Nonostante quando pensiamo agli anni della Rivoluzione Francese ci vengono in mente guerre, rivoluzione e nuovi regimi politici, non ci fu solo questo. Siamo all’interno della corrente del positivismo, molto simile all’illuminismo per molti versi, e la scienza progredisce senza sosta.
I nomi sono tra i più citati nei testi scientifici attuali: Lavoisier, Laplace, Lagrange, i due Carnot, sono solo la punta dell’iceberg della comunità scientifica del tempo.
A cura di Francesco Chirico
L’aria infiammabile
In un momento di rapida evoluzione geo-politica, anche la scienza predilige la pratica e le applicazioni, piuttosto che le lunghe dissertazioni teoriche. Uno degli esempi migliori è la scoperta dell’aria infiammabile, oggi comunemente detta idrogeno. Poco dopo la presentazione alla Royal Society da parte di Henry Cavendish (1731-1810), molti esperimenti appurarono che una membrana molto sottile riempita di idrogeno sarebbe stata più leggera dell’aria, e sarebbe quindi salita verso l’alto. Tutto si svolse però su piccola scala.
In maniera del tutto indipendente, due fratelli francesi iniziarono a svolgere altri esperimenti, che coinvolgevano sia l’aria infiammabile che altri gas. Nel giugno 1783, i fratelli Montgolfier facevano volare per circa 10 minuti il primo pallone aerostatico, con un diametro di 30 metri, sfruttando solamente aria calda. Il volo raggiunse i 2000 metri di altezza, e arrivò alle attenzioni dell’Académie Royale des Sciences, in cui subito una commissione discusse delle possibili implicazioni pratiche.
Dato il momento storico, Benjamin Franklin pensò subito alle mongolfiere come ai primi cacciabombardieri, e già nel 1784 fu istituita la Compagnie d’Aérostatiers, che si distinse in alcune battaglie. A parta questo primo momento di gloria, non ebbero poi un grande successo in battaglia, essendo un bersaglio facilissimo da colpire.
Strani incontri all’Académie Royale des Sciences
Mentre tra Laplace e Lagrange è facile immaginare quali fossero i discorsi abituali, rimasero sorpresi anche loro di sentire come Napoleone Bonaparte intervenisse in merito alle loro scoperte. Rimasero ancora più sorpresi quando lo videro all’Académie Royale des Sciences (parte dell’Institut National) in qualità di socio aggregato nella sezione delle arti meccaniche.
Napoleone non fece della scienza la sua attività principale, ma ne era molto appassionato, ed esiste anche un teorema sui triangoli che porta il suo nome. Appena riusciva frequentava molto volentieri l’Institut National. Anche lui, oltre alle dissertazioni teoriche, era interessato alle applicazioni pratiche, utili soprattutto in guerra.
Alle applicazioni pratiche si arriva tipicamente in due modi. Quello classico prevede un’ipotesi su basi teoriche, da cui si prepara poi un esperimento, e si segue il procedimento del metodo scientifico. Si può partire però anche solo dall’esperienza, e procedere per tentativi ed errori. È il caso per esempio di Nicolas Francois Appert, venditore di dolci del nord della Francia: lavorando con i cibi, aveva il problema della loro conservazione, quindi si diede alla sperimentazione. Dopo anni di tentativi, nel 1810 Appert validò il metodo, che consisteva nel togliere l’aria dal barattolo, chiuderlo ermeticamente, avvolgerla con una tela e immergerla in acqua bollente fino a cottura del cibo. Appert presentò l’invenzione al governo francese, gli valse un premio di 12 mila franchi e aprì la Casa di Appert, prima fabbrica per alimenti in barattoli di vetro al mondo. Napoleone non si fece sfuggire l’occasione e usò questa tecnica nelle Campagne Napoleoniche, con grande successo.
Senza saperlo, Appert era arrivato all’applicazione di nozioni teoriche che non erano ancora state scoperte: solo 50 anni dopo Louis Pasteur riuscirà a dimostrare che il calore è in grado di uccidere i batteri.
Dio o caos?
Tornando ai massimi sistemi e alle dissertazioni teoriche, Napoleone fu coinvolto in uno scambio di battute che oggi potrebbe sembrare una barzelletta: “Ci sono Newton, Laplace e Napoleone…”.
Laplace (1749 – 1827) non conobbe mai Newton (1642 – 1726), vissuto quasi un secolo prima, ma entrambi si occuparono di gravitazione universale.
Quando Laplace presentò a Napoleone il suo Trattato sul sistema del mondo, l’imperatore osservò che non veniva mai citato il creatore, che invece aveva citato Newton nei suoi studi. Laplace rispose che non aveva avuto bisogno di questa ipotesi, ipotesi che però Napoleone riteneva spiegare molte cose.
In ogni caso, Laplace non aveva fatto i conti esatti, ipotizzando che le leggi dell’universo fossero assolutamente deterministiche, e che quindi potessero calcolare tutti gli eventi passati, presenti e futuri. Fu Lagrange a cimentarsi nel problema dei tre corpi celesti proposto da Laplace, e trovò soluzioni esatte solo in casi molto particolari. Questo esclude che le formule di Laplace fossero universali, mentre i punti che trovò Lagrange vengono usati tuttora in astronomia, con l’originale nome di Punti di Lagrange.
Henri Poincaré provò poi a risolvere il problema non più con solo 3 corpi celesti, ma n, per un concorso bandito dal Re di Svezia. Riuscì solo a completare il problema dei 3 corpi, e consegnò alla commissione un manoscritto di 160 pagine. Dalla revisione però, apparve un errore grossolano, che anche Poincaré dovette ammettere, quando ormai il lavoro era in tipografia.
Da questo errore Poincaré continuò gli studi e fece uscire un nuovo trattato, di 270 pagine. Furono recuperate le copie contenenti l’errore, e Poincaré pagò personalmente la stampa del nuovo lavoro, che gli costò ben più del premio promesso dal Re Oscar II. Ne valeva la pena però, perché il manoscritto era solo l’inizio di quella che oggi è conosciuta come Teoria del Caos.