3 novembre 1998, sedicesimi di finale di Coppa UEFA. La sfida tra la Fiorentina di Batistuta e Trapattoni e gli svizzeri del Grasshopper si gioca in campo neutro, a Salerno, a causa di un accendino lanciato dalle tribune del Franchi durante le semifinali di Coppa delle Coppe 1997. La scelta dello Stadio Arechi era stata fortemente voluta dal patron Viola, Vittorio Cecchi Gori, per devolvere gli incassi del match agli alluvionati di Sarno e Quindici. Peccato che solo pochi giorni prima i tifosi della Salernitana siano stati aggrediti dagli ultras gigliati alla stazione di Santa Maria Novella, dopo l’incontro di campionato. Così, la scellerata decisione di Cecchi Gori fornisce ai tifosi granata la possibilità di vendetta, che sul finire del primo tempo della sfida invadono una delle due curve e lanciano una bomba-carta in campo. Nonostante gli obiettivi dell’attentato siano proprio i giocatori Viola, la Fiorentina pagherà la responsabilità oggettiva con la squalifica del campo: un caso più unico che raro, visto che si gioca a 475km da Firenze.
Il 1° novembre 1998 a Suzuka si corre l’ultimo, decisivo Gran Premio di Formula Uno della stagione: per riportare a casa un titolo che a Maranello manca da 19 anni a Michael Schumacher non basta la vittoria, il pilota tedesco è costretto anche a sperare di mettere almeno un’altra vettura tra sé e la McLaren del finlandese Mika Häkkinen. Schumi conquista la pole position ma, tradito dalla tensione, vanifica tutto spegnendo il motore in partenza e condannandosi così a un’improbabile rimonta dall’ultima fila. Häkkinen centrerà Gran Premio e Mondiale ma il ferrarista, che al 31° giro dovrà addirittura ritirarsi per un’esplosione alla ruota posteriore destra, avrà ampiamente modo di rifarsi due anni più tardi, sullo stesso tracciato e contro lo stesso avversario.
Una storia di rivalsa umana ancora prima che sportiva che aprirà le porte al quinquennio d’oro della Rossa. In quell’autunno del ’98 però la Ferrari è ancora la nobile decaduta, considerata ormai da anni incapace di vincere e fonte di rassegnato scetticismo, quando non di velato sarcasmo. Sarà per questo che Giovanni Trapattoni, nella conferenza stampa della vigilia di Fiorentina-Grasshopper, ritorno dei sedicesimi di finale di Coppa Uefa, si lascia sfuggire un paragone non troppo lusinghiero con il pilota Schumacher: «Non dobbiamo mica fare come la Ferrari – scherza il tecnico di Cusano Milanino rispondendo a una domanda dei giornalisti – che parte per vincere e poi si ferma lì». Il riferimento è all’inatteso stop patito tre giorni prima al Tardini, dove Batistuta e compagni sono caduti sotto i colpi di Crespo perdendo momentaneamente la vetta della classifica.
«Una sconfitta ci può stare – continua il Trap – ma ora voglio rivedere subito la vera Fiorentina, altrimenti significa che abbiamo buttato via due mesi». In effetti fin lì per l’ambiziosissima Viola di Cecchi Gori sono stati due mesi (quasi) perfetti. La partenza a razzo in campionato ha fruttato 15 punti nelle prime 6 giornate (unico neo prima della sconfitta del Tardini la rimonta subita all’Olimpico dalla Roma), Batigol non sembra voler smettere di segnare (a fine ottobre è già a quota 8 solo in campionato, compresa una fantastica tripletta a San Siro con il Milan) e accanto a lui Olivera, Rui Costa e il neo-acquisto Edmundo si stanno dimostrando giornata dopo giornata tre spalle formidabili. In Europa, dopo il 5° posto ottenuto l’anno precedente sotto la guida di Malesani, il cammino è iniziato dai trentaduesimi di Coppa Uefa dove una versione per la verità non irresistibile della schiacciasassi vista in campionato si è sbarazzata dell’Hajduk Spalato con il minimo scarto.
L’andata (2-1, doppietta di O Animal) si è giocata sul neutro di Bari. La Fiorentina deve ancora scontare infatti i due turni di squalifica del campo comminati dalla Uefa dopo i fatti dell’aprile ’97, quando un accendino lanciato dalle tribune del Franchi colpì in pieno volto il centrocampista blaugrana Iván de la Peña durante la semifinale di ritorno di Coppa delle Coppe. Finale sfumata e Franchi dichiarato inagibile per due gare. Al termine di quella stagione però la Fiorentina di Ranieri, concentrata nella corsa alla Coppa, giunse solo nona in campionato, motivo per cui quando nell’estate del 1998 Firenze inizia a sognare in grande con l’arrivo di Trapattoni, le due giornate sono ancora lì da scontare. Una spada di Damocle che non tarderà a presentare il proprio salatissimo conto.
Ai sedicesimi l’undici del Trap pesca gli svizzeri del Grasshopper: poteva andare decisamente peggio, visto che tra le teste di serie c’era anche il Monaco, dove dopo quella di Thierry Henry (che di lì a due mesi sbarcherà a Torino) sta esplodendo anche la stella di David Trezeguet. L’andata fila via senza troppe ansie: le due reti con cui la Fiorentina ipoteca la qualificazione, una per tempo, portano la solita firma di Batistuta e quella – decisamente più insolita – di uno dei tanti talenti bruciati dalle aspettative di una piazza nota tanto per il suo calore quanto per la sua impazienza: per “Spadino” Robbiati quello sarà l’unico goal della stagione.
Quella scesa in campo il 20 ottobre a Zurigo è una Fiorentina ancora orfana del proprio fantasista: i fattacci di Coppa delle Coppe, infatti, hanno lasciato strascichi anche sulla fedina penale di Manuel Rui Costa, che insieme a Schwarz e Olivera si è beccato tre giornate di squalifica. Una in più del Franchi. Il che vuol dire che, al contrario dello stadio di Campo di Marte, tornerà utilizzabile in vista del ritorno previsto due settimane dopo: in mezzo due impegni di campionato e uno di Coppa Italia. La prima vittima è la Salernitana di Gattuso e Di Vaio che arriva al Franchi con intenzioni bellicose e per un tempo riesce anche a mettere in pratica il proprio piano partita. Nel secondo però i due sudamericani della Fiorentina si alternano nel tabellino con due doppiette: Edmundo-Batistuta-Edmundo-Batistuta è una filastrocca che inizia a far sognare i tifosi viola. Qualche ora dopo il triplice fischio, però, un agguato alla stazione di Santa Maria Novella porta al ferimento di 50 tifosi granata, di cui uno ricoverato in gravi condizioni. Un assalto che in pochi avevano messo in conto vista l’assenza di precedenti tra le due tifoserie ma che segna un primo ed imprevedibile punto di svolta della stagione viola.
Tre giorni dopo a Firenze per gli ottavi di finale di Coppa Italia sbarca il Lecce: i salentini, che a fine stagione centreranno il ritorno nella massima serie, schierano un 34enne Giuseppe Giannini e resistono fino all’83°, quando ci pensa il solito Re Leone a sbloccare il risultato, ancora su assist di Edmundo. Ed ecco che torniamo a quel Parma-Fiorentina da cui siamo partiti. «Una squadra vera non si fa demoralizzare né da una sconfitta né da un sorpasso in classifica», chiosa Trapattoni dopo la sconfitta del Tardini: perdendo, i Viola hanno momentaneamente ceduto alla Juventus – ancora per poco – di Marcello Lippi la testa della classifica. Delusione presto sostituita nei pensieri della dirigenza dall’impellenza di decretare lo stadio in cui disputare la partita di ritorno con il Grasshopper. La direttiva Uefa seguita alla squalifica stabilisce infatti che la scelta debba ricadere su un impianto situato ad almeno 500 km da Firenze.
Accantonata l’idea di un bis al San Nicola di Bari, ancora pochi giorni dopo il sorteggio – come riporta La Repubblica del 1° ottobre – il Nicola Ceravolo di Catanzaro sembra l’opzione più probabile. «La società – si legge nell’articolo – ha effettuato un sopralluogo nello stadio calabrese e ha verificato che l’impianto ha le caratteristiche richieste dalla Uefa». Il gemellaggio di lunga data che lega le tifoserie dei due capoluoghi, rafforzato in occasione dell’ultima giornata del campionato 1981-82 (tuttora ricordata a Firenze, senza troppi giri di parole, come quella “dello scudetto rubato”), dovrebbe inoltre mettere al riparo da eventuali intemperanze sugli spalti. Alla fine, quando tutto sembra deciso, interviene il patron Vittorio Cecchi Gori. Fiorentina-Grasshopper si giocherà all’Arechi di Salerno: più vicino di Bari, più capiente di Catanzaro e noto per il calore e la passione dei propri tifosi. Non solo, l’intero incasso sarà devoluto agli alluvionati di Sarno e Quindici, colpiti nel maggio precedente da una tragica frana costata la vita a 160 persone. Un gesto nobile, che agli occhi di “Vittorione” vorrebbe fungere da definitiva distensione dopo i violenti scontri di 10 giorni prima al Franchi.
Ma proprio a quei fatti si appella il questore di Salerno Rocco Marazzita, che sconsiglia vivamente di giocare all’Arechi. Cecchi Gori però decide di andare per la sua strada, la Uefa dà l’ok e la frittata è fatta. Il primo tempo scivola via senza troppi patemi: la rete di Mats Gren arriva in mezzo all’unica doppietta stagionale di Lulù Oliveira e a questo punto l’impresa del Grasshopper si fa disperata. Agli svizzeri servono tre goal in 45 minuti. In tribuna stampa dopo il raddoppio del belga si pensa già a chiudere il pezzo: “la Fiorentina agguanta gli ottavi”, “Doppio Oliveira e la Fiorentina avanza” sono i titoli più gettonati. Se però dalla tribuna qualcuno alzasse lo sguardo verso una delle due curve semideserte si accorgerebbe che una manciata di minuti prima del duplice fischio su quelle gradinate sono apparsi dei ragazzi, molti dei quali a volto coperto. È dalla loro zona che, mentre le due squadre stanno imboccando il tunnel, parte un oggetto non meglio identificato. Un’esplosione tremenda e poi tanto fumo: non può trattarsi del solito petardo, dev’essere qualcosa di più. Infatti è una bomba-carta. In campo c’è una piccola voragine e dalla tv si vede Oliveira rotolarsi a terra portandosi le mani alle orecchie: è terrorizzato, urla ai compagni di aver perso l’udito. Ma a farne le spese è soprattutto il quarto uomo, il belga Philippe Flament, che sanguina vistosamente all’altezza del ginocchio e dev’essere portato in ospedale (la prognosi sarà di 30 giorni, la diagnosi una rotula spappolata).
Sono attimi concitati: sugli spalti si scatena la guerriglia e inizia a volare di tutto. Gli ultras granata vogliono vendicare l’agguato alla stazione di Firenze, i viola non ci vedono più per l’affronto appena subito. Negli spogliatoi, intanto, i capitani discutono con la terna arbitrale: la Fiorentina vorrebbe continuare, ma quattro giocatori svizzeri dicono di non sentirsela e dalla loro si schiera tutta la dirigenza del club di Zurigo. I dirigenti viola, dal canto loro, temono la responsabilità oggettiva e fanno di tutto per far tornare in campo le due squadre. Innanzitutto ci si informa sulla presenza di un possibile sostituto di Flament. C’è: è il guardalinee italiano Donato Nicoletti, in tribuna a guardare la partita. In attesa di giungere a una decisione, viene convocato anche lui negli spogliatoi. Ma il Grasshopper ha già fiutato la possibilità di vincere a tavolino e fa reclamo: la gara viene sospesa. «Sono indignato dal loro comportamento – attacca a caldo Antognoni – speriamo comunque di poterla rigiocare domani».
Il delegato Uefa, l’inglese Dominic Thompson, decide di rinviare la decisione definitiva all’indomani. Per qualche ora si fa strada l’ipotesi di giocare a porte chiuse il pomeriggio successivo. Ma intanto il processo mediatico è già iniziato: è stato saggio scegliere Salerno dopo i fatti del Franchi? Il gemellaggio di lunga data tra i toscani e i tifosi dell’Hellas, nemici delle frange estreme del tifo granata, sarebbe dovuto essere un campanello d’allarme, dicono alcuni. Eppure le tifoserie organizzate delle due squadre – controbattono altri – si erano incontrate settimane prima per mettere a punto la raccolta fondi per gli alluvionati di Sarno e niente poteva far sospettare un epilogo del genere. Nemmeno le forze dell’ordine sono immuni da critiche: “non sono bastati trecento agenti per impedire l’ingresso dei teppisti a fine primo tempo?”, ci si chiede. Ma ormai bisogna fare i conti con l’accaduto. Ed è lo stesso Trapattoni a far presagire che non ci siano molte speranze: «Spero che prevalga il buon senso – confida con rabbia mista a rassegnazione – ma di fronte a certe cose viene voglia di mandare tutto all’aria».
Alla questura di Salerno sono necessari 11 giorni per individuare l’autore del gesto: si chiama Antonio Avossa, 18 anni, «studente modello» iscritto al quinto anno del liceo scientifico “Severi”, come riporta Il Tirreno. L’accusa è di lesioni aggravate e con lui vengono denunciati a piede libero altri quattro giovani tra i 19 e i 24 anni, tutti incensurati: le perquisizioni domiciliari porteranno al ritrovamento di mazze ferrate e altre armi contundenti. I cinque non fanno parte di nessun club di tifosi, ma erano presenti a Firenze il giorno degli scontri. Vendetta pura, quindi. Almeno secondo la procura. La lunga vicenda giudiziaria di Avossa si concluderà con un’incredibile assoluzione grazie all’arringa del principe del foro di Salerno Michele Tedesco. Quella riguardante la Fiorentina durerà molto meno, ma l’esito sarà assai più amaro.
Alle 9 di mattina di mercoledì 4 novembre da Nyon arriva un fax che non lascia spazio a interpretazioni: Fiorentina-Grasshopper non sarà ripetuta. Spetterà alla commissione disciplinare dell’Uefa prendere una decisione sul futuro dei viola. Cinque minuti dopo l’ad Luciano Luna convoca i giornalisti nella hall di un hotel salernitano: di fianco a lui è seduto, stampelle alla mano, il quarto uomo Flement, in attesa di ripartire per Bruxelles. «Una scheggia mi è passata a pochi centimetri dal volto – dice – quelli sono criminali, non tifosi». Poi Luna si lancia in un tentativo disperato di difesa: «I filmati testimoniano che la bomba è stata lanciata quando in campo c’erano solo gli arbitri e i giocatori della Fiorentina. Questo è un attentato contro di noi – accusa – i nostri giocatori stanno meditando di costituirsi parte civile». E infine il colpo di coda: «Sappiamo che i dirigenti del Grasshopper hanno consigliato ai loro giocatori a tenere certi atteggiamenti – conclude – non si sono certo comportati con fair play».
Si arriva a giovedì, giorno del sorteggio degli ottavi di finale a Ginevra: in attesa della sentenza si decide di inserire entrambi i nomi nel bussolotto. Intanto la battaglia verbale non accenna a placarsi: Nello Governato, direttore sportivo della Fiorentina, nega di aver ricevuto alcuna informativa dal questore Marazzita circa i rischi per l’ordine pubblico: «Anzi – dichiara stizzito – ci aveva garantito che era tutto sotto controllo». Tanto che, ammette candidamente, la società aveva chiesto alla Uefa una deroga visto che i chilometri che separano Firenze e Salerno non sono 500 ma 475; deroga accolta. All’offensiva nei confronti del questore si unisce anche il sindaco Vincenzo De Luca: «Sono addolorato e chiedo scusa a Firenze. Quello che ho visto io – afferma il futuro Presidente della Regione – lo considero un tentato omicidio. E ci sono delle precise responsabilità delle forze dell’ordine. È scandaloso che non si riesca a controllare cinquanta delinquenti che sfondano una porta».
Cecchi Gori prova a buttarla sul sentimentale: «Mi auguro – dichiara – che il presidente del Grasshopper si comporti da signore e invii una lettera all’Uefa per richiedere la ripetizione della partita». Luna, più prosaicamente, incontra Adriano Galliani, membro della commissione Coppe dell’Uefa, per un consulto. Intanto la squadra lascia Salerno. Il decollo del volo “Meridiana” Napoli-Pisa avviene con un’ora e mezzo di ritardo: il disordine constatato nei carrelli, tra bibite e vivande destinate ai passeggeri, ha indotto il comandante a presentare una denuncia scritta al direttore dell’aeroporto, nella quale ha riferito anche di presunte manomissioni ai comandi. La segnalazione ha fatto scattare subito i controlli che hanno però escluso qualunque problema tecnico, negando così ogni legame con la bomba-carta. Ma con la tensione così alta basta poco per surriscaldare gli animi. Anche perché in tutto questo trambusto ci sarebbe una partita di campionato da preparare. Vero è che l’avversario non è dei più irresistibili: quello che arriva al Franchi è un Venezia ancora privo di Recoba e che ha raccolto appena due punti nelle prime sette giornate, segnando la miseria di un goal.
Le reti di Padalino e Rui Costa e la doppietta di Batistuta per una domenica regalano ai tifosi la convinzione che la Fiorentina possa essere più forte anche della sfortuna. Niente di più illusorio. Anche a Lecce, il martedì successivo la squadra del Trap ne segna quattro, archiviando con un parziale forse troppo crudele la pratica-ottavi di Coppa Italia. Il giorno prima però è arrivata l’attesa sentenza. Niente che non si potesse prevedere, intendiamoci: la sconfitta a tavolino per 0-3 era nell’aria. La società gigliata, però, è riuscita a dimostrare che l’ordigno aveva come obiettivo i suoi stessi tesserati e ha così tenuto salva la chance di poter disputare al Franchi eventuali future gare europee, a cominciare dalla Champions League 1999-2000, obiettivo dichiarato dei viola. Se da una parte la Fiorentina può ritenersi vittima di un’applicazione particolarmente estensiva del concetto di responsabilità oggettiva, dall’altra i precedenti non proprio edificanti di Coppa delle Coppe avrebbero potuto far propendere i giudici di Ginevra verso un’interpretazione ancora più severa della squalifica, da applicarsi anche alla stagione successiva.
Il bicchiere, insomma, sembra mezzo pieno. Ma la beffa fa male: tanto più che la sentenza lascia intendere che se la polizia di Salerno fosse riuscita ad arrestare subito Avossa l’arbitro Piraux avrebbe probabilmente fatto proseguire la gara, salvaguardandone il risultato. Toldo – il più arrabbiato dei suoi – parla di «palese ingiustizia», Oliveira – unico giocatore a essere stato colpito direttamente dall’esplosione – di «beffa assurda» e Cois di «incredibile errore». «Usciamo sconfitti – rilancia Padalino – da un avversario diverso da quello che avevamo di fronte sul campo. Insomma, finiamo per pagare noi giocatori per colpe che assolutamente non abbiamo. È una decisione troppo dura e crudele, un provvedimento troppo drastico. Per fortuna c’è ancora spazio per l’appello». Già, l’appello. Entro la mezzanotte di mercoledì i viola possono infatti rivolgersi al Jury d’Appel, facendo valere le proprie ragioni di parte lesa.
Teoricamente, la Fiorentina potrebbe perfino andare oltre, preparandosi a ricorrere al Tas di Losanna, organo nato appena un anno prima su decisione del Presidente Johansson. Al suo primo intervento assoluto il Tas ha riammesso in coppa Uefa un Anderlecht escluso per corruzione nella stagione 1997-98, ma qualche mese dopo si è dichiarato “incompetente” per decidere se far rigiocare o meno al Bernabéu un Real Madrid costretto dall’Uefa in campo neutro (con l’Inter a Siviglia) per la porta crollata nell’ultima semifinale di Champions League contro il Borussia Dortmund. Eppure dalle parti di Firenze c’è ottimismo: «La sentenza è contraddittoria – dice Trapattoni – e ci regala un buon margine di speranza. Mi auguro possa vincere lo sport, le regole che hanno portato alla nostra esclusione sono vecchie e stantie, vanno riviste assolutamente. Non ci deve essere responsabilità oggettiva, ma soggettiva: non si può dare adito a un malintenzionato di fare male al calcio e a tutto lo sport». Poi un la provocazione: il tecnico viola dice di aver scoperto leggendo i giornali svizzeri che «i giocatori erano disposti a scendere subito in campo ma sono stati frenati dai loro dirigenti. Il Grasshopper – continua – è in grande difficoltà societaria e non aveva più speranze sul campo, si è visto tendere un braccio e vi si è aggrappato».
Il ricorso, l’avrete già intuito giunti a questo punto della storia, non darà esito positivo. Nemmeno l’arresto di Avossa, con la conseguente dimostrazione di essere stati vittime di un «piano criminoso imprevedibile», come si legge nella deposizione della difesa, riesce a ribaltare la sentenza: dopo tre ore di dibattimento e quattro di camera di consiglio, i cinque giudici del Jury confermano il giudizio espresso in primo grado. La società paga la responsabilità oggettiva nell’organizzazione dell’ordine pubblico dentro e fuori dallo stadio. Giudicate insufficienti le misure adottate dalla questura di Salerno all’interno dello stadio e quindi Fiorentina squalificata in quanto club organizzatore. A nulla sono valse l’arringa difensiva dell’avvocato D’Avirro e la presa di posizione di Luna che come prove oltre all’arresto del colpevole hanno portato una dichiarazione del questore di Salerno che conferma la «massima collaborazione della Fiorentina nella fase di organizzazione dell’opera di prevenzione». A questo si aggiungeva, nella memoria difensiva, l’impossibilità di poter prevenire un atto terroristico organizzato da terzi, ovvero da elementi che non appartenevano né alla tifoseria organizzata della Fiorentina, né a quella del Grasshopper.
È la prima volta che una squadra viene squalificata a seguito di incidenti avvenuti in campo neutro e sarà anche l’ultima. La difesa della Fiorentina gioca anche su questo: «Non essendoci precedenti in campo neutro – spiega Cecchi Gori, che in quegli anni tende a confondere spesso l’interesse della sua società con quello dell’intero movimento – era importante dare un segnale al mondo del calcio, per evitare che in futuro si possano creare episodi simili, in cui la società vittima di vendette trasversali viene comunque penalizzata». Gli fa eco Luna: «È come lottare contro i mulini a vento – dice rassegnato l’ad – siamo stati condannati benché vittime di un atto terroristico». E a rincarare la dose ci pensa l’avvocato D’Avirro: «Con questa sentenza si premia il Grasshopper, che va avanti senza meriti sportivi, e si premia anche l’attentatore, che voleva colpire la Fiorentina». E che, a giudicare dalle ricadute anche psicologiche del suo gesto, ha colpito nel segno: la domenica precedente alla sentenza d’appello infatti i viola avevano già inaugurato la nefasta tradizione di buttare al vento punti in casa delle piccole, cadendo a Piacenza sotto i colpi Rastelli, Inzaghi, Cristallini e Piovani. Punti preziosi che, a conti fatti, impediranno ai viola di conservare il titolo di campioni d’inverno fino a maggio.
A fine anno a fare festa sarà il Milan e i viola, azzoppati dall’infortunio di Batistuta e dalla concomitante partenza di Edmundo per il Carnevale di Rio, si dovranno accontentare (si fa per dire) di una qualificazione in Champions che mancava comunque da trent’anni. Firenze però è scossa. Si percepisce che a Salerno, in quella sera di novembre, qualcosa s’è rotto. La città, già rassegnata per natura a un vittimismo ai limiti del paranoico, si sente derubata. I fatti dell’Arechi finiscono addirittura al centro di un’interrogazione scritta alla Commissione Europea: la firma è di Marco Cellai, fiorentino doc ed europarlamentare di Alleanza Nazionale. E poco importa se l’anno successivo il Franchi, tornato finalmente utilizzabile, vivrà notti magiche in Champions: Salerno e Grasshopper restano tuttora parole cariche di risentimento per i fiorentini. Quando 15 anni dopo la sorte metterà di nuovo viola e svizzeri gli uni contro gli altri per il terzo e ultimo turno preliminare di Europa League, ci sarà anche chi – tra il serio e il faceto – proporrà di giocare il ritorno a Salerno, per esorcizzare gli spettri del passato e chiudere per sempre un capitolo doloroso. Non se ne farà niente ma, ironia della sorte, la Fiorentina passerà in virtù della regola dei goal segnati in trasferta.
Anche con la Salernitana i gigliati torneranno a incrociarsi una sola volta, nella stagione 2003-04, in Serie B: 1-0 per i campani all’andata contro la – ancora per qualche settimana – Florentia Viola e 1-0 per i toscani al ritorno. «La partita deve rappresentare soltanto un appuntamento di sport. Gli spiacevoli episodi accaduti in passato non devono in alcun modo guastare il clima di serenità e passione che deve accompagnare questa serata» è l’appello congiunto dei due sindaci Leonardo Domenici e Mario De Biase prima dell’incontro di andata. Solo 300 i tagliandi destinati ai supporter viola, nonostante gli oltre 600 arrivi previsti dal capoluogo toscano. Alla fine però non si registra nessun incidente, tanto che il ritorno verrà declassato a «incontro non a rischio». A fine stagione la Fiorentina tornerà in Serie A, mentre ai granata da allora la risalita non è più riuscita. Nemmeno il Grasshopper, squadra più titolata di Svizzera, è più riuscito a centrare lo scudetto. I più scaramantici penseranno a una maledizione. La maledizione di Arechi II, cui è intitolato lo stadio teatro del fattaccio. E che, da duca di Benevento, nel 774 decise di spostare la corte longobarda a Salerno. Un campo neutro ante literam.