Zar, Comunisti sovietici, oligarghi post comunisti cosa hanno in comune? Qual è stato l’interesse principale dell’Unione Sovietica in Africa?
Il mondo russo nelle sue evoluzioni istituzionali ha mantenuto un aspetto fermo e ben direzionato: la politica estera.
Se per i grandi imperi europei, per le piccole nazioni si conoscono i termini generali di approccio verso il mondo africano, per il mondo russo tutto ciò è relegato alla parocchia degli addetti ai lavori. Eppure la Russia zarista, da cui parte questa analisi, era parte integrante del concerto delle nazioni creato dopo le vicende dell’epopea napoleonica nel 1815.
La Russia nella seconda metà dell’ottocento, secondo quando descritto da Hopkirk, era in aperto scontro con la Gran Bretagna per il controllo della fascia centro asiatica tra l’India e l’odierno Afghanistan, ma lo studio più allargato della vicenda ci mostra che questo scontro si spostò, seppur in maniera meno marcata, anche sulle coste africane.
Questa marginalità era dovuta alla corsa tra le potenze europee che si generò quando si iniziò ad intuire quali vantaggi avesse potuto portare il taglio dell’istmo di Suez.
Fu così che per il Grande Gioco in Africa la chiave di volta fu l’apertura, nel 1869, del canale di Suez.
L’importanza dell’evento fu suggellata anche dalla presenza dell’Imperatore d’Austria Francesco II.
In questo contesto la diplomazia russa si avvicinò a quella francese per tentare di controbilanciare lo strapotere britannico, ma anche la pressione da parte del mondo germanico, rappresentato dall’Impero d’Austria e dalla neonato Impero Tedesco.
L’Impero Britannico, in concorso con il regno d’Egitto, nato dalla costola di Istanbul, stava creando le condizioni ideali per il controllo dello scacchiere, da un lato con l’occupazione del Sudan e dai rapporti stretti con l’Egitto, dall’altro supportando l’attività bellica del Cairo contro l’impero d’Etiopia.
Controllare il traffico navale dell’Africa orientale avrebbe significato un aumento di introiti per l’economia russa che in quegli anni, seppur a macchia di leopardo, si stava sviluppando. L’avvicinamento alla Francia fu concretizzato nel 1894 con la firma di un patto che prese il nome di Duplice Intesa.
Per realizzare gli obiettivi di Mosca, occorreva che la diplomazia russa ingaggiasse il più grande impero dell’area, l’Abissinia, per bilanciare la presenza britannica e, anche se alleati, quella francese sulle coste dei Somali. Mentre la Gran Bretagna spingeva l’Italia ad intraprendere la sua avventura coloniale, la Russia inviava emissari e missioni in Africa, in particolare in Etiopia.
Addis Abeba fu scelta per affinità culturali, infatti secondo al diplomazia russa, la giustificazione ideologica di una presenza dello Zar in quei territori era dovuta all’affinità religiosa tra i due imperi. Ma le ragioni non erano solo di stampo culturale, guardano la carta geografica si nota come fosse importante per l’impero russo controllare un centrale snodo dei commerci che partivano dalla Cina ed arrivavano nel Mediterraneo attraverso Suez, ma anche di come attraverso il controllo di quell’area si sarebbe potuta fermare una forza marittima britannica in caso di guerra aperta in Asia.
Ma gli eventi interni e in estremo oriente – guerra russo-giapponese (1904-1905) – rallentarono i sogni dello Zar, infatti le missioni russe già a partire da fine ottocento andarono diminuendo sempre di più.
La ripresa per l’interesse nel Corno d’Africa e per l’accesso al Mediterraneo si ripresentò quando le Nazioni Alleate si trovarono a discutere della sorte delle colonie italiane, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale.
Le colonie italiane si trovavano in posizioni strategiche rispetto al nuovo centro di gravità geopolitico post Seconda Guerra Mondiale.
Per sistemare le ex colonie italiane vennero celebrate numerose conferenze, alcune formali altre informali. In una di queste, quella di Londra del 2 ottobre 1945, l’Unione Sovietica iniziò ad avanzare la sua proposta alle altre nazioni alleate ( Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia) -si badi bene che prima di arrivare alla decisione finale, vi furono numerosi tentativi di accordo tra i quattro, ma alla fine la decisione sulle colonie italiane venne presa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – .
La proposta avanzata dal Ministro degli esteri Molotov prevedeva un mandato fiduciario in Tripolitania e Somalia, avanzato come motivo l’impegno russo nel conflitto e l’aggressione subita da parte dell’Italia.
Le aspirazioni geopolitiche russe miravano ad assicurarsi dei porti dove installare delle basi navali per fronteggiare e rompere il predominio britannico. Infatti i diplomatici di Mosca non nascondevano l’obiettivo con una presenza in mezzo al Mediterraneo di impensierire la flotta di Sua Maestà britannica, infatti così si espresse Molotov:
In realtà Mosca tentava di ostacolare le linee di comunicazione dell’Impero britannico, come lo dimostrano le missioni militari nel continente e nel Corno d’Africa in particolare.
Le colonie italiane seguirono un destino diverso, ma l’Unione Sovietica non perse l’ambizione di trovare un posto al sole.
Fu solo dopo un impegno di missioni militari e di supporto ai governi africani che Mosca riuscì ad ottenere una presenza stabile nel corno d’Africa ed in altri paesi, sfruttando la politica del supporto alla decolonizzazione.
Gli accordi con il non allineato dittatore somalo Siad Barre, salito al potere nel 1969, consentirono alla flotta sovietica di installarsi a Berbera nell’ex Somaliland britannico, coronando così un’aspirazione che durava da quasi un secolo che è arrivata fino ai giorni nostri.