LA SCUOLA DI ANTICO REGIME NELL’AREA LOMBARDA

L’istruzione durante il periodo napoleonico subì una grandissima rottura con il passato. Questa funzione era affidata alla gestione del clero che istruiva la popolazione a seconda del grado sociale. Le riforme dell’imperatore austriaco Giuseppe II portarono in Lombardia un sistema educativo basato sull’uniformità. Il modello di riferimento fu il ginnasio di Brera.

Le riforme asburgiche modificarono anche l’amministrazione scolastica, con la nascita degli ispettorati provinciali e con i parroci responsabili delle scuole triviali (parrocchiali) ubicate nei territori dove svolgevano le attività pastorali. I territori cisalpini che non erano soggetti all’imperatore di Vienna non videro realizzate politiche scolastiche di rilievo ed estese. I territori dello Stato Pontificio della bassa padana non presero in esame la problematica, tranne che qualche spiraglio nelle scuole urbane.

LA ROTTURA RIVOLUZIONARIA

In questo scenario si innestò la rottura portata dalla rivoluzione francese. Gli ideali di uguaglianza e di libertà entrarono anche nel mondo scolastico. La libertà di insegnamento e la scuola come servizio pubblico, vennero proclamati indipendenti dalla tutela ecclesiastica e offerti al popolo gratuitamente, al fine di contribuire a formare un cittadino. Il dibattito interno alla Repubblica Cisalpina fu molto vivace. Particolarmente attiva fu la fazione giacobina, sostenitrice di un sistema meritocratico e aperto ai ceti popolari. Questa fazione supportava il massiccio intervento statale nel promuovere e finanziare l’istruzione pubblica. Estendere la possibilità di elevare la propria condizione culturale aveva un’alta valenza politica, contribuiva a formare il cittadino, non più suddito da controllare. Il breve periodo della Cisalpina cercò di diffondere l’importanza dell’istruzione popolare in maniera capillare nelle scuole, a danno dell’istruzione superiore e universitaria, viste come scuole di élite a danno del popolo.  

Il primo e più importante intervento normativo a favore dell’istruzione fu l’emanazione della legge scolastica del 4 settembre 1802. Questo intervento non fu più modificato fino al 1814.

Il legislatore fissò tre gradi di istruzione: sublime, media ed elementare, guardando la materia dal punto di vista scientifico; nazionale, dipartimentale e comunale, guardandola dal punto di vista economico, ovvero del soggetto deputato a elargire i fondi per l’istruzione.

L’istruzione nazionale comprendeva, oltre all’istituto nazionale, le università, le accademie di belle arti e le scuole speciali, tutte a carico della nazione. I licei erano considerati di pertinenza dipartimentale, mentre ginnasi e scuole elementari erano a carico dei comuni. Ai comuni non capoluogo era lasciata la facoltà di istituire ginnasi purché non mettessero in disparte la scuola elementare.

Solamente l’istruzione secondaria ottenne una regolamentazione: quella elementare rimase in balia delle sole disposizioni del Ministero dell’Interno per il tramite della Direzione Generale di Pubblica Istruzione. Pur con i limiti di azione di una direzione generale, quest’organo riuscì a fare pressioni sui prefetti affinché i comuni rurali rispettassero la formazione delle scuole elementari. Oltre all’interesse verso le scuole, la direzione generale portò in evidenza la questione della formazione dei maestri. Anche in questo caso furono enormi le pressioni sui prefetti affinché l’accesso all’insegnamento fosse regolato da sistemi di abilitazioni sotto la responsabilità dei dipartimenti.   

La legge del 1802 stabiliva solo due università in tutta la Repubblica, Bologna e Pavia. Ogni università aveva fissato un tetto massimo di 30 docenti universitari. Il governo era l’unico responsabile per la nomina dei docenti e aveva facoltà di aggiungere due cattedre per ciascuna università. La norma specificava anche il trattamento economico corrisposto, per gli stipendi più alti, in base al merito e alle circostanze.

ALTRI ISTITUTI

A Milano e a Bologna vennero istituite due accademie di Belle Arti. Esse seguivano le istruzioni delle università per la selezione dei docenti e in più avevano un tetto massimo di spesa. Esistevano inoltre delle scuole definite speciali, il loro compito consisteva nel formare tecnici specializzati in settori specifici. Queste scuole erano così suddivise: metallurgica, dove si insegnava chimica-metallica e mineralogia presso il dipartimento della Mella o dell’Agogna; idrostatica, dove si insegnava idraulica e idrometria, nel dipartimento del Basso Po; scultura, dove si insegnava disegno e architettura, a Massa Carrara e infine la scuola di veterinaria a Modena.

Ogni dipartimento poteva avere un Liceo, che doveva necessariamente essere dislocato dove non vi era già un Ginnasio. I Licei e i Ginnasi erano considerati parte dell’istruzione media. In questi istituti si insegnavano le Istituzioni delle scienze, delle lettere e delle belle arti. Frequentare i licei era propedeutico per le università.

L’esperienza scolastica delle entità statali napoleoniche trovava ispirazione in quella francese post rivoluzionaria. Numerose furono le leggi che istituirono le scuole e i licei. Questi ultimi erano il fulcro dell’istruzione superiore, basata sulle lettere e il latino (4 professori) e sulle matematiche (2 professori). Molti di questi istituti francesi avevano una organizzazione funzionale molto simile a quella del collegio degli orfani: a capo di un liceo vi era un provveditore da cui dipendevano un economo con compiti amministrativi e un censore, incaricato della disciplina degli studenti

L’ISTRUZIONE MILITARE

La necessità di mettere in campo uno strumento bellico efficiente che potesse rispondere ai requisiti operativi imposti da Bonaparte portò all’istituzione, anche nei territori cisalpini ,di istituti di formazione soprattutto rivolti a ufficiali e sottufficiali dell’Armata. Tra le scuole istituite nei territori cisalpini la più antica fu quella di Modena. Istituita il 27 luglio 1797, fu sede della Scuola militare dell’artiglieria e del genio.

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Nell’ottobre 1801 fu istituita una Scuola militare di equitazione a Milano al fine di uniformare l’addestramento e di perfezionare ufficiali e sottufficiali di cavalleria; gli aspiranti cavalieri infatti spesso non possedevano le abilità di base per assolvere il compito assegnato ad un soldato a cavallo, mentre gli ufficiali di cavalleria seguivano i corsi della Scuola militare di Pavia, integrati da una limitata attività equestre. Nel 1807 la Scuola di equitazione trasferì la sede da Milano a Lodi.

Nel 1810, una Scuola di equitazione per il personale dei reparti a cavallo integrò i corsi della Scuola di equitazione per il personale dell’arma cavalleria.

I cavalli della scuola erano di proprietà dello Stato, ma gli allievi potevano utilizzare anche cavalcature private, l’unico corpo a cui non era concesso utilizzare i cavalli statali era la gendarmeria.

La scuola più importante fu quella di Pavia, istituita nel 1805. Questo istituto era deputato a preparare gli ufficiali di fanteria e in un secondo momento anche quelli di cavalleria. Nella scuola pavese si insegnavano storia, geografia, lettere, lingua francese e matematica. Oltre ai professori furono assegnati alla Scuola di Pavia quattro ufficiali istruttori.

L’EREDITA’

L’età napoleonica ha lasciato un’eredità importante nell’istruzione italiana. Numerosi licei classici e scientifici, eccellenze dell’istruzione italiana, hanno origini napoleoniche il Beccaria e la Scuola Militare Teulié a Milano, il Foscarini a Venezia, il Maffei a Verona, il Canova a Treviso, il Volta a Como, il Carlo Alberto a Novara, lo Stellini a Udine, il Torricelli a Faenza, il Pigafetta a Vicenza, il Prati a Trento, il Manin a Cremona, il Petrarca ad Arezzo.