I problemi economici, i risvegli delle mire espansionistiche, il sogno dell’impero che non è ancora del tutto tramontato, il ponte tra oriente ed occidente. Cosa rappresenta oggi la penisola anatolica? Analisi di un Paese emblematico che allo stesso tempo è parte della Nato e strizza l’occhio alla Cina.

Pensando alla Turchia, le immagini vanno sicuramente ad Istanbul, allo stretto del Bosforo ed alla basilica di Santa Sofia, simbolo a livello mondiale dell’integrazione e della multiculturalità che questa città rappresenta. Per anni popoli, lingue, usi e costumi hanno convissuto nell’antica Costantinopoli, una metropoli all’avanguardia rispetto alla restante parte del Paese.

LA STORIA
In passato, gli eredi della dinastia Selgiuchide hanno fatto tremare il mondo al solo udire il proprio nome. L’impero ottomano fu vasto: durante la sua massima espansione riuscì a sottomettere territori del Maghreb, della penisola balcanica, della zona carpatica, della Crimea, del Medio Oriente, fino ad alcuni possedimenti nella penisola araba.
Il suo apice fu toccato nel XVII° secolo, grosso modo fino a quella la Battaglia di Lepanto del 1571, che segnò la prima grande vittoria di una flotta cristiana contro gli osmanici, che nicchiarono affermando che fosse stata “tagliata la barba del sultano, quando a Venezia è stato tagliato un braccio”.
Si susseguirono negli anni grandi sconfitte per i possedimenti che facevano capo alla mezzaluna la cui coesione fu progressivamente minata. Il 1683 fu un annus horribilis, con la Battaglia di Vienna, che mise fine all’espansionismo ottomano in Europa. Negli anni successivi, le pressioni delle nazioni europee da ovest e della Russia da nord, unite a quelle dell’impero Persiano da sud-est, avviarono il progressivo disfacimento della formazione multi-continentale di un tempo.

VARIOPINTE FORME GOVERNATIVE
Durante l’impero ottomano vi era un solo reggente che dettava legge sull’intero sistema statale, costituendo una vera e propria monarchia assoluta. Andando avanti nella storia, tale forma di governo assunse prima i caratteri di una monarchia costituzionale, ed infine quella di un califfato. L’anno di svolta fu il 1923, in cui nacque la Repubblica, con Mustafa Kemal, nominato primo presidente, nonché Atatűrk, ossia padre dei turchi. Nonostante la stragrande maggioranza della popolazione sia musulmana, la Repubblica di Turchia è uno stato laico, in cui non esiste una religione di stato. La costituzione turca prevede infatti libertà di culto e di coscienza. La Turchia fu monopartitica fino al 1946, dopodiché vi fu un pluralismo di schieramenti, durato fino al 2017. Tre anni fa la costituzione divenne repubblicana presidenziale e la carica di Primo Ministro fu abolita, in seguito a referendum popolare, i cui esiti furono duramente contestati. Dal 2004 iniziò ad emergere, all’interno della politica turca, la figura dell’ex sindaco di Istanbul, Erdogan, che andando avanti con il tempo ha acquisito sempre maggiori poteri.

GLI ANTEFATTI
Nel 2016 il fallito golpe fece molto discutere sia la comunità internazionale che i partiti di opposizione. Quali furono le conseguenze? La libertà di stampa andò via via scomparendo, la figura presidenziale arricchì e consolidò la propria egemonia e gli oppositori politici andarono svanendo, essendo arrestati e soppressi in massa.
I dubbi sul fatto che fu tutto organizzato dalla parte lesa, ancora oggi, non sono pochi.

I PROBLEMI INTERNI
A tenere con il fiato sospeso, per quanto riguarda la politica interna, è soprattutto la Lira. La moneta nazionale, ultimamente sta soffrendo una grave crisi di liquidità da inizio anno, oltretutto lo scambio con la moneta verde di riferimento è pari quasi ad 8.5 dollari, una perdita del 30% da inizio 2020.
Un altro fattore importante è sicuramente la popolarità del presidente, la quale appare in netto calo rispetto a qualche anno fa. I comportamenti aggressivi sembrano proprio trovare giustificazione anche nel far aumentare i consensi interni.

LE SCELTE GEOPOLITICHE
Nonostante le molte preoccupazioni del governo di Ankara, che per lo più riguardano i temi economici, finanziari e politici, il presidente cerca di ottemperare in maniera molto sui generis. La concentrazione è orientata all’esterno de Paese, e più che alla risoluzione dei grattacapi interni, si mira a garantire la presenza militare in tutti i teatri possibili: dalla Libia alla Siria, dal Corno d’Africa al Mediterraneo orientale, fino all’ultimo conflitto intercorso tra Azerbaigian ed Armenia, per la questione del Nagorno Karabakh.
I toni mostrati non sono certo di cortesia, Erdogan non ne ha per nessuno.
In Siria ed in Iraq, la milizie curdo-siriane furono arginate, così come i tanto odiati membri del PKK, ed i territori conquistati servirono per risolvere la tanto rognosa questione dei profughi.
In Libia, la Turchia si è contrapposta ad Haftar ed ai governi a lui alleati di Emirati Arabi, Egitto e Russia, sostenendo Serraj.
Nel Caucaso, l’appoggio agli alleati azeri è risaputo e le ragioni, oltre che commerciali, sono anche per vicinanze linguistiche, oltre che religiose.
Nel Mediterraneo invece, il contenzioso con la Grecia e con Cipro è dovuto ai giacimenti di gas naturale. Essi permetterebbero di eliminare le importazioni di idrocarburi da parte straniera ed acquisire così piena autonomia.
Che tutto ciò sia il preludio di un ritorno degli ideali ottomani?

MACRON vs ERDOGAN
Altra questione, non meno importante, la rivalità con la Francia dopo gli episodi occorsi. Il presidente francese, in difesa del martire della libertà d’espressione, il professore Samuel Paty, pronunciò un discorso che ribadiva i valori della repubblica transalpina, attaccando l’islam radicale e fondamentalista. L’obiettivo di Macron era favorire la nascita di un Islam capace di condividere pacificamente all’interno della Francia, sposando a pieno i principi di laicità ostentati dal governo di Parigi.
Escludendo che il discorso sia stato travisato, gli attacchi di Erdogan non si sono fatti attendere in quanto, come accennato sopra, cercano anche di far aumentare i sostenitori tra le proprie file: i proseliti non sono mancati nel mondo musulmano. I governi di Pakistan, Kuwait e Qatar hanno espresso la volontà di boicottare i prodotti di derivazione francese. 

UE, NATO, USA vs TURCHIA
La NATO e l’Unione Europea da che puntavano proprio su Ankara per creare il tanto desiderato ponte tra oriente ed occidente, a che nutrono seri dubbi sulle nuove intenzioni della Turchia, la quale sta assumendo i toni di pseudoalleato dalle ambizioni imperiali.
Dopo le azioni aggressive perpetrate da Erdogan, Bruxelles inizialmente aveva optato per le sanzioni ricredendosi pochi giorni dopo. Sembra che il Paese dello stretto, non sia più orientato, come un tempo, a far parte dell’UE, né al rispetto delle sue regole e dei valori, a discapito della riaffermazione dell’antica potenza di un tempo.
L’unica peculiarità turca, sembra essere solo l’uso della forza ed il governo di Ankara, resosi conto che l’Europa appare ancora troppo divisa ed incapace di reagire alle minacce, cerca di approfittarsene.

IL COMPORTAMENTO CONTROVERSO DI BRUXELLES
La violazione dello stato di diritto, da parte di Polonia ed Ungheria, non può passare inosservato agli occhi dell’Europa, ma le colpi più gravi del governo turco vengono tralasciate. Due pesi e due misure che non fanno altro che alimentare quelle divisioni non ancora risolte in seno all’unione. Serve coerenza, oltre che un cambio politico capace di non far trasparire le debolezze all’esterno. Sono proprio i talloni di Achille quelli che potrebbero far gola ed attirare possibili minacce.

E LA CINA?
Il Paese del dragone non sta certo a guardare e come in tutte le situazioni, quando un alleato si allontana, ve n’è sempre un altro pronto a tendere la mano, non senza il proprio tornaconto. Gli amici, per Erdogan, sono sempre di meno, i nemici invece sono in continuo aumento. Pechino è un’ottima opportunità per accordi commerciali e possibili investimenti, ma quale sarà il prezzo di tutto ciò?

I CAMBIAMENTI ATTUATI NEGLI ANNI
Il partito del presidente, come è noto a tutti, è il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP). Nato come movimento laico, sembra che abbia cambiato le sue fondamenta, trasformandosi in un tenace fautore della causa islamista. Sono noti i sostegni e le relazioni informali verso i Fratelli Musulmani, considerati fuori legge in Egitto, Emirati Arabi ed Arabia Saudita.
Un altro fatto curioso riguarda la grande basilica di Santa Sofia, in quanto da chiesa qual’era in origine, divenne moschea, e nel 1935 fu trasformata in museo fino a qualche mese fa, quando fu messo in atto il progetto di ripristinare l’uso quale moschea.

LA REPUBBLICA E’ IN PERICOLO
E’ possibile rendersi conto che gli elementi che richiamano la religione islamica non sono pochi, ma quali erano le basi della Repubblica creata da Kemal?
La Turchia era conosciuta in tutto il mondo per le sue fondamenta laiche che costituivano i pilastri dello stato. Oggi sembra proprio che stanno riemergendo i valori che contraddistinsero l’impero quasi un secolo fa. Il progetto per far riaffiorare ed affermare nuovamente la consistenza della cultura ottomana è in atto.