L’inizio della stagione calcistica segna inesorabilmente il passare del tempo. Come il Capodanno, l’arrivo di agosto e settembre significa l’inizio di una nuova storia, fatta di speranze, sogni e desideri. La stagione 2020/2021 sarà, però, la prima post-Covid e la sua ripartenza dopo l’estate non è stata per nulla simile a tutte quelle che abbiamo vissuto finora. A luglio, quando solitamente le squadre partono per i ritiri, si stavano ancora disputando i tornei nazionali. Poi ad agosto si sono giocate le competizioni UEFA, assegnate tramite l’innovativa formula – almeno per il calcio – delle Final Eight. Un sistema che ha alzato la spettacolarità e l’incertezza delle partite, ma che fondamentalmente è sempre rimasta una situazione dettata dallo stato di emergenza. Poi, con l’arrivo dell’autunno, la nuova Serie A è ripartita più incerta che mai. Inter Juventus e Napoli si daranno battaglia per vincere il Tricolore.
La speranza è quella di un ritorno – per quanto possibile – alla normalità. E, in questo senso, il ritorno dei tifosi allo stadio, seppur in numero ridotto, è un buon segno. Nel frattempo, si può tornare a concentrarsi sul calcio giocato, sui verdetti del campo e sui weekend calcistici autunnali da godersi sul divano. Così, scivolate via le prime tre giornate di Serie A e la sbornia per il ritorno delle partite domenicali, si torna a fare i conti con il dominio italiano della Juventus. I bianconeri, reduci da 9 scudetti consecutivi, hanno la possibilità di vincere il decimo titolo, che li consegnerebbe direttamente alla Leggenda.
La decima Serie A consecutiva sarebbe certamente un’impresa straordinaria, ma non sarebbe il primo caso nella storia del calcio. Infatti, il record di campionati nazionali vinti consecutivamente da una sola squadra appartiene al Tafea Football Club, piccola società dello stato di Vanuatu, capace di vincerne 15 dal 1994 (anno della fondazione del campionato) al 2009. In Europa questo particolare record appartiene a due squadre capaci di vincere 14 titoli: il Lincoln Red Imps del piccolo campionato di Gibilterra (dal 2002/03 al 2015/16) e lo Skonto Riga della Virslīga lettone (dal 1991 al 2004). Ci sono poi i norvegesi del Rosenborg e i bielorussi del Bate Borisov (13), i croati della Dinamo Zagabria (11), i georgiani della Dinamo Tiblisi, gli ungheresi dell’MTK, gli armeni del Pyunik Yerevan e i moldavi dello Sheriff Tiraspol (10).
Viene da chiedersi: la Juventus, vincendo quest’anno, diventerebbe l’unica squadra appartenente ad una federazione di quelli che sono considerati i 5 principali campionati europei a potersi fregiare di questo record? Non proprio. Perché tra il 1978 e il 1988 anche in Germania c’è stata una squadra capace di dominare la principale competizione nazionale del proprio paese per un intero decennio: la Dynamo Berlin.
Stadio Friedrich-Ludwig-Jahn-Sportpark, Cantianstraße. Qui la Dynamo gioca le sue partite casalinghe fin dalla sua fondazione nel 1953. Siamo nel quartiere di Prenzlauer Berg, a Berlino Est. Il calcio tedesco della DDR non ha mai avuto la competitività di quello dei loro cugini occidentali e la Oberliga non è stata che un pallido alter-ego della ben più famosa Bundes, capace di imporre le proprie squadre anche ai vertici del calcio europeo. Le squadre più importanti della Germania Est erano, nella maggior parte dei casi, emanazioni di organi statali. Una condizione che li ha spesso, più o meno esplicitamente, agevolati rispetto ad altre realtà più piccole. Accadeva spesso alla Lokomotive Lipsia, sistematicamente favorita rispetto alla Chemie Lipsia. Solo che la Dynamo Berlin era la più istituzionale tra le squadre istituzionali: era la squadra della STASI, la polizia segreta del regime comunista tedesco.
A seguito dell’istituzione della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949, viene ritenuto impensabile che Berlino non abbia una propria rappresentativa nel campionato calcistico nazionale. Così, nel 1953 viene fondata la SV Dynamo con presidente Erich Mielke, allora Segretario della STASI. Solamente l’anno successivo, presumibilmente con lo scopo di vincere nell’immediato, la squadra più prestigiosa del paese, la Dynamo Dresda, viene trasferita nella capitale per “ordini di Partito” e ridenominata Dynamo Berlin. È un furto in grande stile e appare evidente lo zampino di Mielke. Nonostante questo, con l’eccezione della Coppa Nazionale del 1959, i risultati sono alquanto deludenti. La riforma del sistema calcistico della DDR nel 1966 porta la Dynamo a diventare di proprietà diretta della STASI, di cui Erich Mielke è ormai diventato il massimo dirigente. A Berlino si vocifera che, in virtù del suo stretto legame con la polizia segreta, la Dynamo sia favorita dagli episodi e dalle politiche di trasferimento, con il rischio di finire rinchiusi nell’Hohenschönhausen – il carcere politico della DDR – in caso di rifiuto a firmare con i granata. Leggende non giustificate dai risultati, almeno fino al 1978.
Infatti, la prima Dynamo ad entrare nell’albo d’oro della DDR-Oberliga è quella di Dresda, che dopo il furto del ’54 è stata rifondata con il nome di Dresden SG Dynamo. Poi, al terzo scudetto consecutivo dei gialloneri – il quinto in dieci anni – Mielke perde la pazienza e decide che la sua Dynamo dall’anno successivo dominerà la DDR calcistica. In quel momento il suo nome e la sua influenza sono secondi solo a quelli del Segretario del Partito di Unità Socialista di Germania, Erich Honecker. Così Mielke mette in campo tutto il suo potere: i talenti più forti della nazione si accasano tutti in granata, l’accesso al doping di stato (con il quale la DDR otterrà risultati sorprendenti alle Olimpiadi) è impunito, le pressioni federali e politiche si fanno sempre più marcate e la complicità della classe arbitrale diventa sistematica. Come nel caso dei due arbitri più influenti della Oberliga: Bernd Strumpf e Adolf Prokop (stimato arbitro internazionale dal ’74). Di lavoro? Agenti della STASI.
Inizia così, tra pressioni, favori e doping, il dominio decennale della Dynamo Berlin. Anno dopo anno la credibilità del torneo precipita. E anche quando pare che i granata possano perdere il titolo, ci pensa Mielke a far ristabilire le gerarchie calcistiche. È ciò che accade il 22 marzo 1986, al Bruno-Planche-Stadion di Lipsia. Si affrontano Lokomotive Lipsia e Dynamo Berlin, in quella che è, a tutti gli effetti, una sfida decisiva per il titolo. Una partita che ancora oggi è ricordata come ‘La vergogna di Lipsia’. La Lokomotive passa in vantaggio dopo appena due minuti grazie al talentuoso centravanti Olaf Marschall e riesce a mantenere il risicato vantaggio fino al 94’. La partita è ormai finita, ma l’arbitro del match – l’agente della STASI Bernard Strumpf – non vuole saperne di fischiare la fine dell’incontro. Fino a che Hans Richter e Bernd Schulz cadono in area: Strumpf non esita un solo istante e fischia rigore. Probabilmente, non aspettava altro. Nonostante le intense proteste dei giocatori e dei tifosi della Lokomotive, Pastor segna il rigore del pareggio che significa ottavo titolo consecutivo. La STASI si rende conto di aver tirato troppo la corda e sospende l’arbitro, ma la Dynamo Berlin si è ormai guadagnata titolo di “squadra più odiata di Germania”.
La STASI è così riuscita a “salvare” la DDR-Oberliga, ma allo stesso tempo ha ucciso quel poco che rimaneva del calcio della Germania dell’Est. Non è un caso che oggi in Bundesliga ci siano solo due squadre di matrice orientale: l’Union Berlin e il RB Lipsia, il cui recente approdo nella massima serie tedesca è legato alla multinazionale Red Bull.
Nonostante i vertici del partito e la polizia segreta inizino a perdere sempre di più la loro potenza sotto i colpi di una situazione geopolitica sempre più instabile, la Dynamo Berlin riesce a conquistare altri due campionati, aggiornando la striscia a dieci vittorie consecutive. Lo scudetto fa in tempo a tornare un’ultima volta a Dresda nel 1988/1989, prima che crollino il Muro, la DDR, la STASI e si portino nel baratro anche la Dynamo.
Oggi gli orsi di Berlino sono ripartiti dalla quarta serie con un progetto che investe sul settore giovanile, ma, nonostante siano passati più di 30 anni, i granata restano “quelli della STASI”: una nomea difficile da scrollarsi di dosso. Non che ai tifosi sembri dispiacere, visto che, quando la loro squadra gioca, spunta sempre qualche bandiera della DDR. In tedesco si dice Ostalgie, la nostalgia dell’Est. Perché, in fondo, con dieci scudetti consecutivi in bacheca, non è facile “Salutare Lenin”.