza di Sudo fino al termine del processo e apre l’articolo con il titolo: «Saki Sudo, giovane pornostar uccide l’anziano marito avvelenandolo con farmaci stimolanti». Solo dopo un collage con le fotografie dei coniugi aggiunge che tali parole rappresentano la posizione della polizia di Tanabe, città giapponese in cui si stanno svolgendo le indagini.
La testata in seguito incalza: «Secondo fonti della polizia locale Saki Sudo si sarebbe definita innocente rispetto al reato di cui è accusata, ma gli investigatori, secondo quanto riportato da numerose testate giapponesi, non sembrano avere molti dubbi a riguardo dell’omicidio». Si dilunga inoltre sull’attività di Sudo come sex worker e viene sottolineata la disparità economica nei confronti del marito, che aveva accumulato un ingente patrimonio avendo lavorato nel settore immobiliare e creditizio.
In conclusione, confrontando i diversi articoli si nota che l’attenzione della stampa italiana si è concentrata più sulla professione di Sudo che sull’accusa di omicidio, nonostante tra le due non sembra esserci alcuna correlazione. Il suo lavoro come pornostar viene associato a un basso livello di moralità, tanto da presentare la sua colpevolezza quasi come dato certo. In una narrazione di questo tipo lo stigma verso il sex work pesa più del processo per omicidio in corso.