“Mercoledì di Coppa” è il nuovo speciale della redazione di Olympia, che vuole analizzare e contestualizzare la nascita e lo sviluppo delle competizioni UEFA per club. Dalla Coppa dei Campioni nata nel 1955, fino alla possibilità, di cui si parla ormai da tempo, di creare una nuova Superlega con tutti i migliori club d’Europa. Il viaggio, in questi 75 anni, è stato lungo e tortuoso ed ha visto il fiorire di diversi tornei di differente importanza: Champions League, Europa League, Coppa delle Coppe, Mitropa Cup, Intertoto, Europa Conference League.
Ogni trofeo ha la sua storia, è nato in momenti storici diversi ed è cambiato insieme al calcio. La redazione prova a riannodare i fili partendo dal principio, con lo scopo di cercare di capire qual è il futuro che ci attende.
La Seconda Guerra Mondiale rese il Vecchio Continente teatro di una sanguinosa battaglia, che lasciò in dote solo macerie e povertà. Il tentativo di rialzarsi dal conflitto bellico passò anche per il calcio, che iniziò a veder crescere esponenzialmente la propria popolarità in tutte le nazioni d’Europa, arrivando ad affiancare il ciclismo come sport più seguito. Co-primato che le due discipline condivideranno solo per pochi decenni, prima che il pallone spicchi il volo nelle preferenze degli appassionati.
E se le dittature “nere” avevano intravisto nel calcio un ottimo strumento di propaganda per esaltare i propri governi totalitari, imprimendo così un decisivo sviluppo a quello che sarebbe in seguito diventato lo sport più popolare del globo, anche l’Europa del Dopoguerra aveva compreso la potenza divulgativa del gioco. L’obiettivo era, però, diametralmente opposto: superare la cortina di ferro che divideva il mondo in due e riavvicinare i paesi di un continente che aveva da poco deposto le armi.
Oggi, la Coppa “dalle grandi orecchie” è la più prestigiosa competizione calcistica del mondo (seconda solo al Mondiale, ça va sans dire), quella che ogni bambino che desidera fare il calciatore sogna un giorno di vincere. Ma, come ogni cosa che ha assunto fascino e tradizione nel tempo, anche la Coppa dei Campioni è stata una novità.
Tutto ebbe inizio poco meno di una decina d’anni dopo il lancio americano della bomba atomica sul Giappone. Il mondo del calcio era ancora lontano anni luce dal modello hollywoodiano a cui siamo abituati oggi, ma stava iniziando a far breccia nelle fantasie dei giovani nati dopo la guerra. Non trascurabile, inoltre, è il ruolo avuto dalla stampa nello sviluppo del gioco: all’epoca non esistevano procuratori o talent scout, e i presidenti dei club spesso si affidavano ai cronisti per avere il loro parere su questo o quel calciatore. Ma la classe giornalistica dell’epoca, ben lontana dai ciarlatani che oggi urlano e sbraitano in televisione, fu capace, attraverso le proprie idee, di dare un contributo fondamentale all’espansione continentale del gioco. Infatti, quella che oggi è conosciuta come Champions League deve la sua nascita ad una diatriba tra due dei più importanti quotidiani d’Europa.
Il pretesto fu una serie di amichevoli contro Spartak Mosca e Honved Budapest, organizzate dal Wolverhampton per inaugurare la nuova illuminazione del loro campo di gioco, il Molineux Stadium. Dal punto di vista calcistico, le squadre di Sua Maestà non stavano attraversando di certo un periodo d’oro: dopo aver snobbato le prime tre edizioni dei Campionati del Mondo, alla loro prima partecipazione, nel 1950, i Tre Leoni furono eliminati in maniera sorprendente dagli Stati Uniti; seguirà poi l’eliminazione del 1954 per mano dei bi-campioni dell’Uruguay. Nel mezzo delle due eliminazioni, ci fu anche la doppia vittoria della “Grande” Ungheria nel 1953 (3-6 all’andata a Wembley e 7-1 a Budapest, in quella che viene ricordata ancora oggi come la più pesante sconfitta mai subita dal calcio inglese). L’orgoglio nazionale era stato colpito, ancora una volta, duramente quando i sovietici dello Spartak Mosca avevano tranquillamente passeggiato sull’Arsenal, sconfiggendoli nel loro inviolabile tempio, lo stadio di Highbury.
Così, il 13 dicembre 1954, dopo aver rifilato un netto 4-0 ai sovietici qualche giorno prima, al Molineux Stadium i padroni di casa del Wolverhampton si trovarono ad affrontare gli ungheresi dell’Honved Budapest – il principale serbatoio della nazionale magiara di quegli anni – in un incontro particolarmente sentito dagli inglesi, che, dopo essere stati sotto di due reti al termine del primo tempo, furono capaci di ribaltare il risultato giocando una partita epica. L’orgoglio e la capacità di reagire da parte dei Wolves, che al fischio finale vinsero per 3-2, esaltò non poco la stampa di Sua Maestà, che il giorno successivo parlò di squadra «grandiosa» e «fantastica». Più in là si spinse il Daily Mail, che titolò il resoconto del match con la frase destinata a cambiare per sempre il calcio europeo: «Salutiamo i Wolves, ora Campioni del Mondo», riprendendo le parole che l’allenatore dei gialloneri, Stanley Cullis, aveva rivolto ai propri giocatori una volta rientrati negli spogliatoi.
La copia del Daily Mail arrivò nelle mani di Gabriel Hanot, caporedattore della sezione sportiva dell’Équipe, che aveva assistito alla sfida del Molineux e non era poi così tanto d’accordo con il titolo dell’articolo a firma di David Wynne-Morgan. Il giorno successivo, il principale giornale francese uscì con un pezzo dal titolo eloquente: «No, il Wolverhampton non è ancora il campione del mondo dei club», nel quale sosteneva che «prima di proclamare l’invincibilità dei Lupi bisognava almeno attendere che replicassero i successi a Mosca e Budapest» e che ci fossero almeno un altro paio di squadre che avrebbero potuto aspirare a quel titolo: Real Madrid e Milan, su tutti.
Il giornalista lanciò anche l’idea di una nuova competizione, un Campionato d’Europa tra i club, con «un rappresentante per Federazione, incontri di andata e ritorno nell’arco di una settimana e in notturna, con l’eventuale patrocinio della Televisione internazionale».
All’idea venne subito affiancata anche una possibile bozza regolamentare redatta da Jacques Ferran, che il direttore del giornale, Marcel Oger, inviò a tutte le federazioni calcistiche nazionali d’Europa, oltre che ai vertici di FIFA e UEFA. Ma nessuno dei due principali organismi internazionali del calcio era competente ad organizzare la nuova competizione proposta dall’Équipe, che però affascinò fin da subito sia il presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu, che il commissario tecnico dell’Ungheria, Gusztav Sebes. Così, il 2 e 3 aprile 1955, presso l’Hotel Ambassador di Parigi, i club interessati al progetto (per l’Italia il Milan del presidente Andrea Rizzoli) s’incontrarono in una riunione “carbonara”, durante la quale venne approvata la bozza di regolamento redatta da Ferran ed istituito un Comitato organizzatore, con presidente il francese Berdignan e con vicepresidenti proprio Bernabeu e Sebes.
La UEFA, che in occasione del Congresso inaugurale della federazione tenutosi a Vienna il 2 e 3 marzo 1955 aveva fatto “melina” alla proposta di Hanot e Ferran, di fronte all’improvvisa nascita di un comitato che non la vedeva coinvolta, e temendo di essere scavalcata, decise di inviare una comunicazione alla FIFA chiedendo di «esaminare le condizioni relative all’organizzazione al fine di garantire le conformità alle norme internazionali che regolano le responsabilità delle associazioni nazionali».
La risposta inviata dalla FIFA fu positiva, che però pose alcuni paletti perché tale competizione potesse nascere: la partecipazione di ciascuna squadra doveva essere autorizzata dalla propria Federazione di appartenenza; la competizione non poteva essere chiamata “Coppa Europa”, denominazione riservata al torneo europeo per le squadre nazionali (che avrebbe preso il via nel 1960); infine, l’organizzazione della manifestazione doveva fare capo esclusivamente alla UEFA. Recepite le indicazioni del massimo organismo mondiale del calcio e modificati alcuni punti del regolamento presentato dall’Équipe, il 21 giugno 1955 la UEFA varò ufficialmente la nuova European Champion Clubs’ Cup.
Meno di tre mesi dopo, il 4 settembre, all’Estádio do Lumiar di Lisbona veniva giocato il match inaugurale tra Sporting Lisbona e Partizan Belgrado. L’enorme giostra del calcio europeo era stata messa in moto. Quella prima edizione fu vinta dal Real Madrid di Bernabeu – capace di conquistare anche le successive quattro -, che il 13 giugno 1956 al Parco dei Principi di Parigi sconfisse per 4-3 lo Stade Reims. Lo straordinario successo convinse anche la Football Association inglese, che l’anno prima aveva ostracizzato la partecipazione del Chelsea, già presente alla riunione “carbonara” di Parigi, ad iscriversi. E così fecero molte altre federazioni, tanto che con l’adesione dell’Unione Sovietica del 1966, tutte le 32 Federazioni appartenenti alla UEFA iscrivevano i propri campioni alla Coppa.
Ai vertici della Federazione europea del calcio era stato deciso che la Coppa dei Campioni non avrebbe dovuto badare alle tensioni della Guerra Fredda che stavano spaccando il Vecchio Continente. L’obiettivo era che il calcio fosse strumento di pace e di riunificazione tra le diverse anime europee. E fu quello che, in effetti, accadde. Tanto che nei primi quarti di finale della neo-nata Coppa dei Campioni, che mettevano di fronte il Real Madrid della Spagna franchista ed il Partizan Belgrado della Jugoslavia del Maresciallo Tito, i giocatori si ritrovarono a fraternizzare al termine del doppio incontro sotto la neve che cadeva copiosa su Belgrado.
Nel 1951 era stata fondata la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), ovvero il primo tentativo di creare una comunità economica europea, che tracciò la strada che avrebbe poi portato alla nascita dell’Unione Europa come la intendiamo oggi. Il calcio, ancora una volta, fu capace di anticipare ciò che, in politica, arrivò diversi decenni più tardi, riuscendo ad avere quella funzione sociale che, in tanti, anche oggi gli riconoscono.