La ‘Fratelli Tutti’ è l’ultima enciclica di Papa Francesco, firmata il 3 ottobre 2020 ad Assisi. Una raccolta di concetti già ampiamente espressi dal Santo Padre inseriti in una cornice contestuale più ampia e legati tra loro dalla pandemia che ha colpito il pianeta nel corso del 2020. Due i filoni sui quali si snoda il testo: quello economico e quello politico. Il Pontefice, ancora una volta, tratteggia le malformazioni del nostro tempo, proponendo una serie di obiettivi concreti da perseguire e che non sono più rimandabili al futuro. Non un testo teologico, quindi, ma un manifesto politico e sociale, ancora una volta nel segno di San Francesco d’Assisi.
La scelta di Papa Francesco di firmare la terza enciclica del suo pontificato sulla tomba di San Francesco, ad Assisi, fa parte di un continuum che lega fortemente le due figure. La relazione con il Poverello di Dio è stata, fin dai primi momenti del suo pontificato, un’ispirazione: «Ricordati dei poveri», disse a Bergoglio il cardinale seduto al suo fianco in Conclave, subito dopo la sua elezione al Soglio di Pietro. Per ricordarsi degli ultimi, degli emarginati, non ci poteva essere un Santo più adatto a cui ispirarsi.
I testi di San Francesco ispirano il magistero e l’azione del Pontefice argentino. Non poteva esserci, dunque, un titolo migliore di Fratelli Tutti per quella che è definibile un’enciclica politica a tutti gli effetti. Una scelta che trae ispirazione dalle Ammonizioni, con cui il Santo di Assisi si rivolgeva a tutti.
La Fratelli Tutti non contiene grandi novità, ma è piuttosto un riassunto delle puntate precedenti – come dice lo stesso Francesco – che raccoglie interventi, lettere e interviste, inserite all’interno di un contesto più ampio. La vera novità è la pandemia da Covid-19, che fa da fil rouge per tutto il testo, poiché «ha fatto irruzione in maniera inattesa proprio mentre stavo scrivendo». Il Santo Padre ribadisce che «siamo tutti sulla stessa barca», come già aveva detto al mondo intero collegato con Piazza San Pietro il 27 marzo 2020, in pieno lockdown.
Fin dalle prime righe emerge, ancora una volta, il pensiero di San Francesco, il quale estendeva il concetto di fraternità non solo agli esseri umani, ma in generale a tutti gli elementi che compongono il Creato. Un chiaro richiamo alla precedente enciclica firmata da Bergoglio nel 2015: la Laudato Si’, il cui titolo rievoca un altro fondamentale testo di Francesco d’Assisi, il Cantico delle Creature.
È lo stesso Pontefice a definire la Fratelli Tutti come un’enciclica sociale. E come poteva essere altrimenti? Non un testo teologico, ma piuttosto un manifesto politico, in quanto Francesco, da gesuita, ha un’idea concreta di quello che la Chiesa, gli uomini e la politica dovrebbero fare in questo tempo. Ma nonostante sia – come detto – solo una raccolta di concetti già precedentemente espressi e, come tale, spazi tra i più disparati argomenti, il cuore dell’enciclica risiede nella parola “fratellanza“. Infatti, il testo firmato da Bergoglio non è altro che il naturale passo successivo a quanto accaduto nel febbraio del 2019, quando lo stesso Santo Padre firmò il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune insieme ad Ahmad Al-Tayyib, Grande Imam di Al-Azhar – considerato l’espressione vivente del pensiero teologico e giuridico islamico sunnita. L’obiettivo del documento è quello di promuovere un mondo più giusto, attraverso la pace che però «non è solo assenza di guerra – sottolinea Francesco – ma un’opera artigianale che coinvolge tutti».
UN’ENCICLICA ECONOMICA
La visione economica è presente in tutti i documenti e gli interventi di Francesco, e ovviamente non poteva mancare all’interno della Fratelli Tutti. Il Papa, infatti, viene dal sud del mondo e di conseguenza ha una visione marcatamente critica nei confronti della globalizzazione e del mercato aperto a tutti i costi. E nonostante la globalizzazione sia un concetto sul quale la Chiesa fino ad oggi non è mai riuscita a dare un giudizio, Bergoglio, invece, non si astiene, definendo la mondializzazione economica come negativa se uniforma indiscriminatamente il contesto, ma positiva se invece propone uno sviluppo integrale dei popoli all’interno del mondo, che il Pontefice vede come un «poliedro dove ogni faccia va rispettata e mantenuta nella sua integrità e non come un sfera, dove tutti i punti sono uguali» [Philadelphia, 2015].
Un altro importante tema affrontato nell’enciclica riguarda l’etica delle relazioni internazionali. Francesco ribadisce che beni come il territorio non possono essere negati a chi proviene da un altro luogo e ne ha bisogno. Infatti, il diritto naturale alle proprietà privata è sempre secondario – sottolinea il Santo Padre – al principio della destinazione universale dei beni creati, che «è un diritto naturale, originale e prioritario». Una visione per la quale Francesco è stato tacciato di socialismo, anche se in realtà la tradizione cristiana non riconosce la proprietà privata tra quei diritti assoluti ed intoccabili. Di fronte al predomino della dimensione economica ed alle stragi provocate dalle speculazioni finanziarie, in particolare nel Terzo Mondo, Francesco auspica una riforma delle Nazioni Unite, il cui compito deve essere quello di dare concretezza al concetto di «famiglia delle nazioni», lavorando per il bene comune. Il Pontefice sottolinea anche l’importanza dei negoziati e delle mediazioni per promuovere «la forza del diritto sul diritto della forza». La strada indicata dal Capo della Chiesa è quella di favorire il proliferare di accordi multilaterali che tutelino al meglio gli Stati più deboli.
UN’ENCICLICA POLITICA
All’interno della Fratelli Tutti, Francesco non si sottrae nemmeno dal parlare della «buona politica», intesa come la forma più preziosa di carità. Bergoglio, in particolare, si rivolge direttamente alla classe dirigente mondiale, ricordandogli come la missione della politica non sia quella di attrarre consenso, ma piuttosto quella di abbattere le disuguaglianze e risolvere il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica. Nulla di nuovo rispetto a quanto già espresso dal Santo Padre nel corso del suo pontificato. Ciò che cambia sono i toni con i quali si rivolge al mondo, particolarmente importanti in un documento papale di questa portata.
Il primo “attacco” del Pontefice è nei confronti dei cosiddetti populisti, che sono l’esatto contrario della «buona politica». Il rischio per il nostro mondo – sottolinea – è quello di credere ai populisti, che per ottenere consenso e risultati elettorali sono disposti a giocarsi la fiducia degli ultimi, una categoria molto cara al Papa del pueblo. «Mi rattrista – scrive il Papa – che la Chiesa abbia avuto bisogno di tanto tempo per condannare la schiavitù e diverse forme di violenza. Oggi, con lo sviluppo della spiritualità e della teologia, non abbiamo scuse. Tuttavia, ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forma di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi». Difficile, per chi segue la scena politica italiana, non cogliere una velata critica alla destra nazionale.
Francesco attacca i populisti, ma non risparmia aspre critiche ai neoliberali. Andare dietro al liberismo sfrenato – ammonisce il Papa – è solo un’altra faccia della stessa medaglia. Occorre, quindi, mantenere un equilibrio stabile, in particolare promuovendo il concetto di società fraterna e quello di «educazione al dialogo», ovvero gli unici modi per sconfiggere «il virus dell’individualismo radicale».
Infine, Francesco si occupa anche delle migrazioni, un tema tragicamente troppo attuale. La speranza del Pontefice, che si accompagna all’auspicio di riforma dell’ONU, è la nascita di una governance globale che inauguri una cooperazione internazionale di lungo periodo in nome di uno sviluppo solidale. L’obiettivo delineato dal Papa è quello di evitare le migrazioni non necessarie, attraverso la creazione nei paesi d’origini di concrete possibilità di vivere con dignità, ma allo stesso tempo sottolinea l’importanza di rispettare il diritto a cercare una vita migliore.